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Un successo a Varallo la presentazione del libro di Massimiliano Caldera e Cecilia Castiglioni
VARALLO – Sabato 26 ottobre, la Sala Conferenze di Palazzo Racchetti, sede della Biblioteca Civica “Farinone-Centa”, era gremita per la presentazione del volume: La cappella di Cristo al tribunale di Erode al Sacro Monte di Varallo. Studi e restauri intorno a Tanzio, curato da Massimiliano Caldera e Cecilia Castiglioni.
Un successo la presentazione del libro di Massimiliano Caldera e Cecilia Castiglioni
Il testo raccoglie una ventina di saggi, scaturiti dai risultati dei restauri ministeriali presso la cappella, che propongono contributi inediti su Tanzio e Giovanni d’Enrico, riletti alla luce delle importanti novità emerse nel corso dei lavori. Nella cappella XXVIII, con un altro finanziamento ministeriale, sono in corso i restauri dei parati esterni che si concluderanno a dicembre e stanno riservando alcune “belle sorprese”, come ha osservato Cecilia Castiglioni. La metodologia di restauro è illustrata nel saggio di Emanuela Ozino Caligaris e Anna Borzomati: “Seguendo la teoria di Cesare Brandi è l’opera a dettare l’intervento e non il contrario”. Il volume costituisce un dittico ideale con quello relativo al restauro della cappella XIII del Sacro Monte di Orta dedicato all’Umiltà di San Francesco, curato dagli stessi autori. Entrambi i testi hanno proposto significative novità: per Orta la comprensione del tema iconografico, a lungo frainteso, per Varallo l’acquisizione critica dell’attività di Tanzio scultore.
Al saluto dell’Assessore Roberta Bonazzi è seguito quello del Presidente del Consiglio di Biblioteca, Aristide Torri, che ha sottolineato il rinnovato interesse verso il Sacro Monte che ha caratterizzato questi ultimi vent’anni in cui si sono succeduti numerosi ed importanti interventi di restauro.
La presentazione è stata affidata a Carla Falcone, storica dell’arte, già direttore conservatore della Pinacoteca di Varallo, che ha analizzato ogni saggio proponendo interessanti ed inediti confronti nelle immagini proiettate. Falcone ha sottolineato come la curatela sia stata ferma ma gentile, indirizzando gli autori a scrivere testi scientificamente ineccepibili, ma di chiarezza divulgativa: “E’ un volume molto denso che vale la pena di commentare, sottolineandone almeno gli aspetti di maggiore novità”.
Cecilia Castiglioni nel saggio che apre il volume scrive che la cappella ha subito una modifica che si deve alla visione controriformistica, la stessa che mutò la facies del Sacro Monte delle origini di padre Bernardino Caimi. Ripercorrendo la storia del complesso varallese, sottolinea l’importanza del genio di Gaudenzio Ferrari e si sofferma sul progetto di rinnovamento di Galeazzo Alessi e del suo collaboratore Martino Bassi (dal 1565 al 1572 circa) che prefigura la piazza dei Tribunali nella quale sorge la cappella XXVIII. La scoperta fondamentale è stata quella di Tanzio scultore: Massimiliano Caldera e Marina Dell’Omo ricostruiscono l’organizzazione del cantiere e rilevano una qualità stilistica assai più alta in alcune statue: “Spicca la differenza tra Pilato ed Erode, il primo di mano di Giovanni, il secondo riferito in modo convincente a Tanzio”. La conferma documentaria giunge dagli studi di Alessandra Casati, che, analizzando in dettaglio i documenti recentemente pubblicati, riconosce la qualità di alcune sculture, assai più vive ed intense nell’espressione dei ‘moti dell’animo’, da riferirsi quindi ad Antonio anziché a Giovanni, ed ipotizza che Tanzio abbia già dato suggerimenti a quest’ultimo prima dell’attività al Sacro Monte, tornando per brevi soggiorni in Valsesia durante il periodo in centro e sud Italia. Filippo Maria Ferro sottolinea l’unicità del lavoro d’equipe dei fratelli d’Enrico, attivi in tre cappelle: Cristo per la prima volta davanti a Pilato (XXVII, 1616-1618 circa), Pilato si lava le mani (XXXIV, 1617-1619 circa) e Cristo al tribunale di Erode (XXVIII, 1619-1629 circa) nelle quali si ritrova quell’unità formale e semantica tra pittura, scultura e architettura alla base della lezione di Gaudenzio Ferrari e del concetto stesso di Sacro Monte.
Caldera osserva che: “Le cappelle in cui operò Tanzio assumono un aspetto fastoso, saturo, pieno, trionfale”, mentre Elena De Filippis ricorda le prescrizioni del vescovo Bascapè a Morazzone, affinché tenesse presente il modello di Gaudenzio Ferrari e come le fisionomie dei personaggi ricorrano identiche in cappelle diverse ad opera di artisti differenti.
Massimiliano Caldera e Cecilia Castiglioni, entrambi funzionari della Soprintendenza piemontese, chiudendo la presentazione, hanno portato i saluti del Soprintendente e rimarcato l’eccellente lavoro d’équipe condotto dai funzionari, dal personale dell’Ente di Gestione dei Sacri Monti, dai restauratori e dalla Ditta che ha eseguito i lavori: “Che ha portato questa ricchezza di documentazione e di conoscenza, permettendo di riscontrare la perfetta continuità tra dipinti e sculture, come c’era in Gaudenzio”, sottolineando come il viaggio compiuto da Tanzio a Roma e a Napoli sia stato fondamentale per la sua formazione e volutamente ricalcato su quello gaudenziano. Al ritorno l’artista valsesiano, percorrendo la via Adriatica, probabilmente passò per Venezia: l’intreccio in diagonale della tela su cui è dipinto il più antico David della Pinacoteca, tipico della città lagunare, potrebbe essere un indizio in tal senso. Cecilia Castiglioni ha concluso parlando del “convitato di pietra”: Melchiorre d’Enrico, il cui ruolo si ridimensiona, forse limitandosi ad aspetti meramente organizzativi.
Attendiamo dicembre per continuare il discorso sulla cappella di Cristo al tribunale di Erode, complimentandoci per l’eccellente lavoro svolto e per l’opera di comunicazione che ha coinvolto i varallesi e non solo.
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