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La chiesa di San Giorgio a Valduggia gremita per l’ultimo saluto a Massimo Cerri

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SERRAVALLE – “Ciao quasi coscritta”: un sorriso aperto, il camice bianco svolazzante, Massimo attraversava la strada per venirmi incontro e salutare, sempre affabile e cordiale. Sarà difficile ora passare di lì, quasi al fondo di corso Matteotti, e pensare che non si affaccerà, ma, forse, avverrà come nella poesia di Edgar Lee Master, Dippold l’Ottico, l’unica a non essere un epitaffio, scritta tutta al presente, incentrata su un ottico, che cura i suoi pazienti sanando la loro incapacità di vedere.

Massimo si interponeva tra una lente e l’altra, ben conscio del fatto che non tutti guardiamo il mondo allo stesso modo, era…un mercante di luce: “Questa va meglio. “E adesso?/ Un libro./Leggetemi una pagina./Non posso. Gli occhi mi sfuggono al di là della pagina./ Provate questa lente./ Abissi d’aria./ Ottima! E adesso?/ Luce, soltanto luce che trasforma il mondo in un giocattolo./ Benissimo, faremo gli occhiali così”.
Oggi è come se Massimo fosse nuovamente lì, con il suo sorriso luminoso, senza più traccia di quella sofferenza che veniva da un male subdolo che l’ha stritolato in pochi mesi, ed è come se sussurrasse: “Aprite gli occhi, vedrete che sono nella luce”. Forse lui era un ottico stanco di consentire ai suoi clienti di vedere semplicemente cosa stava loro intorno, che voleva fare occhiali speciali che aiutassero la gente a vedere oltre la realtà, voleva regalare il potere di cambiare il mondo in modo creativo, non possiamo offuscare questo dono con lacrime di tristezza, ma cercare la Luce, quella autentica, che Lui ci indicava.

Papà Francesco certo non si sarebbe aspettato di accoglierlo così presto in quell’abbraccio senza fine, eppure questi tre anni sono volati: aveva avuto molto da fare per consolare la sua Silvana, accompagnare i nipoti Edoardo ed Emma nella vita, ma era rimasto nei dintorni per dare una mano a quel figlio del quale era fiero, che aveva ereditato la passione per la luce, ma non scriveva con la luce, l’aveva studiata in tutte le sue declinazioni, trasformando il negozio in “Ottica Cerri”. Con Massimo aveva combattuto quella battaglia contro la malattia inesorabile, poi aveva capito che niente succede per caso e che insieme avrebbero dovuto aiutare chi è ancora in cammino, sostenere Grazia, che è diventata il baricentro della famiglia, ha preso il testimone e lo porta con coraggio.

La chiesa di San Giorgio, a Valduggia, era colma, come gli occhi delle persone: lacrime trattenute a fatica, parole che non si riuscivano ad articolare, una folla si stringeva accanto alla mamma Silvana, alla moglie Grazia e ai due figli, per manifestare l’affetto di due Comunità attonite per quanto era successo, neppure lo splendore del polittico di Gaudenzio era sufficiente per trasportare il mio cuore più in alto, per salutare quell’amico trasformato in pura luce.

 

 

 

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