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Con Zanolini, «Verso l’Alba»

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Nel 2010 apparve la raccolta in lingua di Enrico Zanolini «Luoghi», un duplice viaggio nella «deriva d’una civiltà», il primo all’interno di un microcosmo e il secondo in spazi planetari, come scriveva il prefatore Giuliano Ladolfi. Il 14 dicembre di quest’anno, nella sala consiliare, Lara Gobbi, vicepresidente del Centro Studi, ha condotto la serata di presentazione del nuovo libro di poesie dell’auore grignaschese, «Verso l’alba». Ospiti della serata l’editore, il critico letterario Giuliano Ladolfi e il teologo prof. Giannino Piana, che ha firmato la prefazione. Zanolini, «grignaschin da ’n Piasséta», si racconta nella scheda bio-bibliografica pubblicata in calce al volume: «L’amore per la poesia risale ai tempi delle medie, grazie a professori appassionati» che gli fecero conoscere «Dante, Montale, Ungaretti», ma anche scoprire Pinet Turlo. Di qui discendono le due anime di poeta in lingua e in vernacolo, con quattro pubblicazioni, l’ultima presentata nel dicembre dello scorso anno: la scelta del registro linguistico dipende dall’«efficacia della comunicazione». Il libro, «dedicato a chi, con stupore, si accosterà a queste pagine» è, come scrive Giannino Piana, «un racconto esistenziale – quasi un’autobiografia interiore… un mosaico le cui tessere sono costituite da eventi che ripercorrono le tappe più significative della vita, coinvolgendo sentimenti e passioni in cui si intrecciano, senza soluzione di continuità, il “personale” e il “sociale”… legati dall’amore per la “terra” declinato in tutte le sue possibili valenze».
Lara Gobbi ha saputo condurre il dibattito facendo emergere un piano più alto della semplice lettura commentata, porgendo sollecitazioni sia a Ladolfi – che nel 1996 fondò la rivista «Atelier» che si occupa di cultura e letteratura, dando spazio a tanti scrittori e poeti del panorama nazionale e internazionale per avere uno sguardo allargato sul mondo -, che al prof. Piana, arrivando poi all’autore delle poesie.
«E’ ancora possibile la poesia oggi?» riprendendo l’interrogativo espresso da Eugenio Montale nel discorso fatto nel 1975 in occasione del conferimento del Premio Nobel, sono state offerte non delle risposte, ma suggeriti dei possibili itinerari di approfondimento. Dal quotidiano al sociale: il poeta concentra nei versi una realtà in movimento in un’epoca che però non offre più un adeguato riconoscimento sociale alla poesia, relegandola a occasioni circoscritte, riservate o agli specialisti, che si perdono nelle parole quasi fossero un labirinto, o al sottobosco degli «acapisti», coloro che pensano che l’andare a capo, più o meno in modo regolare, costituisca un verso.
Le parole devono comunicare alle persone, nascono dalla realtà, non sono né un’intenzione, né un progetto, perché la poesia recupera vita, umanità e problematicità. Montale – ha ricordato Lara Gobbi – dava alla poesia un ruolo di «argine e riflessione», affermazione sulla quale Ladolfi ha concordato aggiungendo che «la poesia è l’unica arte che non è soggetta al mercato», però occorre uno sforzo per ascoltare e valorizzare le voci nuove o quelle più appartate: «Mai da Omero a oggi il nome di poeta è stato così insignificante».
Tantissime persone scrivono poesie, ma un numero davvero esiguo legge poesia contemporanea: questo «narcisismo della scrittura» porta a una pericolosa forma di auto-referenzialità, segnalata da Ladolfi: «Tutti hanno diritto a scrivere, ma non alla “presunzione” di scrivere». Per il prof. Piana il futuro non è rasserenante: «Mancano punti di riferimento fondamentali in grado di prospettare un futuro che abbia un senso. Ci si pone la domanda dell’utile, in una prospettiva utilitaristica di valutazione della realtà, quasi che tutto possa essere legato al mercato: la poesia invece è qualcosa che non si vende, ma è una sintesi importante, che evoca sentimenti profondi, invitando a cogliere ciò che sta dietro le cose, quel mistero che per il credente, conduce a Dio».
Enrico Zanolini, che si definisce «poeta dilettante», scrive mosso proprio dal desiderio di comunicare e il libro nasce molto lontano… «dieci anni per levare, arrivare al nocciolo, all’essenza».
Lo «sbigottimento» di fronte al presente non si trasforma in nichilismo, ma in speranza: «La luce dell’alba» si intravede anche nel «leggere la poesia contemporanea come interpretazione del presente, per dare un senso alla realtà».
«Verso l’alba» può diventare un modo per costruire un futuro migliore.
Piera Mazzone

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