Attualità
Varallo: inaugurazione busto di Giulio Pastore fondatore della Cisl
VARALLO – Martedì 30 aprile, a Roma, al Teatro Adriano, Giulio Pastore fondò la CISL: una scelta coraggiosa, molto contestata, fondata sulla partecipazione, concetto inserito anche nello Statuto del 1951, che spostava il confronto dal capitale verso il lavoro, cambiando radicalmente l’impostazione del sistema politico-economico, non puntando più solo sulla rivendicazione salariale.
In questo cambiamento sostanziale la CISL era isolata nel panorama sociale di quegli anni: il “sindacato nuovo” voluto da Pastore, si basava sulla “cultura della partecipazione”, fondamentale anche nella politica. Il Sindacato, in una democrazia di tipo pluralista, aveva il dovere di farsi carico del bene comune, diventava il soggetto intermedio tra il singolo e la rappresentanza politico-istituzionale: la “partecipazione” era il riconoscimento istituzionale di un ruolo ben preciso.
Varallo: inaugurazione busto di Giulio Pastore fondatore della Cisl
Per ricordare quello storico avvenimento, martedì 30 aprile 2024, la CISL del Piemonte Orientale, e la Federazione dei Pensionati, titolare della prestigiosa sede collocata in Villa Barbara, concessa dall’Amministrazione Comunale di Varallo, ha organizzato una cerimonia ufficiale di inaugurazione di un busto dello statista, modellato dallo scultore di Grignasco Dino Damiani: “Il primo busto di Pastore in una sede CISL del Piemonte Orientale” come ha sottolineato l’ideatore dell’iniziativa, Enrico Zanolini, Segretario Generale FNP CISL P.O. “Pastore aveva la forza delle idee, la Fede in Dio e nell’uomo: guidato da questi principi visse sempre pienamente gli avvenimenti del suo tempo, prendendo posizione, partecipando e contribuendo al processo che portò l’Italia ad essere una Repubblica Democratica, fondata sul Lavoro. La storia non gli ha ancora assegnato il posto che merita: la sede CISL di Borgosesia è stata intitolata a Pastore, ci sono stati convegni per approfondirne il pensiero, riaffermandone i valori fondamentali dello Stato democratico, ma non è ancora sufficiente”: Zanolini ha quindi motivato la scelta di raffigurare un Pastore giovane, riportandolo agli anni in cui fece le prime scelte di vita proprio qui, in Valsesia, dove, adolescente, a dodici anni fu assunto in Manifattura, entrando in contatto diretto con il mondo del lavoro, maturando negli anni la decisione di volgere in forza la debolezza degli ultimi. Autodidatta, sostenne sempre la necessità della “formazione”, di grande importanza anche nella nostra società.
Hanno portato i saluti istituzionali Pietro Bondetti, Sindaco della Città di Varallo, come lo fu Pastore negli anni dal 1951 al 1956 e Francesco Pietrasanta, Presidente dell’Unione Montana, che nacque dal Consiglio di Valle creato da Pastore nel 1946. Entrambi ne hanno sottolineato la capacità di realizzare iniziative concrete: Bondetti ha citato le opere realizzate, le numerose strade, indispensabili per lo sviluppo turistico avviato con l’Estate Valsesiana della quale l’Alpàa è l’ideale prosecuzione, Petrasanta ha invece focalizzato l’attenzione sul lavoro, che oggi sta cambiando in modo vertiginoso, ma nei concetti espressi da Pastore trova ancora dei punti saldi di riflessione.
Lo scoprimento del busto è stato preceduto da una serie di interventi coordinati da Enrico Zanolini, che ha ricordato come ANTEAS (Associazione Nazionale Tutte le Età attive per la Solidarietà, presente su tutto il territorio nazionale con circa 500 associazioni di volontariato e di promozione sociale, che conta oltre 80.000 soci aderenti, rivolta a tutti coloro che condividono l’impegno della solidarietà civile e sociale) sia tornata in Valsesia: “Otto mesi fa è stata siglata una convenzione con i Servizi Sociali dell’Unione Montana, per i servizi di trasporto”.
Elena Ugazio, Segretaria generale della Cisl P.O., ha sottolineato la scelta simbolica di porre nella sede di Varallo il busto di Pastore: “E’ un gesto che concretizza lo sforzo di provare a riabitare il territorio, le periferie non solo geografiche ma esistenziali, seguendo gli insegnamenti di Papa Francesco. In questo la lezione di Pastore fu profetica: dobbiamo prendere in mano il nostro destino, provando a rendere sempre nuovo il nostro Sindacato, intercettando anche i bisogni e le necessità non esposti. Vivere ogni giorno l’essere Cislini è il miglior modo di ricordare Pastore”.
“Il rapporto di Pastore con i giovani fu straordinario: aveva la capacità di coinvolgerli e motivarli. Il suo prezioso esempio ci permette di dialogare con questo nostro mondo in cui l’intelligenza artificiale è una sfida da cogliere, stando dentro ai profondi processi di trasformazione che dovremo affrontare”: così si è espresso Alessio Ferraris, Segretario Generale FNP CISL Piemonte, mentre Luca Caretti, Segretario Generale CISL Piemonte, si è complimentato per il lavoro fatto da Elena Ugazio e Enrico Zanolini nel creare un gruppo dirigente territoriale riconosciuto sul territorio, riportando la CISL ed i servizi: “Le scelte valoriali di Pastore ci riconnettono al futuro: guardano avanti accettando sfide complicate. Oggi Pastore ricorderebbe ai cittadini i doveri fondamentali per difendere la democrazia e le conquiste degli anni passati, in primis quello del voto. Noi dovremmo riflettere sull’”inverno demografico”, che porterà alla mancanza di lavoratori, progettando un nuovo Sindacato, con sempre alla base partecipazione e solidarietà, attualizzando quei valori che hanno fatto forte la nostra organizzazione”. Caretti ha poi sottolineato la centralità del tema dell’Europa nel pensiero di Pastore per dare pace ad un paese che usciva dalla guerra: “Pensava non ad un’Europa delle nazioni, ma agli Stati Uniti d’Europa”.
Le conclusioni dei lavori della mattinata sono state tratte dal Professor Aldo Carera, già docente presso l’Università Cattolica e Presidente della Fondazione Pastore, nata a Roma nel 1971. Carera tornando in Valsesia, ha fortemente avvertito la tensione di questo territorio che: “Attua potenzialità in grado di sviluppare ancora la capacità di tenere il filo del tempo e portare all’oggi”.
“Pastore nel busto è stato reinterpretato come un artista, lo scultore Dino Damiani, può fare: queste fattezze, che non sono quelle canoniche, sono un invito a recuperare l’attualità di un pensiero che era rivolto sempre al futuro”. Carera ha riferito che il professor Sergio Zoppi gli aveva suggerito di pensare ad avviare un processo di beatificazione di Pastore: “Forse è esagerato, però dà il senso della profondità del rapporto di Pastore con i suoi collaboratori, che lo ricordano come un esempio ed un catalizzatore delle energie migliori. Pastore fu un profondo conoscitore di questo territorio: giovanissimo, alla fine della Prima Guerra Mondiale, girò i paesi facendosi promotore della presenza dei cattolici nel sociale, dimostrando quella vocazione a costruire, che sempre lo caratterizzò.
Negli anni Trenta fu chiamato a Roma e mandato a fare promozione presso la gioventù dell’Azione Cattolica nel Mezzogiorno: quando divenne Ministro era solito dire che conosceva quelle terre più di coloro che ci vivevano, comprendendo bene che lo sviluppo non poteva venire dall’esterno, dalla Cassa del Mezzogiorno, ma dal territorio, dagli investimenti nella cultura: perché se non c’è sviluppo che viene dal basso, c’è frattura nella vita civile: la formazione è decisiva per il futuro di un paese come il nostro”. Ricordando il recente libro di un collaboratore di Pastore, Giovanni Maronge, presentato alla Camera: “Meridionalismo. Un futuro nella vita civile del paese”, Carera ha commentato che forse i tempi sarebbero maturi anche per una fiction televisiva dedicata a Giulio Pastore.
Dopo i primi impegni nell’Azione Cattolica e nella stampa diocesana, Pastore approdò alla “scuola” di Achille Grandi con il quale intraprese quella “buona battaglia” che l’Apostolo delle genti insegnava essere il patrimonio più vero di una vita. Pastore, un anno dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, nel gennaio 1925, quando perse il lavoro e si trovò in una situazione difficile, scriveva: “Ciò che ieri appariva quasi un incubo, oggi si vede come una liberazione”, interrogandosi su chi fosse il detentore del potere in uno Stato, chi avesse l’Autorità, distinguendo tra servitori e uomini liberi, asserendo che anche fra i cattolici c’erano i buffoni e gli ipocriti asserviti al potere politico, sottolineando che il Valori non potevano essere messi al servizio di nessuno. Pastore per tutta la vita sostenne la necessità di formazione della classe dirigenziale dei lavoratori per incidere sui comportamenti: il Centro Studi era una Università del Lavoro. Carera ha chiuso il suo intervento ricordando come Pastore si rendesse conto che esistevano dei bassi professionisti della politica, invitando a farla finita con i parvenus, piccoli o grandi, in nome di un’interpretazione morale del ruolo di politico, rappresentante di chi lo aveva eletto: “Ci vogliono uomini veri, che siano disposti al sacrificio”.
Piera Mazzone
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