Attualità
Luca Nannipieri ospite a Biella e a Vercelli
Luca Nannipieri, critico d’arte, storico dell’arte e scrittore italiano, martedì 11 giugno al Museo Leone di Vercelli e mercoledì 12 giugno a Biella, ha presentato il suo ultimo libro: Che cosa sono i classici, che definisce il principio dell’impermanenza dei classici, che, come ogni fenomeno mentale o reale, sono soggetti a evoluzione, a distruzione, si modificano continuamente e non hanno consistenza nel tempo.
Luca Nannipieri ospite a Biella e a Vercelli
Luca Brusotto, Direttore Museo Leone, presentando il relatore, ha osservato che lo stesso Museo Leone è un esempio di “classico”, che negli anni Settanta era “andato in ombra”, dimenticato dalla città, poi era risorto, rivitalizzato e riattualizzato, acquistando un ruolo di primo piano nella vita culturale di Vercelli: “La stessa Casa Alciati è stata molte cose nel corso della storia: nella seconda metà dell’Ottocento ha ospitato magazzini, attività artigianali come quella del materassaio, e ora, come il Museo è tenuta viva dalla passione di chi ci lavora e soprattutto dai finanziamenti che riceve”.
Retaggio degli insegnamenti scolastici è il concetto di classico come di qualcosa che rimane fermo nel tempo, mentre gli uomini procedono nella storia, è stato insegnato che i classici sono opere immortali, ma se si guarda la storia delle civiltà, si constata che la caratteristica più inesorabile delle opere umane è proprio la loro mortalità, o “carsicità”, infatti per Italo Calvino il classico è un’opera “che non ha mai finito di dire quello che deve dire”, può anche scomparire, ma poi riaffiora e riprende a parlare.
Nannipieri ha richiamato l’etimo di “classico”, dal latino “classicus” che significa: della prima classe di cittadini, ma esiste anche il significato di segnale di tromba, sottolineando che qualcosa di quell’etimo rimane nel termine moderno: “Stai attento, presta attenzione alle cose che contano, che stanno al primo ordine”, avvertendo però che le opere degli uomini non stanno mai ferme: “Universalità e immortalità sono due grandi equivoci intorno alle opere degli uomini”.
Il Partenone di Atene, che una parte dell’Occidente considera intoccabile patrimonio dell’umanità, ha mutato costantemente le sue forme nei secoli, divenendo tempio, chiesa, moschea, magazzino, rovina, spazio musealizzato.
La storia racconta che può conoscere seppellimenti, esattamente come le cosiddette meraviglie del mondo antico, delle quali sopravvive soltanto la Piramide di Cheope, mentre le altre sono andate perdute.
Lo stesso Colosseo ha avuto diversa considerazione a seconda delle epoche: nelle incisioni del Piranesi erano maestose rovine tra gli sterpi, nel 1929 era stato colmato dagli Alpini che vi celebravano l’Adunata Nazionale.
In letteratura Nannipieri ha citato Callimaco ed Eraclito, tanto osannato, ma del quale ci sono rimasti solo dei Frammenti, così come il De rerum naturae di Lucrezio è stato riscoperto quindici secoli dopo da Poggio Bracciolini, l’umanista quattrocentesco. Klimt realizzò un ciclo di opere per l’Aula Magna dell’Università di Vienna, ma i tedeschi di Hitler bruciarono quel palazzo considerando quelle opere oscene. Dalle fotografie in bianco e nero oggi, grazie alla tecnologia, è possibile ammirare una ricostruzione virtuale.
Per spiegare l’evoluzione della storia degli uomini Nannipieri ha citato una bellissima favola di Oscar Wilde: “Il principe felice”, in cui la statua del principe si spoglia di tutte le sue ricchezze, pietre preziose e lamine d’oro, incaricando una rondine di portarle a chi ne ha veramente bisogno. La rondine per eseguire quel compito non migrerà e morirà per il freddo, la statua rimasta nuda verrà considerata brutta e quindi fusa, ma entrambi saranno immortali per Dio: “Nel mio giardino del Paradiso questo uccellino canterà per sempre, e nella mia città d’oro il Principe Felice pronuncerà le mie lodi”.
La storia, il trascorrere delle epoche, la diversità dei popoli, delle culture, delle tradizioni, dei conflitti, degli interessi, mutano le sorti dei classici: “Esistono soltanto i classici temporanei che, come pietre miliari, si stabilizzano su strade chiamate canoni, ma il tempo, la geografia e le determinazioni dei popoli portano inevitabilmente a seppellire certe pietre, certe strade, e a farne sopravanzare e costruire altre. Queste opere, queste strade seppellite non sono morte: a differenza dei corpi biologici che nascono e poi trovano sepoltura, l’impermanenza dei classici non dimostra la loro morte, ma soltanto la loro transitorietà. Tutto può diventare un classico e poi smettere di esserlo: dalle statue antiche alla minigonna, da certi fumetti a taluni luoghi che, pur non avendo nessuna intenzione all’origine di sopravvivere al tempo, sono diventati classici temporanei a seguito di eventi extra-ordinari, spesso drammatici, che li hanno resi tali, come ad esempio Auschwitz, la cupola del palazzetto della prefettura di Hiroshima, o la torre idrica di Vukovar in Croazia, simbolo della guerra jugoslava”.
Nel 2001, la distruzione dei due Buddha di Bamiyan impressionò profondamente la comunità mondiale. Si pensava che questi maestosi testimoni della pluralistica storia dell’Afghanistan fossero immortali: “La loro classicità è il fatto che non ci siano più, la loro assenza implica l’essere diventati classici, prima non molti li conoscevano, adesso sono diventati patrimonio comune”.
Nannipieri ha risposto alle domande del pubblico ricordando che: “Siamo noi che vogliamo che certe opere persistano, che le facciamo vivere: quello che ci interessa deve restare. Non possiamo però pensare che le cose tramandate dal passato siano semplici pacchetti da consegnare al futuro: occorre che siano amate, conosciute, che i valori siano riattualizzati, altrimenti fatalmente saranno destinate all’oblio”.
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