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Carcoforo, presentata la conclusione dei lavori di riqualificazione di un’antica torba

CARCOFORO – Venerdì 1 agosto a Carcoforo nella Sala del Consiglio Comunale, è stata presentata la conclusione dei lavori di riqualificazione di un’antica torba e il nuovo spazio museale interattivo, collocato dove un tempo c’era la scuola, nella quale per decenni insegnò la Maestra Dolores Pasteris Cantono.
Carcoforo, presentata la conclusione dei lavori di riqualificazione di un’antica torba
Torba in italiano è un ammasso di materia organica parzialmente decomposta, principalmente residui vegetali, che si accumula in ambienti umidi e poco ossigenati, è un tipo di combustibile fossile, utilizzato anche in agricoltura per migliorare la struttura del terreno e come substrato per le piante, mentre, nel caso di Carcoforo, il termine indica un edificio rurale in legno con al pianterreno una stalla per gli animali e al piano superiore un locale aerato per ricoverare il fieno.
Il Sindaco, Vittorio Bertolini, ha aperto i lavori della ricca mattinata ricordando che: “Oggi si vanno ad inaugurare gli interventi eseguiti grazie alla partecipazione al bando regionale Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020, Operazione 7.4.1: “Realizzazione e miglioramento di strutture e infrastrutture culturali-ricettive nelle borgate montane. Il progetto era stato avviato con la precedente Amministrazione, noi con piacere l’abbiamo proseguito, e, nonostante le difficoltà economiche, l’abbiamo concluso”, ringraziando tutti coloro che ne hanno reso possibile la realizzazione: “I proprietari della Torba, il progettista e direttore dei lavori, architetto Fabrizio Scoccini, le ditte edili Rigo e Dago, la società Hapax nelle persone di Riccardo Lorenzino e Mauro Lerda, l’antropologa dell’Università di Torino Roberta Clara Zanini, i dipendenti e i collaboratori comunali e i carcoforesi che hanno risposto con grande generosità”.
Don Alessandro Cosotti ha benedetto i nuovi spazi culturali che parlano di tradizione, di fede e di una cultura tramandate attraverso i secoli.
L’Architetto Fabrizio Scoccini ha parlato del recupero del piano superiore di questo antico edificio di tradizione walser, in legno, con destinazione interamente rurale, che si presentava abbastanza deteriorato: “Sono stati rimossi tutti gli oggetti accumulati e non pertinenti, rifacendo il manto di copertura, recuperando, per quanto possibile, i materiali originali, mantenendo la travatura, sostituendo le listellature su cui poggiano le beole. Le fessurazioni tra i tronchi e nelle assi del pavimento servivano ad arieggiare il locale. Nel sostituire le parti ammalorate è stato utilizzato legno di larice tagliato a sega. Gli ambienti museali al pianterreno del Comune sono stati riqualificati inserendo anche un bagno per disabili”.
Roberta Clara Zanini, antropologa ha raccontato la sua esperienza di lavoro a Carcoforo: “Un lavoro sulle cose insieme alle persone, iniziato nel settembre 2019, cambiato molto dall’inizio del progetto”, sottolineando che era frutto di una “chiamata dal basso”, proveniente dalla Comunità e che l’allestimento non è volto a valorizzare il passato, ma a raccontare il presente. Le tre parole chiave che ha utilizzato sono state: cura processo faticoso, mai concluso, collettivo, futuro e custodia. Dalle interviste sono emerse voci diverse e talora contrastanti, che dimostrano la vitalità e la vivacità del contesto: ora tutto è affidato in custodia alla Comunità. Dall’indagine è emersa la complessità delle relazioni: “Il progetto è stato una staffetta che adesso ritorna alla Comunità: questa lunga maratona testimonia la riflessione, il pensiero, la cura con la quale si sono affrontate le varie fasi, lo spazio materiale, ma anche quello di relazione”.
I piccoli musei etnografici spesso rischiano di essere appesantiti dal passato, di diventare statici: “Si vede quello che è stato, non quello che potrebbe essere, mentre in questo caso si guarda verso il futuro”.
Questi concetti sono stati ripresi da Riccardo Lorenzino di Hapax, che si occupa di museologia e museografia: “In questa maratona abbiamo imparato a conoscerci e a volerci bene: abbiamo tenuto conto di tutti i contributi esistenti, valorizzandoli, cercando di entrare in punta di piedi dalla porta aperta, conquistando la fiducia delle persone. Abbiamo concentrato lo sguardo sul motore economico di Carcoforo, prossimo al limite ecologico per una comunità dedita all’agricoltura e all’allevamento: il fieno, perché latte, formaggio erano passaggi successivi. La risorsa fieno ha rivelato una straordinaria complessità scientifica: nel racconto di chi lo ha vissuto, abbiamo trovato ed elencato ben trenta azioni diverse tutte legate alla fienagione, perché l’erba è diversa dal fieno e il pascolo è diverso dal prato. La saggezza millenaria di chi è vissuto qui si svela nei toponimi, nel vocabolario, nella capacità costruttiva”. L’ingegner Lorenzino ha citato l’esempio della cote e del portacote, che sono esposti nella torba nelle diverse forme e materiali che hanno assunto lungo gli anni e alle diverse latitudini. Lo sguardo del futuro, inteso come economia del fieno e della montagna, può ancora esistere: “La fienagione con il taglio di tutte le erbe crea equilibrio tra le piante: per questo nel museo abbiamo esposto ed illustrato erbe poco appariscenti ma fondamentali per la biodiversità. E’ importante valorizzare e soprattutto conoscere il territorio: un’economia sana di montagna non è fatta solo di boschi incontaminati, ma anche di paesaggi antropizzati, in cui l’agricoltura migliora l’ambiente”. Lorenzini ha poi citato gli “ecotoni”, ambienti di transizione tra che contengono specie proprie delle comunità confinanti e specie esclusive dell’area ecotonale stessa, e quindi possiedono un’elevata biodiversità e ricchezza, come nel caso del disbosco che favorisce un’esplosione di biodiversità: “I nostri antenati sapevano mantenere sempre un equilibrio: pascolare ma non troppo, alternare capre e mucche. Il progetto del museo, durante la sua realizzazione, ha cambiato pelle: si è scoperto del materiale didattico molto interessante che confermava come qui i bambini frequentassero la scuola per molti mesi, perché l’inverno era lungo e quindi non c’erano analfabeti come nelle comunità di bassa valle: era una comunità resiliente”. Lorenzino ha concluso sottolineando che: “A volte l’Accademia tramanda cose che la Comunità ha dimenticato”.
Nella seconda parte della mattinata sono intervenute due linguiste, Federica Cugno, che si è occupata della raccolta di toponimi per l’Atlante Toponomastico del Piemonte Montano, salvaguardando i toponimi di tradizione orale, da restituire nella loro autenticità: “La raccolta a Carcoforo è stata resa possibile grazie al contributo dei raccoglitori e degli informatori, che si sono lasciati intervistare condividendo il loro sapere e la loro memoria, tra i quali alcuni sono già mancati: Caterina e Remo, Cecilia, Bianca, Mario, Elia, Pieraldo, Maurilio e Pia. La ricerca toponomastica è stata una forma di valorizzazione ecomuseale: molti dei toponimi si agganciano ai materiali esposti nel museo. I novecento toponimi raccolti testimoniano la vocazione agro-pastorale del territorio, dicono quanto fosse stato arduo adattarsi all’ambiente montano”.
Federica Cusan, del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino, nel 2016, con il Progetto Map4us ha lavorato con diverse Comunità del Piemonte, raccogliendo toponimi e creando venti mappe interattive, utilizzabili accedendo al sito creato da Hapax, ringraziando il gruppo di lavoro di Carcoforo, grazie al quale sono nati dei “Percorsi escursionistici toponomastici” che, sfruttando i sentieri già esistenti, accompagnano il visitatore per una decina di chilometri lungo il vallone dell’Egua con i toponimi della tradizione orale. “I toponimi raccontano il paesaggio in maniera impressionistica”, citando alcuni toponimi, tra i quali Pian dal Ruse che, nella grande mappa settecentesca era stato tradotto in Pian dal Rose, stravolgendo completamente il senso, che si riferiva alla grande frana del 1755. Come amava ripetere Arturo Genre, padre dell’Atlante Toponomastico: “La toponomastica di un luogo è la relazione dell’uomo con l’ambiente”: un toponimo isolato non dice nulla, in sistema rivela una quantità di informazioni.
L’ultimo intervento, quello di Alan Crivellaro del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università di Torino, era il più atteso perché avrebbe rivelato dati sensazionali, appena comunicati dall’Università del Salento. Crivellaro aveva fatto dei prelievi nei tronchi della Torba, per analizzare il ritmo di accrescimento degli alberi, contando ed analizzando gli anelli, comparando i dati con alcune curve di riferimento attendibili, pur provenienti da territori un po’ lontani, come la Savoia e la Germania: “Guardando i tronchi so interpretare il paesaggio, quando le piante sono cresciute”.
La datazione al carbonio 14 ci dice l’anno in cui si è formato quel pezzetto di legno, con un errore di più o meno venticinque anni. L’anno della nascita dell’albero è posto a 135 anni prima, quindi uno dei tronchi della torba veniva datato 1250, aggiungendo i 135 anni, si arriva al 1385: le piante con cui fu realizzata la torba furono tagliate tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento. “Queste piante non erano all’interno di un bosco, ma in un pascolo, in una zona già antropizzata” come ha spiegato Crivellaro.
L’ultimo intervento è stato quello di Marco De Vecchi, Presidente dell’Accademia di Agricoltura di Torino, la più antica in questo campo in Piemonte, creata da Vittorio Amedeo III nel 1785: “Qui a Carcoforo è stato messo a disposizione di tutti un patrimonio storico-archivistico straordinario, recuperato e messo a sistema: è un fatto straordinario che merita di essere conosciuto a livello nazionale. Raccogliere un dossier del paesaggio su basi storiche, che voi avete già pressochè pronto, potrebbe servire per ottenere un riconoscimento dal Ministero dell’Agricoltura che, a oggi, è stato assegnato solo ad un Comune nel 2024: Settimo Vittone, e offrirebbe interessanti prospettive anche in campo agricolo. Il fervore, la passione della Comunità locale, li trasmetterò in un mio intervento a un convegno a Roma a fine ottobre: Carcoforo sarà portato come esempio di ciò che si può fare in Comunità marginali”.
Ha concluso la mattinata l’intervento del Presidente dell’Unione Montana dei Comuni della Valsesia, Francesco Pietrasanta: “La passione con cui avete lavorato a questo importante progetto ha fatto emergere una grande storia di Comunità, e numerosi spunti per il futuro, dimostrando la capacità dell’uomo di vivere con rispetto in questo ambiente: i boschi vanno coltivati e mantenuti con il lavoro sapiente dell’uomo: per me è stato un onore essere qui con voi”.
Il Museo e la Torba, nella quale è stata collocata anche la raccolta degli strumenti di lavoro del Mastro falegname Giuseppe Bertolini, nonno del Sindaco, saranno visitabili grazie alla presenza di alcuni studenti delle scuole superiori che saranno presenti in agosto a Carcoforo per l’alternanza scuola-lavoro, seguiti dal Professor Attilio Ferla.

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