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«Il Valsesiano al fronte» è diventato un libro

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All’Alpino Aldo Lanfranchini, che in molti conoscono anche per i lavori di ricerca e approfondimento portati avanti e negli anni confluiti in progetti concreti (vedi, solo per fare un paio di esempi, il suo impegno nel recupero della Biblioteca Sezionale intitolata a Mario Tancredi Rossi e, più recente, la collaborazione prestata al Comune di Varallo nell’allestimento della mostra sulla Grande Guerra terminata a gennaio, oltre naturalmente al coinvolgimento fattivo in altri lavori a carattere storico), qualche anno fa era venuta l’idea di raccogliere materiale sui Valsesiani al tempo del primo conflitto mondiale. Raccogliere, certo, sì, ma non solo: ordinare, classificare, selezionare, catalogare.
Per la prima parte di questo progetto gli era venuto in aiuto il Corriere Valsesiano, che vanta una «anzianità di servizio» davvero notevole. Il cav. Riccardo Minoli, cui nel 2014 Lanfranchini aveva illustrato la sua idea, si era mostrato subito molto interessato: «Ti serviranno gli annuari del giornale, usali».
Da lì, da quella immediata e calorosa disponibilità, la seconda parte del progetto: la tabella di marcia compilata da Lanfranchini va via via definendosi nei dettagli. Raccolti articoli, resoconti, lettere che il Valsesiano pubblicava su richiesta degli stessi soldati impegnati al fronte e che raccontavano della vita di chi combatteva per la patria, il passo successivo sarebbe stato quello di farne una «storia», attingendo in special modo a informazioni e notizie poco note che di anno in anno, parallelamente all’andamento degli eventi bellici, comparivano sul nostro giornale. E che il nostro giornale, quello di adesso cioè, avrebbe pubblicato quasi cento anni dopo ricordando quel che era successo un secolo prima e analizzando il modo in cui fatti ed episodi ed esperienze erano stati vissuti dalla nostra gente.
Ad affiancare Lanfranchini in questa lunga e articolata ricerca e, poi, nel successivo collage, c’è un altro alpino, Emilio Stainer, di Alagna: con l’entusiasmo e anche la freschezza dei suoi 90 anni e rotti dà un bel contributo a questa idea, che si dipana e si concretizza, mese dopo mese, con naturalezza e sistematicità.
Dal 2014 a oggi, anzi, a venerdì 2 novembre 2018, proprio in concomitanza con le celebrazione del Centenario della fine della Grande Guerra, il Corriere Valsesiano ha infatti dato spazio alle pagine che grazie al meticoloso e puntuale lavoro delle due Penne Nere si sono man mano costruite (una settantina in tutto, qui ne vedete una tra le ultime, proposte proprio sull’edizione del 2 novembre scorso).
Non sarebbe però stato abbastanza, sarebbe stato un peccato fermarsi lì. E non fare quel passo in più. Cioè pensare a una ulteriore raccolta: di tutte queste pagine del «Valsesiano al fronte» riunite in una pubblicazione.
Un volume unico, insomma. Una narrazione a puntate che finisca per tradursi in un’unica storia: quella, appunto, dei Valsesiani al fronte.
L’idea di Lanfranchini da qualche giorno è diventata un libro: 73 pagine, con l’introduzione dello storico Enzo Barbano, la presentazione dello stesso Lanfranchini e stampa della Tipolitografia di Borgosesia. A partire da venerdì 1 marzo sarà disponibile nelle edicole di Valsesia e Valsessera al prezzo di 12 euro.
«Una bella esperienza, importante per quello che mi ha dato e per quello che sfogliando le vecchie edizioni del Valsesiano sono riuscito a trovare» dice Aldo Lanfranchini. «Leggendo i diversi articoli e le lettere, mi sono passati sotto gli occhi le vite, gli animi, gli amori di tanti dei nostri conterranei. I ragazzi che scrivevano per fare avere a casa notizie di sé, per far sapere che erano ancora vivi e che pensavano alla famiglia. Ho scoperto la storia di mio nonno materno, Pietro Motta. Non così come me l’aveva raccontata lui, o forse come io me la ricordo dai suoi racconti. Il nonno Pietro era stato fatto prigioniero in Bosnia, e là lavorava come muratore».
«Quello che mi colpito di più» aggiunge «è la valsesianità che traspariva da ogni scritto, da ogni parola che giungeva dal fronte. Dove i soldati valsesiani parlavano tra loro il dialetto, la lingua che li faceva nonostante tutto sentire a casa, in famiglia, tra compaesani: l’esprimersi in dialetto li teneva uniti in mezzo a quella tragedia che era la guerra».
«Una pubblicazione» conclude Lanfranchini «che in Valle mancava e che permetterà di dare uno sguardo approfondito e anche affettuoso a quegli anni tremendi, che videro molti giovani valsesiani coinvolti ovviamente insieme alle loro famiglie lontane».

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