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Da Nola a Varallo più di 50 anni fa: Generosa Abbate cerca le sue compagne di allora

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Da sempre, il Corriere Valsesiano intrattiene un bellissimo rapporto con i suoi lettori: li incontra, ci si confronta, ci chiacchiera e discute.
E’ un tempo ben speso e molto piacevole, quello che trascorre insieme a loro. Ogni tanto, del resto, torniamo a dirlo (e a scriverlo): che il giornale è, più che «nostro», dei nostri lettori, i quali da sempre contribuiscono a farlo, a realizzarlo.
Non avrebbe quindi potuto, il «vostro» Valsesiano, ignorare, o anche solo trattare sommariamente la storia che gli è stata proposta, via mail, da una signora. Che si chiama Generosa Abbate, ha quasi 77 anni e adesso vive a Roma. In realtà, non è una nostra lettrice, non è nemmeno originaria della Valsesia, visto che è nata nella lontana Campania, a Nola, in provincia di Napoli. Però un legame con la nostra valle c’è. Con Varallo.
Tra il 1965 e il 1972 aveva infatti lavorato al Cotonificio Rotondi; in quel periodo soggiornava al Convitto delle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice di don Bosco.
Insomma, ai primi di settembre 2019, insieme alla figlia Natalia e al marito Michele, torna a Varallo: dopo quasi 50 anni di assenza, una visita, anche breve, suscita ricordi, si «ripassano» luoghi e volti, conoscenze e amicizie.
Generosa va anche a vedere il Museo dell’Energia che, inaugurato qualche anno fa, è sorto proprio vicinissimo a dove lavorava, insieme alle sue colleghe e amiche operaie. Un po’ di nostalgia, certo, per i tempi passati, ma anche tanta voglia di recuperare, se possibile, nomi e persone.
Confida questo suo desiderio a Letizia, la guida che ha condotto la visita negli spazi del Museo e che, nei giorni successivi, si rivolge al Valsesiano mettendolo in contatto con Natalia e, quindi, con Generosa.

«Sono nata a Piazzolla di Nola» ci ha scritto la simpatica protagonista di questa bella storia « il martedì mattina del 24 novembre 1942 in una famiglia contadina e numerosa: eravamo 8 figli. Non si aveva tanto, però ci si accontentava di quello che la vita ci regalava quotidianamente. Quando avevo poco più di 10 anni è mancata mamma, e papà ha fatto del suo meglio per farci diventare grandi. La giovinezza l’ho trascorsa al paese, con le amiche del cuore, con cui amavo condividere pensieri e divertimenti. Una di loro, Assunta Delucia, mi aveva parlato di un paesino lontano, sulle Alpi piemontesi: là c’era una fabbrica che cercava operaie. Io ci avevo pensato su e mi ero decisa a parlarne con papà: avrei avuto finalmente l’occasione di aiutare la famiglia e rendermi indipendente! E poi – che emozione! – sarei stata la prima nella mia famiglia a uscire dalla Campania, per andare a vivere in un’altra regione, e al Nord, per giunta!».
A 22 anni Generosa lascia quindi Nola e si trasferisce a Varallo, dover arriva «nel febbraio del 1965: una fredda giornata invernale con un cielo plumbeo e tanta neve. Mio papà mi accompagna nel lungo viaggio in treno e mi scorta fino al Convitto che ospitava le ragazze impiegate alla Rotondi e che era gestito dalle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice di Don Bosco. La direttrice è una donnina anziana e minuta ma di buon cuore: mi accoglie con un sorriso così dolce da farmi sentire subito a mio agio. Si chiamava Suor Amalia Coriasso».
Le ragazze ospiti del Convitto sono quasi tutte del Sud e molte arrivano dalla Campania, proprio come Generosa.
«Ricordo con particolare affetto una di loro, Domenica Barbati, una delle mie amiche più care. So che è rimasta in Valsesia e che si è sposata a Varallo. Io legavo maggiormente con le ragazze del sud, eravamo perfino un po’ pettegole! Quelle del nord erano più riservate, ma sono riuscita a fare amicizia anche con alcune di loro: Anita, Antonietta, Lorella. In fabbrica ho imparato a lavorare su una macchina: ricuciva i fili di cotone che si spezzavano frequentemente. La maestra era la signora Paola di Valmaggia, il caporeparto il signor Fiorenzo Curacanova, una persona gentile e sempre pronta a risolvere i problemi meccanici e a rifornirci del materiale necessario al nostro lavoro».
Generosa rimane a Varallo, appunto, fino ai primi mesi del 1972: ha quasi 30 anni, quando lascia la valle.
«Sette anni vissuti intensamente, durante i quali ho imparato molto. Tra i ricordi più belli che ho, quelli delle passeggiate per Varallo nei giorni di mercato, con le mie amiche di allora. Sempre sorvegliate dalle suore, riuscivamo in quelle ore a ritagliarci un po’ di libertà: facevamo qualche piccolo acquisto, e ci compravamo anche un gelato, magari ascoltando la musica che risuonava nell’aria e che proveniva dai juke box. Io adoravo una canzone di Antoine, “Pietre”, mi piaceva tanto! Le suore non hanno mai saputo di questi nostri piccoli peccati di gola, o, comunque, non ci hanno mai rimproverate! Ricordo anche un signore sui cinquant’anni che si chiamava Giuseppe. Era l’ortolano, curava il campo dietro la chiesa del Convitto. Persona anziana, per noi fanciulle, girava sempre con vestiti non tanto puliti, visto che era spesso nell’orto, e poco si preoccupava di quel che noi o le suore potessimo pensare. Un giorno era entrato in chiesa a dorso nudo, tra lo stupore di tutte noi ragazze. Ai rimproveri della suora, che ci stava preparando ai canti domenicali, aveva risposto che si era permesso di entrare in quel modo perché aveva visto che Gesù era tutto nudo: almeno Giuseppe i pantaloni li indossava! Un’altra volta invece ero stata rimproverata io: mi ero addormentata in chiesa, una mia compagna mi aveva svegliata con una vigorosa gomitata, e tutte le ragazze erano scoppiate a ridere… la suora aveva dovuto interrompere la recita del Rosario a causa mia! Un altro personaggio che mi torna alla mente è un frate francescano: si chiamava Bernardino. Lo ricordo con commozione per l’umiltà del suo essere».

Un giorno, poi (era il 1971), Generosa riceve una lettera dal papà nella quale le viene chiesto se ha voglia di farsi suora: «Quello era il destino di tante donne, in quegli anni. O il matrimonio o il convento. Io però non avevo mai pensato di diventare monaca. Anzi: avevo intenzione di cercarmi un fidanzato! E così sono tornata a casa per trovare papà, e lì, nel mio paese, ho conosciuto Michele, mio marito. Ci siamo sposati il 22 luglio del 1972 e trasferiti in Svizzera. Abbiamo avuto due figli, Raimondo e Natalia. Nel 1988 abbiamo deciso di rientrare a Nola. I miei figli hanno studiato, Raimondo è andato al Nord, mentre Natalia si è spostata a Roma. Noi ci siamo sentiti soli, abbiamo lasciato Nola e ora viviamo nella capitale vicino a nostra figlia».
Generosa Abbate non ha mai dimenticato Varallo: «Ho sempre sognato di tornarci. Fino all’8 settembre scorso, quando Natalia ha organizzato un viaggio per portarmi a a rivedere i luoghi della mia giovinezza. Ho trovato tutto cambiato. Le strade sono pulite e ordinate, il Sacro Monte è un posto bellissimo come non ricordavo e sono stata bene. Ma Varallo è diventata più silenziosa e spopolata. Non ho più visto le suore e i religiosi del passato, le vie che percorrevo ogni giorno sono chiuse da cancelli o recinti, non ho più trovato la statua di Don Bosco che osservavo tutte le volte in cui mi affacciavo nel cortile del Convitto. Ho però ancora un sogno. Vorrei parlare, anche virtualmente (ndr: come avrete capito, Generosa Abbate non è più giovanissima ma darebbe tanti punti a un sacco di giovani!) con una telefonata o un video messaggio (ndr: appunto!) con le amiche del Convitto, vorrei avere notizie dei miei colleghi di lavoro e delle suore che si sono prese cura di me in quei sette anni. Se potrete aiutarmi, cari Varallesi, mi rendereste veramente felice».
E il Corriere Valsesiano non può che veicolare questa gentile e affettuosa richiesta: se qualche ragazze di allora si riconosce in queste foto, telefoni alla nostra redazione (0163 200353): saremo lietissimi di metterla in contatto con la nostra cara amica Generosa!

 

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