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Massimo Bonola parla della Valsesia dell’anno Mille

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Massimo Bonola parla della Valsesia dell'anno Mille

Un viaggio a ritroso nel tempo accompagnati dal socio Lions Massimo Bonola, storico e filosofo, ha condotto nella Valsesia di mille anni fa, quando la cancelleria di Corrado II, re di Germania, (che sarebbe diventato Imperatore del Sacro Romano Impero), il cui nome per i tedeschi significa “consigliere audace”, dalla residenza di Costanza scrisse su una pergamena un decreto di donazione al vescovo di Novara, Pietro III, che riguardava alcuni territori tra Sesia e Ticino, citando ventuno toponimi, compresi tra Vespolate e Otro, tre dei quali sono in Valsesia: il ponte de Varade, la rocca di Uberto e l’alpe di Otro, che esisteva dunque già tre secoli prima della colonizzazione walser di Alagna. Il re firma non con il nome, rappresentato nel sigillo, ma con il “signum”, il trattino centrale, che garantisce l’autenticità del decreto.

Massimo Bonola parla della Valsesia dell’anno Mille (1025-2025)

Questo “dialogo” sul “documento del Millennio” che oggi di trova all’Archivio di Stato di Novara, ma per molti secoli fu custodito dai Canonici di San Giulio d’Orta, pubblicato nel 1933 dallo studioso di Storia del Diritto Carlo Guido Mor si incentra sull’”investitura feudale” fatta dal re al vescovo. Corrado II non venne mai in Valsesia, tra Spira, sede della corte regia e poi imperiale, e Novara, ci sono settecento chilometri, eppure i luoghi sono indicati in modo preciso, tanto che oggi, dopo mille anni, sono tutti identificabili. Il testo, presumibilmente, fu dettato dal vescovo di Vercelli, Leone di Hildeshein, che ben conosceva il territorio. Quei luoghi furono confiscati ai conti di Pombia, Uberto e Riccardo, entrambi vassalli dell’impero, che qualche anno prima si allearono con Arduino d’Ivrea, autoproclamatosi re d’Italia, usurpando il titolo all’imperatore. Si scatenò una sanguinosa guerra durata dodici anni, conclusa con la morte di Arduino nel monastero di Fruttuaria. I vescovi di Novara e di Vercelli erano rimasti fedeli all’impero e quindi furono premiati. Di fatto però i Conti di Pombia controllarono il vescovado di Novara per mezzo secolo, prima con Gualberto, eletto vescovo di Novara a gennaio del 1032, che rimase in carica fino alla morte nel gennaio del 1039. Gli successe il nipote Riprando, figlio del Conte Uberto di Pombia, nonché fratello del Conte Guido, che fondò l’Abbazia dei Santi Nazario e Celso di San Nazzaro Sesia (1040 circa). Morì a Novara il 21 dicembre 1053.

Bonola ha spiegato come quei “doni” fossero assai importanti: il ponte significava diritti i pedaggio, dazi sulle merci in transito, diritti sulle acque, diritti di pesca, sui mulini, lavatoi, rogge: “Il valore del ponte è deducibile considerando che nel 1163 Guido III di Biandrate riacquisisce i diritti sul ponte, permutandoli con i diritti sull’Alpe Sorbella di Rossa, che consentiva di mantenere cento/centoventi bovini al pascolo per tutta l’estate”.

Il documento parla solo del ponte: “Varallo non c’è, era solo un luogo di passaggio verso la Val Grande, Val Mastallone e Val Sermenza”.
La Rocca di Uberto era un presidio militare sopra Roccapietra, una struttura lunga centoventi metri, larga venti, protetta da muri, con una cisterna per l’acqua, una piccola cappella e una torre.
“Che cosa successe dopo? Non lo sappiamo: le disposizioni del decreto, almeno per la Valsesia non furono attuate (Le ragioni sono ancora oggi molto discusse tra gli studiosi) e, di conseguenza i conti di Biandrate, ancora in possesso dell’alpe di Otro, la poterono donare a Cluny nel 1083.

La cosa certa è che questi tre luoghi donati insieme non avranno nessun destino comune”.

Al relatore sono state poi poste domande alle quali ha risposto, precisando alcuni concetti sui guadi: “Che non generano documentazione scritta, come invece succederà nella stagione dei ponti”. Il ventaglio degli alpeggi da Meggiana a Otro, tutti di proprietà abbaziale o dei Biandrate, secondo Bonola è un argomento molto interessante da studiare, ma impegnativo, perché: “Il Medioevo non è così facile da addomesticare”.

Piera Mazzone

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