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Riscaldamento globale, quali rischi corriamo?

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Da tempo non si fa che parlare di global warming, il riscaldamento globale che affligge il nostro mondo ed è all’origine di una serie di disastri che stanno colpendo su scala planetaria. L’esigenza di porre un freno alle emissioni dei cosiddetti «gas serra» (l’anidride carbonica in particolare) è argomento di ogni conferenza sul clima (la più recente si è svolta qualche giorno fa in Polonia) e cruccio per ogni nazione, combattuta fra le esigenze di sviluppo e le conseguenze ambientali che proprio questo sviluppo, se non ecosostenibile, comporta. Il discorso sui cambiamenti del clima e dei gravi rischi ambientali connessi tocca tutti e la Valsesia in duplice modo: uno negativo e l’altro positivo. Il negativo è che, facendo anch’essa parte di questo povero e sfruttatissimo mondo, la nostra Valle risente di ciò che avviene a livello mondiale. L’ecosistema montano è fragile, fatto di ghiacciai in regressione e di un territorio che si barcamena fra periodi di siccità e «bombe d’acqua» che fanno andare giù i versanti una volta sì e l’altra anche. La cosa positiva è che se riusciremo a capire qualcosa dei possibili rischi cui la «febbre mondiale», è anche grazie al lavoro di uno studioso valsesiano, Lorenzo Alfieri. Borgosesiano, 38 anni, dopo il diploma all’Istituto per geometri di Gattinara, la laurea in Ingegneria civile a Vercelli e un dottorato al Politecnico di Torino, è ricercatore al Joint Research Centre di Ispra, il più grande centro di ricerca della Commissione Europea.
L’ing. Alfieri è l’autore principale di un progetto che coinvolge anche l’Università di Exeter e prende in esame proprio le possibili conseguenze dei cambiamenti climatici e i rischi che ciò comporta per i territori e le persone. Lo studio si concentra sulle possibili inondazioni a livello continentale europeo (logico ambito di analisi per un centro di ricerca Ue, e anche area in cui è molto ampia e variegata la disponibilità di dati) ma la procedura e i modelli matematici che vengono utilizzati o messi a punto possono essere d’esempio per analisi che potranno riguardare altre «grandi porzioni» del pianeta. «Il lavoro prende in esame le tendenze e i possibili scenari da qui al 2100 dell’estremizzazione del clima» dice il ricercatore borgosesiano, da poco tornato da un’importante conferenza scientifica a Washington «si cerca di valutare l’impatto sui territori e sulla gente che li abita e abbiamo visto che il riscaldamento globale comporterà una crescita dei rischi di inondazione praticamente su tutto il continente europeo, eccezion fatta per alcuni Paesi dell’Est. La frequenza e l’intensità di tali fenomeni è confermata, anche tenendo conto di possibili margini di errore che una procedura di ricerca così complessa può comportare».
Lo studio va oltre la «predizione», si concentra anche sulle conseguenze economiche e sociali, stimando il numero di persone coinvolte e i possibili danni.
Beh, c’è poco da stare allegri: le inondazioni potrebbero drammaticamente riguardare dalle 500.000 al milione di persone, con costi nell’ordine di svariati miliardi di euro annui.
E non è finita qui, tenuto conto che, accanto alle inondazioni, c’è un altro rischio che riguarda in particolare il sud Europa, quello della contrazione delle risorse idriche, con periodi siccitosi sempre più marcati. Stanti così le cose, sembra sempre più urgente intervenire quanto prima e il più possibile per «correggere la rotta» e provare a ridurre l’incidenza di tali fenomeni.
Lo studio di Alfieri ha suscitato ampio interesse in ambito scientifico ed è stato ripreso da prestigiosi organi di informazione europei, a riprova della validità di un metodo di ricerca cui si guarda con attenzione e dal quale si possono trarre importanti indicazioni.
Una soddisfazione professionale sicuramente meritata per lo studioso valsesiano al quale vanno i complimenti e l’augurio di sempre nuovi successi… per il bene del pianeta.

E tu cosa ne pensi?

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