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Il gran tour della Calabria del gruppo parrocchiale di Quarona

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QUARONA – Don Matteo Borroni, parroco di Quarona, nell’ultima settimana di agosto, ha organizzato un viaggio in Calabria, cui hanno partecipato suoi parrocchiani, persone dei paesi vicini, ma anche amici e conoscenti del sacerdote.

“Guardate i suoi campioni: Gioacchino da Fiore, Francesco da Paola, Tomaso Campanella: non trovate che torri di giustizia e castelli di utopia”: ma forse pochi conoscono il legame della Valsesia con la Calabria. Come ricorda il Professor Casimiro Debiaggi, Guido Tirozzo, pittore e incisore, nato e vissuto a Torino, ma di famiglia fobellese, per ben ventisei anni insegnò disegno a Catanzaro e il suo trittico: Terra Brutia, dipinto nel 1917, si può ammirare esposto al Museo Provinciale di Catanzaro, a Villa Trieste, omaggio di questo artista alla terra di Calabria. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1951, la vedova, Maria Migliasso, donò alcune opere alla Pinacoteca di Varallo. Il nipote, lo scultore Pier Ugo, il cui nonno materno fu Pier Celestino Gilardi, nel 1986, fece un importante lascito alla Pinacoteca, comprendente anche sessantatrè opere, tra dipinti, disegni, lastre di zinco, incisioni dello zio Guido, con alcuni scorci calabri.

Il viaggio, iniziato sul treno Freccia Rossa da Milano a Salerno, è stato l’occasione per far conoscere i partecipanti e creare il gruppo che si è incontrato con la guida Maurizio Cauteruccio e l’autista Mariano, iniziando subito il tour con la visita al Parco del Pollino, sostando al centro di documentazione La catasta, per prendere visione dell’ampiezza e dell’importanza naturalistica del sito attraversato in pullman, percorrendo la statale che conduce ad Amantea, dove c’era l’albergo che avrebbe ospitato tutti i partecipanti, il cui centro storico ha riservato scorci indimenticabili e, nella Chiesa di San Bernardino (sec. XV), ha permesso ammirare la splendida Madonna di Antonello Gagini, scultore rinascimentale.

Prima di arrivare ad Amantea il gruppo si è fermato a Morano Calabro, un paese affascinante, che presenta la tipica struttura urbanistica dei borghi arroccati sulle alture, con le case strette le une alle altre, quasi abbarbicate alla montagna. Nella chiesa è conservata una tela che raffigura la rarissima iconografia della morte di San Giuseppe ed è conservata l’impronta del piede di San Francesco da Paola che benedice la Calabria, che è stata l’occasione per ricordare il quadro della Parrocchiale di Morca in cui è presente il santo calabrese, protettore contro la furia delle acque.

La costa tirrenica della Calabria inanella gioielli: lo splendido promontorio di Capo Vaticano, costituito da uno sperone di uno speciale granito bianco-grigio, posizionato di fronte allo Stromboli e alle Isole Eolie, che separa il golfo di Sant’Eufemia e quello di Gioia Tauro. Tropea, perla preziosa del turismo internazionale, luogo di antichissime leggende e di storia millenaria, che sorge su un promontorio tra i Golfi di Gioia e di S. Eufemia ed è nota anche per la produzione della cipolla omonima, che abbiamo potuto ammirare esposta ai lati della strada nelle caratteristiche trecce.

Pizzo è stata edificata su uno sperone a cinquantasei metri dal livello del mare: qui, dopo cinque giorni di prigionia nel castello, fu fucilato il re di Napoli, Gioachino Murat. Il borgo è rinomato per il tipico “Tartufo di Pizzo”, che è stato offerto a tutti i partecipanti nell’antica gelateria Belvedere che si affaccia sulla piazza.

In un simile viaggio non poteva mancare una cena con musica e piatti tipici calabresi: gli spaghetti all’acciuga e mollica, le orecchiette con vongole e broccoletti, la varietà di salumi locali (soppressata, capicollo, salsiccia), alici arreganate, zucchine grigliate, crostini alla ‘nduja, pastella di zucchine, frittelle d’alghe, polpettine di melanzane, formaggio pepato, pecorino, ciliegine alla caprese, melanzane ripiene, ciambotta rape e salsiccia…tutto ottimo, abbondante e gustosissimo. Un brillante quartetto di cantanti e musicisti ha intrattenuto gli ospiti con canzoni calabresi, ma anche con Piemontesina bella omaggio agli ospiti.

Il 24 agosto, percorrendo la Costa Viola, attraverso il ponte aereo di Bagnara Calabra, si è raggiunta Reggio di Calabria, città moderna e signorile, interamente ricostruita dopo il terribile terremoto del 1908, per ammirare al Museo Archeologico Nazionale, a Palazzo Piacentini, i famosi Bronzi di Riace i due capolavori dell’arte greca rinvenuti nel mare di Riace proprio cinquant’anni fa: il 16 agosto 1972. La preparazione della nostra guida ha saputo farci apprezzare il ricco patrimonio del Museo, che si sviluppa su quattro livelli, che raccontano la storia del popolamento umano in Calabria dalla preistoria alla romanizzazione, secondo un criterio cronologico/tematico, facendo una scelta tra le opere più significative. Il Lungomare Falcomatà, intitolato ad uno dei Sindaci della città, è stato definito da Gabriele D’Annunzio: “Il chilometro più bello d’Italia” e, percorrendolo a piedi, l’abbiamo portuto constatare. Contemplando lo spazio tra Reggio e Messina può accadere di essere testimoni di una sorta di complesso miraggio osservabile lungo la linea dell’orizzonte. Il fenomeno è conosciuto, con il nome di Fata Morgana, per via della leggenda tramandata dai Normanni.

In particolari condizioni atmosferiche accade di vedere l’immagine sospesa in cielo e capovolta: Morgana inganna lo spettatore, annullando la distanza e permettendo a Calabria e Sicilia di toccarsi. Noi valsesiani, guardando oltre lo stretto, abbiamo ricordato Monsignor Francesco Fasola, che fu Rettore del Sacro Monte di Varallo nel 1942, Vescovo coadiutore di Agrigento nel 1954, vescovo di Caltagirone nel 1960, Arcivescovo metropolita di Messina dal 1963 al 1977, le cui spoglie riposano nella cattedrale di Messina. Il 31 marzo 2006 il suo successore, Giovanni Marra, aprì la causa di beatificazione e canonizzazione.
Rifiutata da Glauco, la maga Circe scatenò la sua furia su Scilla, ninfa dalla bellezza sconvolgente, trasformandola in un feroce mostro munito di sei teste di cane latranti, e, secondo la leggenda, in preda alla disperazione, Scilla si rifugiò in una grotta sotto la Rocca dove sorge il Castello dei Ruffo di Calabria, diroccato dal terremoto del 1783. La discesa al borgo di Chianaleia è stata indimenticabile, perché è intatto il fascino dell’antico borgo di pescatori, che a sera tiravano in secca le loro barche nei viottoli adiacenti le case.

La regione è povera di grandi memorie archeologiche, perdute in cento flagelli naturali, ma davvero la Calabria non ha una sola dimensione e la giornata naturalistica, interamente dedicata al Parco della Sila ne è stata la dimostrazione.
La Sila Grande, è un magnifico comprensorio montano che ospita le più estese foreste di conifere del Meridione d’Italia, l’altopiano silano è noto anche per la produzione delle rinomate patate della Sila IGP. Da Camigliatello Silano, avvolto dalla foresta di conifere della Sila Grande, centro di villeggiatura e di sport della neve, si è proseguiti verso l’area del parco di larici secolari detti i “Giganti del Fallistro”, che fanno parte del patrimonio del FAI. Quei maestosi esemplari di Pinus Laricius, di eccezionale altezza e longevità, avvinti come amanti, o cavati da offrire riparo a nove persone, emanavano un grande fascino, così come i rifugi faunistici, in cui è stato possibile ammirare daini e cervi, passando poi al lago Cecita, nel cuore del Parco Nazionale della Sila.

Proseguendo lungo la costa Tirrenica si passa per Belmonte Calabro dove si produce il pomodoro “gigante” e il “cuore di bue”, originari delle Americhe, portati in Italia all’inizio del XX secolo, da Guglielmo Mercurio, un emigrante originario della cittadina Calabrese che faceva ritorno dagli Stati Uniti. Diamante, posta al centro della Riviera dei Cedri, soprannominata perla del tirreno, è un borgo marinaro rinomato per i suoi murales. L’idea dei “murales” è dovuta al pittore Nani Razetti, diamantese di adozione, il quale propose al sindaco del tempo, Ing. Evasio Pascale, il progetto per rivitalizzare il centro storico. L’Operazione Murales, iniziata nel 1981, portò a Diamante, dall’Italia e dall’estero, ottantatrè pittori, che nel mese di giugno iniziarono a dipingere i muri trasformati in grandi tele, facendo rinascere nella gente che vi abita il gusto della conservazione del proprio passato, per un’idea viva, che proietti nel futuro. Molto suggestivo il murales a mosaico, dei coniugi Michele ed Angiolina Sposito di Ferrara, sito sulla parete esterna della Chiesa Madre, che racconta l’antica storia della Calabria, dal ritrovamento del graffito del “Toro di Papasidero”, fino all’odierna civiltà di contadini e pescatori.

Nell’ottobre del 1999 gli artisti hanno realizzato un successivo pezzo da aggiungere al mosaico originario, raffigurante l’immagine dell’Immacolata. Ogni anno vengono aggiunti nuovi murales: dal 2017 opere di Street Art colorano le mura del borgo. Diamante è famosa anche per la produzione del cedro: Citrus Medica. Le caratteristiche particolari di questo agrume, nella sua varietà autoctona denominata cedro liscio di Diamante (di grosso taglio e profumata, destinata in gran parte alla canditura), lo resero unico e conosciutissimo sul mercato mondiale; grazie alla sua massiccia esportazione verso Israele e gli Stati Uniti, dove è usato dalle comunità ebraiche che in occasione della festa di Sukkot, festa delle capanne o festa dei tabernacoli, inviano i propri Rabbini a selezionarlo, il cedro è diventato una voce economica consistente del bilancio della comunità. A Diamante si tengono numerose rassegne culturali e teatrali, ma di certo la più famosa e di rilievo è il Peperoncino Festival, istituito sin dal 1992. Il festival è stato ideato dal giornalista Enzo Monaco in occasione del cinquecentenario della scoperta delle Americhe, evento che ha dato inizio all’importazione in Europa di questa spezia comunemente utilizzata nella cucina calabrese. La manifestazione si svolge solitamente nei primi giorni di settembre e dura circa una settimana; non è solo un evento gastronomico, ma anche culturale. A Diamante ha sede l’Accademia Italiana del Peperoncino che conta migliaia di associati in tutto il mondo.

Purtroppo i giorni sono trascorsi veloci in quei luoghi splendidi e si arrivati all’ultimo, con visita al borgo di San Lucido, a cinquantasei metri sopra il livello del mare, su un pittoresco sperone di roccia della costiera tirrenica, da cui domina la spiaggia. Caratteristica la Via dei Lampadari, che la sera si popola della movida. L’ultima tappa del nostro viaggio è stata il Santuario di San Francesco di Paola, un articolato complesso che comprende il settecentesco Convento dei Minimi e la Chiesa gotica con facciata rinascimentale nel registro inferiore e barocca in quello superiore. Nel 2000, in occasione del Giubileo, è stata aperta al culto una nuova aula liturgica progettata da Sandro Benedetti, dove Don Matteo ha celebrato la messa. L’imponente organo a trasmissione elettronica computerizzata via-radio, del nuovo Santuario di S. Francesco a Paola, è stato realizzato dalla ditta Mascioni (la stessa che nel 1929 ha costruito l’organo della Chiesa Collegiata di San Gaudenzio di Varallo) nel 2004.

Con il treno alta velocità rientro a Milano Centrale, carichi di ricordi, di profumi e di gratitudine per l’organizzatore Don Matteo e l’Agenzia Avvenire che ha curato in modo impeccabile l’intera logistica del viaggio.

 

Piera Mazzone

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