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Dal mare al Rosa è record, Francesco Surace ce l’ha fatta abbassando il tempo di 58 minuti

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L’anno scorso, a inizio agosto, si era fermato poco sotto al Colle del Lys: crisi ipoglicemica. Domenica 20 giugno  invece tutto è filato liscio e Francesco Surace, partito in bici da Genova nel tardo pomeriggio del giorno prima, ha raggiunto a piedi, tra l’altro con un meteo mica tanto generoso, i 4.554 metri della Capanna Margherita alle 6,34 di mattina. Cronometro stoppato sulle 13 ore e 20: 58 minuti in meno del record che quasi un anno fa aveva fatto registrare Nico Valsesia.
Dieci mesi di preparazione, e micropanini lungo il percorso.

Adesso posso anche darmi un po’ di arie e, parlando del più e del meno, dire che sono compagna di squadra, nel GSA Valsesia, di Francesco Surace. Esatto: proprio quel Francesco, che tra sabato pomeriggio e domenica mattina presto ha battuto (ampiamente, con un margine stampatello maiuscolo: 58 minuti, e consideriamo che il meteo non l’ha per niente favorito, tra pioggia, vento e pure neve) il record precedente, di 14 ore e 18 minuti, sulla distanza Genova-Capanna Margherita sul monte Rosa.

In numeri: 226 km pedalando, poi da Alagna, dopo un momento per cambiarsi e mangiare qualcosa, su fino al rifugio più alto d’Europa, 17 km ancora da fare. Alle 6 e 34 di domenica 20 giugno Francesco Surace ha raggiunto la vetta fermando il crono su 13 ore e 20 minuti. Appunto 58 in meno di Nico Valsesia, che il record l’aveva fatto registrare ad agosto 2020, poche settimane dopo il primo tentativo dell’atleta borgosesiano: Surace allora si era fermato appena prima del Colle del Lys.

Dunque, in teoria (ma anche in pratica), l’impresa di adesso sarebbe stata ancora più ardua: il tempo sotto il quale rimanere un anno fa era di 16 ore e 30 (1994, Marino Giacometti), quest’anno appunto 14 e 18.

Francesco ha evidentemente fatto tesoro e preso lezioni dall’esperienza precedente: «L’anno scorso avevo voluto tentare la Genova-Capanna Margherita per dare un segnale, al termine della prima ondata pandemica, di ripresa, di ripartenza specialmente per chi sta in montagna, chi la montagna la vive anche lavorandoci e che l’emergenza sanitaria ha messo in grave difficoltà, di speranza e fiducia. L’avevo preparata in soli due mesi, e poi, a cose fatte, mi ero reso conto di aver forse un po’ sottovalutato l’aspetto del ristoro durante la prova, sia per la parte in bicicletta che per quella a piedi: avevo mangiato barrette e datteri, nutrienti, certo, ma non era stato sufficiente, e infatti arrivato sotto il Lys davvero non ne avevo più, non andavo avanti, mi addormentavo sui bastoncini, in piena crisi ipoglicemica».

Le esperienze servono proprio a questo: a intervenire, per correggere e modificare, a raddrizzare il tiro cioè.
Sto giro, dieci mesi di allenamento («abbiamo cominciato a settembre»), una preparazione quindi calibrata sul lungo periodo e, per il grande giorno, un programma alimentare diverso: «Anche insieme ai miei allenatori, si è deciso che mi sarei rifocillato con panini minuscoli, grandi come il quadrante di un orologio, buttandone giù uno ogni 40 minuti, con prosciutto, formaggio e marmellata».

La forma fisica c’è (e direi che si vede). Il cuore pure: passione, amore per lo sport e la montagna, zero paura di faticare, di metterci tempo e sacrifici.
Fondamentale però è anche la testa: «Servono concentrazione e impegno emotivo, per continuare a stare “sul pezzo” e non perdere di vista l’obiettivo e quel che bisogna fare per raggiungerlo» conferma Francesco. «Non so quante volte, durante i mesi di allenamento, mi sono immaginato la salita verso Indren, un pezzo che proprio non mi piace e sul quale mi sarei potuto trovare in difficoltà. Mi sono visto e rivisto “virtualmente” andar su, con la mente ho provato quel percorso all’infinito, fin quasi a stancarmi fisicamente».

Be’, tutto è tornato, alle 6,34 di domenica mattina 20 giugno: 13 ore e 20 minuti da Genova alla Capanna Margherita. Record battuto, eccome: «Quando sono arrivato lassù a 4.554 metri per me è stata una gioia immensa. In realtà il rifugio non l’ho visto subito, tanta era la nebbia, visibilità prossima allo zero: ma lì c’ero e ho stoppato il cronometro, che non avevo fermato nemmeno per la breve sosta ad Alagna».

Adesso qualche giorno di riposo (mica vero: quando l’ho chiamato per intervistarlo aveva già fatto 20 km in bici e ancora pedalava) e poi nuovi progetti da portare avanti: «Certo, mi sto guardando in giro… Devo prima però fare alcuni ringraziamenti a chi mi ha dato una mano, in mille modi, a battere questo record, un risultato che inseguivo da un anno. Per il supporto tecnico grazie a mio papà Pietro, a mia sorella Giulia e a mio zio Massimo. Mi hanno seguito in macchina da Genova Corrado Zappelloni e Gianni Carrano. La preziosa assistenza medica la devo ad Alessandro Mancassola mentre per l’allenamento in bici ringrazio Alberto Ceralli. Al mio fianco sono stati formidabili Alessandro Ainardi e Marco Pastore. E poi il gruppo di amici che mi aspettava a Indren mentre alla Margherita c’erano Sergio Gabbio, Silvia Costa e Giona Barinotti. Un ultimo ringraziamento al presidente del GSA Valsesia Mauro Certano e a Carluccio Chiara per i consigli e le dritte. E poi, chiaramente, a Italo Quazzola, preparatore straordinario: mi ha detto “la testa, la forza, la determinazione sono le tue, Fra”, ed è vero, chiaro, ma lui è un grandissimo».

E tu cosa ne pensi?

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