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Don Enrico Marcioni, 11 anni di missione pastorale fatti di impegno e servizio alla comunità

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Don Enrico Marcioni, 11 anni di missione pastorale fatti di impegno e servizio alla comunità

GRIGNASCO – E’ ormai noto il fatto che il nostro parroco don Enrico Marcioni – su indicazione del Vescovo – si è preso la Briga di andare a quel paese (Briga, appunto) e concluderà il 31 gennaio la sua missione pastorale presso la nostra comunità.

Don Enrico Marcioni, 11 anni di missione pastorale fatti di impegno e servizio alla comunità

Allora «Don»: dopo 11 anni di angherie e soprusi perpetrati nei confronti dei grignaschesi, alla fine te ne vai… sei pentito?
«No»

Ah. Recidivo?
«Sì, perché sono pronto a fare lo stesso anche nella nuova parrocchia».

A posto siamo. Va beh, scherzi a parte: ti aspettavi di andare via?
«Sì, perché la rotazione negli incarichi è messa sempre in conto… forse non mi aspettavo queste tempistiche, che sono un po’ “strette” per i passaggi di consegne e i traslochi».

Guarda la cosa buona per la comunità: andandotene poco dopo le festività possiamo farti un regalo solo, accorpando Natale e fine mandato [il don sghignazza – Ndr]. Bene, guardiamo questi 11 anni: di che cosa ti ritieni contento?

«Di tutto il lavoro fatto con i giovani. Per me era uno dei cardini, anche in considerazione della mia esperienza con la pastorale giovanile. Ricordo l’impegno dei primi anni nella “ricostruzione” dell’Oratorio e poi, dopo la mazzata del Covid, la soddisfazione di veder “rifiorire” l’Oratorio e le sue attività, con i ragazzi che propongono, si impegnano… insomma vivono da protagonisti questi spazi rinnovati e dedicati a loro e a tutto quanto il paese. Sono contento anche perché don Marco, che arriva da un grande oratorio, avrà attenzione per il San Giustino, garantendone continuità d’azione e sviluppo e cogliendone le potenzialità».

Sotto l’aspetto «materiale e strutturale» quali sono i lavori svolti nel tuo periodo di servizio che ti senti di evidenziare?
«Comincerei da qualcosa che non si vede ma che è stato impegnativo e utilissimo: liberare spazi dalle tante cose accumulate nel tempo ma alla fine capaci solo di ingombrare. Si sono così resi disponibili locali nella casa parrocchiale, le aree di sottotetto all’oratorio, a San Graziano, si è riordinata la sovrasacrestia. Non è stata una cosa facile: quando arrivi a fare tra tutto una novantina di motocarri di roba vuol dire che di lavoro ne hai fatto… e che di materiale inutile ce n’era parecchio».

Passando alle cose più «visibili»?
«Sono contento del rifacimento del tetto della parrocchiale, un intervento esteso e molto oneroso che tuttavia è riuscito a preservare la chiesa dai successivi periodi di intenso maltempo. Tengo poi particolarmente alla riqualificazione degli spazi oratoriali, andata avanti anche grazie al lavoro volontario di persone come Leonardo Di Cappello che ringrazio per il grande impegno profuso. Adesso c’è in ballo il progetto della chiesa di Isella: speriamo di poter presentare l’intervento alla struttura in occasione della festa di S. Gaudenzio, mentre ci sarà da attendere per inaugurare il restauro della pala d’altare. Nel tempo ci sono stati anche la vendita della casa di Pila e di Casa Massara, la sistemazione del Giardino di Ada, vari interventi di cura del patrimonio come il restauro dei dipinti dei benefattori, e di quelli di Gandolfino da Roreto e del Gianoli. Poi tante piccole opere come la sistemazione dei gradini dell’Altare, dorature e argentature, il restauro del presepe, la pulitura delle cappelle dell’Assunta… insomma un lavoro esteso, fatto un passo alla volta con poche risorse iniziali. Spesso ho confidato nella Provvidenza e non ne sono mai rimasto deluso».

Invece che cosa non sei riuscito a fare e che «ti sta un po’ qui»?
«E’ difficile in questo momento dire se è riuscito il mio tentativo di cambiare il modo di pensare della gente indirizzandolo verso un senso di comunità più vero ed esteso. In questo momento non si vede, ma magari il cambiamento, che ho provato a suggerire alle nuove generazioni, di solito molto meno propense a rinchiudersi in se stesse, magari porterà a qualcosa di nuovo. Lo spero tanto».

Undici anni di relazioni e rapporti con un paese di gente a volte collaborativa e pronta a darsi da fare, a volte più incline a sentenziare che sbagliavi tutto… ovviamente senza alzare un dito. Grignasco ti mancherà?
«Sai, nel rapporto con la gente c’è la persona con cui ti trovi maggiormente in sintonia e quella con cui si fa più fatica a dialogare. E’ logico che dopo tanto tempo si sono costruiti dei legami personali d’amicizia e collaborazione che spiace “lasciare indietro”. La cosa invece che dà oggettivamente fastidio è il gusto della critica per la critica: tu sai quanto ti sei speso e prodigato per la “tua” comunità e nel tempo ti sei fatto l’elenco delle volte in cui, nonostante ciò, sei stato osteggiato o addirittura denigrato. Questo non mi mancherà di sicuro».

Che cosa vorresti dire – al di là dei vostri colloqui personali e di passaggio di consegne – a don Marco?
«Gli auguro di trovare molta più disponibilità della comunità nei suoi confronti perché riceva un sincero e fattivo supporto. Spesso si dimentica che un parroco, un sacerdote, è una persona la cui vita è stata consacrata al servizio degli altri, del prossimo, e che per fargli svolgere bene questo compito bisogna rispettarlo e dargli una mano. Spero che Grignasco non faccia mai mancare a don Marco né rispetto né aiuto».

Adesso tocca a te: come ti immagini il futuro a Briga Novarese?
«C’è da ricominciare da capo: occorre tessere di nuovo una rete di conoscenze, amicizie e collaborazioni per portare avanti il cammino di fede di quella comunità e dare un contributo per crescere insieme in armonia».

Dai, adesso piantiamola lì perché l’abbiamo fatta già lunga per la pazienza dei lettori: messaggio conclusivo a Grignasco e ai grignaschesi?
«Per ora solo l’augurio di buone festività. Il messaggio di saluto… arriverà a tempo debito».

E tu cosa ne pensi?

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