Attualità
Adriana Dattrino, una «valsesiana ad honorem»

Conosco Adriana Dattrino che sono ormai quasi trent’anni, ventinove e mezzo per la precisione. Da quando, cioè, è cominciata la mia avventura qui al Valsesiano. E devo dire che negli anni l’ho vista cambiare veramente poco: il tempo, su di lei, non aveva alcun effetto se non quello, comunque prezioso e fondamentale, di accrescere e perfezionare le esperienze.
Adriana Dattrino, una «valsesiana ad honorem»
C’era la sua amatissima famiglia, e poi c’erano i suoi amatissimi libri: a entrambi ha dedicato le sue premure, il suo impegno, la sua determinazione e anche la sua spiccata e brillante intelligenza.
Ricordo molto bene come se fosse ieri: primissimi tempi del mio lavoro al giornale, un giorno ero arrivata molto presto, credo intorno alle sette e mezzo, per una cosa che dovevo finire.
Entrata, l’avevo trovata già lì, alla sua scrivania, occhiali appoggiati sul naso, intenta a correggere dei testi a matita, con una mano: nell’altra l’inseparabile sigaretta.
«Adriana, accidenti, è mattiniera oggi!». «Ciao Luisa. E’ dalle quattro che lavoro. Ma mi è già capitato di fare ben altro: ci sono state sere in cui nemmeno andavo a casa a dormire e passavo la notte a rivedere le bozze e poi continuavo ancora per tutto il giorno».
E’ un bel ricordo, quello che ho io di Adriana: apparentemente fin troppo rigorosa e forse un po’ severa ma certamente anche sensibile.
Con me lo è stata.
Luisa Lana

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