Attualità
No Other Land al Cinema Sottoriva di Varallo

La Sezione ANPI Varallo e Alta Valsesia lunedì 17 marzo al Cinema Sottoriva di Varallo, ha proposto la visione del documentario: No Other Land, opera di un collettivo israelo-palestinese: Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal, Rachel Szor, che ha filmato per quasi dieci anni le operazioni di espulsione forzata degli abitanti di Masafer Yatta in Cisgiordania da parte delle forze di difesa israeliane per costruirci un poligono di tiro e zona d’addestramento militare.
No Other Land al Cinema Sottoriva di Varallo
Le riprese mostrano la distruzione delle case e gli abusi subiti dalla comunità palestinese dei territori occupati, condotti tra il 2019 e il 2023, settembre, con un’appendice dopo il 7 ottobre, in cui si vedono gruppi di coloni israeliani occupare i territori da cui la popolazione palestinese era stata cacciata, scontrandosi, con la protezione dell’esercito, con coloro che avevano resistito allo sfratto forzato ed erano rimasti a presidiare quei luoghi.
No Other Land si apre con la sentenza della Corte Suprema d’Israele che respinge il ricorso pluridecennale degli abitanti di Masafer Yatta, non riconoscendo l’esistenza della località, che pur era attestata sulle carte geografiche dal XIX secolo.
Il gruppo di attivisti palestinesi, sostenuto da membri israeliani, documenta la propria lotta contro la missione israeliana. L’amicizia tra Basel Adra, un giovane palestinese, laureato in legge e il giornalista israeliano Yuval Abraham, si oppone all’odio. I due giovani, separati dal fatto di essere l’uno libero di andare e venire, l’altro confinato in un territorio da cui lo si vuole estromettere, attraversa varie fasi, anche in relazione all’evolversi della situazione esterna: all’entusiasmo iniziale di Yuval e alle scene in cui i due, in auto, ridono e scherzano come due ventenni qualunque, subentra la consapevolezza della difficoltà, se non dell’impossibilità, di cambiare in qualche modo lo stato delle cose, pur facendolo dall’interno; Basel in particolare, dopo quattro anni di lotta e di resistenza sulle orme paterne, è preso da una sorta di rassegnazione e sembra voler abbandonare il campo tornando a ciò che dà da vivere alla famiglia, la pompa di benzina che si vede nella scena iniziale, nel momento in cui il padre viene arrestato.
Il documentario ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, dei quali il più recente è il trionfo ai Premi Oscar 2025 come miglior documentario. Alla consegna degli Oscar il giornalista israeliano Yuval Abraham disse: “Abbiamo fatto questo film, palestinesi e israeliani, perché insieme possiamo essere una voce forte, ci vediamo. La distruzione di Gaza deve finire. Gli ostaggi devono essere liberati. Quando vedo Basel, vedo mio fratello, ma viviamo in un regime in cui io sono libero e lui non lo è. C’è una soluzione politica che non prevede la supremazia etnica, che può riconoscere i diritti di tutti. La politica estera di questo paese [gli Stati Uniti, ndr] sta ostacolando questa strada. Perché? Siamo tutti interconnessi, la mia gente è al sicuro solo se la sua gente è al sicuro e libera. Non è troppo tardi”.
Sara Montanari, Presidente ANPI Varallo e Alta Valsesia, promotrice dell’iniziativa, ne ha illustrato lo “spirito di pace”, dando la parola ad una giovane studentessa del liceo linguistico di Varallo, Emma Bolzoni, che, lavorando con altre giovani donne, ha colto l’occasione per parlare di dialogo e di pace, estesa alle troppe guerre che purtroppo sono in atto, di cui molte non hanno nessuna copertura mediatica e quindi restano ai più sconosciute.
Norberto Julini, coordinatore nazionale di Pax Christi – movimento cattolico internazionale per la pace – ha parlato parlando di un film che pone molte domande e non offre risposte: “Avevo già visto questo film, conosco Basel e la sua famiglia, ogni anno organizziamo dei viaggi di pellegrini di giustizia in quei luoghi martoriati con Un ponte per Betlemme. Anche quest’anno, tra il 14 e il 21 luglio, organizziamo un viaggio aperto a tutti, un invito ad essere testimoni di un’ingiustizia”. Per Julini la soluzione è inevitabilmente la convivenza tra i due popoli: “Che io per ragioni anagrafiche non vedrò: quella situazione va avanti da decenni: è inutile essere impazienti, se qualcosa dovrà cambiare ci vorrà un bel po’ di tempo, e di vite e di lotte. Ognuno è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità, sancite dal diritto internazionale. Il colonialismo di insediamento ha sempre guidato i governi israeliani, salvo la breve parentesi del 1993-94, ma ora è indispensabile il riconoscimento reciproco dei due popoli, che nasce dalla convivenza. L’Italia dovrebbe riconoscere il diritto del popolo palestinese di avere uno Stato suo”.
Irit Ben Moshe, attivista israeliana, che oggi vive a Varallo, ha portato la sua testimonianza di dialogo: “Sono nata lì, sono israeliana: dove devo andare? Non sono d’accordo con il governo attuale d’Israele, il principio che mi guida è la difesa e il rispetto per la vita umana, la non violenza è l’unica salvezza: al di fuori ci sono solo rovine”, chiedendo che: “Entrambi i governi si impegnino in un cambiamento che parta dai programmi educativi, in modo che si smetta di avere paura uno dell’altro”.
Dal pubblico sono venuti numerosi interventi e testimonianze, proposte di dialogo alle quali si darà un seguito con altre iniziative, preannunciate da Sara Montanari e delle quali presto si darà notizia.

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