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Progetto Caffè Alzheimer: l’utilizzo e l’utilità della musicoterapia
Sono ripresi venerdì 11 gennaio, dopo la pausa natalizia, gli incontri del progetto «Caffè Alzheimer», mirato alla sensibilizzazione su questa delicata materia e al sostegno di tutte le persone che si trovano coinvolte nella gestione e nell’assistenza di persone colpite da questa patologia.
Il primo incontro del 2019 ha avuto come tema «Le terapie non farmacologiche: la musicoterapia», tenuto dal dottor Niccolò Cattich (nella foto), neurologo, psichiatra ed esperto che applica la musica come terapia da molti anni. A presentare l’appuntamento la dott. Irene Orsi, psicologa del Centro Diurno Alzheimer di Portula.
«In musicoterapia viene utilizzata la comunicazione del linguaggio sonoro-musicale» ha spiegato Cattich, «dai linguaggi musicali più semplici fino a quelli più complessi, di musica vera e propria. Questa terapia ha diverse finalità, può essere impiegata per il trattamento in tantissimi contesti, e questo perché il suono, essendo uno stimolo, è risultato interessante per l’uomo sia per gli aspetti estetici, sia per gli aspetti emotivi».
Come illustrato dal dottor Cattich, l’essere umano è quindi sensibile alla musica, in quanto ascolta un ritmo che conosce e che si ripete, e ciò influisce sulla psiche che riconosce una sequenza ritmica a cui è abituata e da questo trae sicurezza, in quanto gli stimoli costanti sono, per la mente, più rassicuranti rispetto a un suono, e quindi a una musica o ad una canzone, che non conosce.
«L’utilizzo della musica ha pertanto senso, perché permette di far leva su meccanismi fisiologici» ha continuato Cattich. «Per esempio, nelle persone con abilità mentale impoverita, è una maniera ottima per farle sentire abili nel fare qualcosa, nel potersi esprimere, perché è già fisiologicamente dentro di loro. Viene da se».
Il relatore ha infatti spiegato come la parte più profonda della mente, legata all’infanzia, non venga mai intaccata dalle forme di demenza, quindi lo scopo della musicoterapia è proprio quello di andare a stimolare la parte più remota del nostro io, dove si trova il ricordo, e quindi anche le riminiscenze delle musiche ascoltate magari quando si era bambini, e che sono state archiviate dal cervello, come in una cartella di file di un computer.
«La musica, se usata come terapia, è quindi in grado di rianimare persone che sono spente» ha concluso Cattich, spiegando come sia utile abbinare l’ascolto dei suoni con l’uso di semplici strumenti musicali e col movimento, partendo dalla semplicità, e quindi muovere i piedi a ritmo, agitare le mani, fino, dopo un percorso mirato, ad arrivare a compiere piccole movenze di ballo.
Gli incontri rientranti nel progetto Caffè Alzheimer sono proseguiti venerdì 25 gennaio con un laboratorio pratico proprio a tema musicale, che si è tenuto al Centro Diurno di Portula.
Per informazioni si può contattare il Centro al numero 015 757941.
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