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Il mio ricordo di Federica Giacobino

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Quando l’editore Zeisciu mi inviò il libro «Carnet Valsesiano» mi chiesi subito a cosa potesse mai riferirsi quel titolo. Poi il grande successo di pubblico già riscosso prima ancora che fosse presentato e il sottotitolo, «Percorsi affettivi in una valle alpina», mi aprirono gli occhi e l’intendimento per afferrare la bellezza e l’unicità di quel volume.

 

Caterina Gromis di Trana (la scrittrice) e Federica Giacobino (illustratrice acquarellista), amiche fin dalla più tenera infanzia, avevano dato voce, anima e immagini a una valle, la loro valle, quella in cui erano nate e cresciute. Entrambe avevano colto in pieno il senso, la natura, la magia della loro terra natia esprimendolo con mirabile potenza rievocatoria grazie alla perfetta fusione di parola e immagine.

L’incipit del «Carnet Valsesiano» di Caterina e Federica non poteva essere più efficace: attenti, dice la scrittrice, stiamo andando verso una montagna sacra ai popoli della pianura, i cui ghiacciai con la loro fusione generano l’acqua per coltivare il riso e la cui massa attira come un polo magnetico ed è guida e punto di riferimento per il viandante. Intanto la pittrice, nel suo primo acquerello, lo dipinge massiccio come una Sainte-Victoire di Cézanne, e, meraviglia, per una volta non all’alba, quando è prolissamente rosa, ma in una fredda mattina di gennaio, un po’ sfumato e come vibrante al pallido sole, quando dai suoi canaloni iniziano a scendere grandi pennellate di ombre azzurre e blu.

Il racconto, come di dovere, comincia da Varallo, il capoluogo della valle, e dal suo ponte sul Mastallone con la statua alla gloria locale, il generale Antonini. Poi il viaggio-magia, senza più arrestarsi, si dipana da luogo a luogo, abbracciando tanto la natura, dai fiori alle piante agli animali e alle stagioni, quanto i luoghi sacri, cappelle, chiese, santuari e i riti secolari che a ciascuno di essi sono associati. Io feci due presentazioni di questo libro magico.

La prima a Villa Musy, venerdì, 12 agosto 2021, in un bel pomeriggio inondato di sole, davanti a un pubblico così numeroso che la gente si era seduta sull’erba e sui muretti di recinzione del giardino di quella signorile residenza. Le copie, pur abbondanti, portate dall’editore, furono esaurite in men che non si dica, dopo la presentazione, con ampio scambio di vedute e di impressioni tra pubblico, relatore, scrittrice e illustratrice. La seconda nel Piccolo Studio della cattedrale Sant’Andrea, a Vercelli, giovedì 7 aprile 2022. Anche in quell’occasione, a sala gremita, la simbiosi rara ed edificante tra testo e immagine si palesò pressoché d’emblée e il pubblico dialogò a lungo con le due creatrici. In entrambe quelle occasioni, riferendomi al mirabile lavoro di illustrazione di Federica, strettamente intrecciato al testo di Caterina, citai il mio caso di apprendista dei capolavori apprestati per noi da Madre Natura, così come descritti nella Thorà.

«All’inizio delle Bibbie cristiane», mi faceva notare il vecchio rabbino che insegnava un po’ di ebraico a chi lo desiderava, «avete tradotto il testo ebraico così: In principio Dio creò il cielo e la terra … E com’è che nel testo ebraico invece Dio non viene prima, ma dopo le cose create?». Non lo sapevo. Non lo sapeva nessuno dei numerosi discenti di quel bravissimo insegnante.

«Perché non si va da Dio alle cose, ma dalle cose a Dio». Io conclusi entrambe le mie due presentazioni con le parole seguenti: «Ecco quanto ci ha insegnato Federica con i suoi acquerelli: a osservare, a capire fin nei minimi dettagli, nelle più svariate sfumature, ad ammirare e ad amare tutte le creature, piante e animali, della sua valle natia, così ben evocati dalla descrizione di Caterina. Chi ne ha poi voglia e fede potrà fare l’ascesi, dalle cose verso chi le ha create». Federica, nel suo bellissimo costume tradizionale, con il sorriso radioso che sempre accompagnava la sua persona, giovane di apparenza e di entusiasmo, mi si avvicinò e, commossa, mi abbracciò. Io voglio ricordarla così, mediatrice tra le cose di questo mondo e quelle di un altro, di pura bellezza, che lei ci ha anticipato. Il «Carnet Valsesiano» è un libro unico nel suo genere e Federica ci ha dato in esso una dimensione inedita, irripetibile della sua arte: quella che mette non solo i colori alle cose, ma infonde loro un’anima che non morirà mai.

 

Sergio Maria Gilardino,

all’alba di lunedì 11 dicembre 2023, nel
Monastero del Morantone,
San Benigno Canavese

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