Attualità
Nell’oratorio di S. Bernardo a Scopello riaffiora un eccezionale ciclo di affreschi
In occasione dei festeggiamenti per il millennio della nascita di San Bernardo di Aosta (la datazione oscilla tra il 1017 e il 1020) la parrocchia di Scopello ha voluto valorizzare l’oratorio dedicato al santo patrono degli Alpinisti e Montanari che si trova sulla strada carrozzabile che sale all’Alpe di Mera, poco fuori dall’abitato, nella frazione Ordarino. L’occasione, attraverso un intervento di restauro, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli (del dott. Massimiliano Caldera e della dott. Benedetta Brison) ha permesso di portare alla luce un ciclo di affreschi di eccezionale interesse e altissima qualità finora sconosciuto. Ed è proprio alla dott. Brison che lasciamo lo spazio per farci raccontare tutto nei dettagli.
L’oratorio, di antica fondazione, è stato rimaneggiato più volte nei secoli, in particolare all’inizio del XIX secolo l’apparato decorativo è stato completamente rinnovato. Fino a qualche mese fa, infatti, l’abside si presentava completamente ridipinta con motivi a finto marmo verde riquadrato da righe; il catino absidale era decorato al centro da una ghirlanda di fiori su fondo blu. Tuttavia, nascosta dall’altare di legno, era possibile intravedere la parte terminale di un affresco più antico. D’accordo con il parroco, don Marco Barontini, la restauratrice Daniela Pezzolato è stata autorizzata a eseguire delle stratigrafie a bisturi partendo dalla fascia mediana dell’abside dove si è subito identificata la Madonna in trono con il Bambino; successivamente sono apparsi a destra San Bernardo, San Gottardo e San Secondo di Asti, il cui culto è attestato anche sulla facciata esterna della cappella di Oro di Boccioleto; a sinistra del trono le figure di Sant’Antonio Abate, San Giovanni Battista e San Sebastiano, alcuni di essi identificabili anche grazie alle iscrizioni. Sopra l’immagine di San Secondo è venuta alla luce un’epigrafe con la dedicazione dell’edificio a lode di Dio e in onore di San Bernardo da parte degli abitanti “de Oro Quarini” (probabile antico toponomastico del luogo) e una data, la cui ultima cifra risulta abrasa, ma che presumibilmente, dalle tracce rimaste, si potrebbe leggere come 1473. L’iscrizione, chiaramente ripassata, termina in basso con “hoc opus”, locuzione alla quale forse seguiva il nome dell’artista, purtroppo perduto. Proseguendo i saggi anche nel catino absidale, dove si intravedeva solo un piccolo lacerto di colore rosso, non si immaginava sicuramente di ritrovare una Maiestas Domini con i simboli dei quattro Evangelisti: questa porzione di affresco è apparsa subito qualitativamente superiore a quella inferiore e in ottime condizioni di conservazione, con pochissime cadute di colore e leggerissime decoesioni.
È stato quindi completato il descialbo, condotto a bisturi e acqua distillata con rifiniture a fibra di vetro in penna con refil; alcuni piccoli lacerti di calce rimasti tra gli interstizi delle pennellate sono invece stati rimossi con impacchi di gel Ab57 in CMC e carta di riso (grammatura 17); i distacchi degli intonaci, quantunque contenuti, sono stati consolidati inserendo resine e maltine idrauliche; infine la restauratrice è intervenuta sul petto del San Gottardo, segnato da due crepe e lungo tutto il bordo inferiore dell’affresco, dove sono stati rilevati distacchi probabilmente causati dall’umidità di risalita. Le poche lesioni presenti sono state trattate a neutro. Al termine dei lavori di descialbo e consolidamento si è scelto di non fare alcuna integrazione cromatica.
L’intero apparato decorativo è eseguito a buon fresco. Sono stati eseguiti la mappatura e il rilievo per l’identificazione delle giornate di lavoro attraverso la differente sovrapposizione degli intonaci. La parete absidale è stata dipinta precedentemente al catino secondo il seguente schema: la Vergine in trono insieme a San Bernardo a destra e a San Antonio Abate a sinistra (1 giornata); il diavolo posto sotto i piedi di San Bernardo (1 giornata); San Gottardo (1 giornata); l’iscrizione con la data (1 giornata); San Secondo (1 giornata); San Giovanni Battista (1 giornata), San Sebastiano (1 giornata). Mentre l’intera Maiestas Domini sembra sia stata eseguita in un’unica giornata, oppure le giunte tra le diverse giornate sono state ricucite in maniera talmente mimetica da renderle quasi indistinguibili.
Osservando l’affresco nella sua interezza appare subito evidente come l’ordine inferiore con la Vergine e i Santi e quello superiore con la Maiestas Domini spettino a due pittori differenti: più raffinato e aggiornato l’autore della Maiestas Domini, ancorato a una cultura più locale l’autore della Vergine e i Santi.
Cercando di inserire il ciclo dell’Ordarino in un contesto figurativo e cronologico si possono individuare alcuni termini di confronto: uno compositivo con la cappella di San Giovanni a Piana di Rossa, i cui affreschi sono attribuiti al Maestro di Quarona; l’altro più propriamente stilistico e culturale nei diversi cicli pittorici realizzati in Valsesia e nel novarese da Johannes De Campo e bottega. Come già osservato da Donata Minonzio il Maestro di Quarona e Johannes De Campo operano entrambi nella cappella di San Pantaleone a Oro di Boccioleto, dove il De Campo è attivo nel 1476. In questo senso appare piuttosto significativo il confronto tra l’angelo di San Matteo dell’Ordarino e gli angeli musicanti dipinti a Oro con la stessa fiammella rossa sulla fronte; il gesto della mano è simile a quello compiuto dall’angelo in un’altra Maiestas Domini, quella della chiesa dei Santi Nazzaro e Celso a Caltignaga-Sologno, altro noto brano attribuito al De Campo. Il bue di San Luca dell’Ordarino è figlio di quelli che a Oro tirano il feretro della Beata Panacea, mentre l’aquila sembra tratta dallo stesso cartone usato a Rossa in controparte. Il morbido volto di Cristo richiama alla memoria quello dipinto da De Campo nel battistero di Novara; se il modello potrebbe essere stato questo va però osservato che il confronto è ancor più stringente con il Cristo dipinto a Rossa, la cui figura è perfettamente sovrapponibile a quella dell’Ordarino per la forma delle orecchie, la piega dei capelli, la foggia della barba e l’ombra sul collo, ma uguale è anche il nodo che stringe la veste, il modo in cui il manto ricadendo lascia scoperti i piedi, identica la ferita che si apre nel costato. Utile in tal senso è anche il confronto tra il volto del Cristo svelato sotto scialbo e quello dell’ultimo santo in basso a destra dipinto a Rossa. Con altri cicli del De Campo e bottega l’abside dell’Ordarino condivide il motivo a squame e le cornici a fasce verdi e blu con filetti bianchi che decorano il fondo della Maiestas Domini, assai simili a quelli della cappella della Madonna del Ponte a Cunaccia di Fervento.
Ma ciò che rende unico l’oratorio di San Bernardo di Scopello è l’altissima qualità pittorica (va detto grazie anche all’eccezionale stato di conservazione). All’Ordarino tutto il catino absidale è pervaso da un morbidezza che avvolge e lega le figure, rese più per toni cromatici che per linee grafiche. I riverberi luminosi sulla veste e sulle ali dell’angelo, il cangiantismo giallo-verde della veste del Cristo, la mansuetudine degli animali accovacciati, sono tutte elementi riconducibili alla temperie tardo gotica lombarda, giunta chissà per quale via in Valsesia con il ritardo che connota i territori più periferici. Verrebbe da immaginare un viaggio dell’artista a Castiglione Olona a guardare gli angeli di Masolino e peccato che il nostro pittore non ci abbia lasciato un brano di paesaggio valsesiano da poter confrontare con i monti del varesotto.
Più difficile trovare un termine di confronto stilistico per la Vergine e i Santi dell’ordine inferiore, opera di un’artista culturalmente meno aggiornato che per il momento non sembra attestato altrove in Valsesia. Come già accennato si può solo rilevare una somiglianza di impaginazione con la cappella di Rossa e per il particolare dettaglio del cartiglio che gira intorno alla testa del santo a formare un punto interrogativo, con il San Giovanni Battista dipinto da De Campo a Caltignaga – Sologno. Ma chissà se spetta a lui l’idea del Bimbo con la manina sul ginocchio in una posa non convenzionale o la minuziosità con cui ha decorato a rilievo la mitra di San Gottardo.
Ad ogni modo quella dell’Ordarino resta una scoperta di notevole rilievo storico artistico per un paese come Scopello che, cresciuto attraverso il turismo e la villeggiatura legati allo sci all’Alpe di Mera, può ora mostrare una parte della sua antica storia religiosa e artistica, rimasta nascosta per almeno due secoli. Oltre al recupero di una pregevole opera pittorica, questo intervento di restauro ha permesso di conoscere l’antico toponomastico della frazione scopellese. Nei prossimi mesi la Parrocchia intende valorizzare questa meravigliosa opera rendendola fruibile ai visitatori che potranno ammirare i dipinti anche dall’esterno, attraverso un adeguato impianto di illuminazione. L’auspicio è che i lavori di restauro possano proseguire sulle restanti pareti interne ed esterne dell’oratorio.
Benedetta Brison
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