Attualità
Serravalle Centro Sociale convegno dedicato a “Alzheimer…parliamone! la malattia e la famiglia”
SERRAVALLE SESIA – Giovedì 30 giugno presso la Sala Convegni del Comune di Serravalle Sesia, si è tenuto un importante incontro: “Alzheimer…parliamone! La malattia e la famiglia”, organizzato da ASL Vercelli, Consorzio per l’attività Socio-Assistenziale C.A.S.A., Associazione Vercellese Malati di Alzheimer AVMA, nell’ambito del “Progetto Sinapsi. Per non dimenticare chi dimentica”.
Dopo il saluto dell’Assessore all’Assistenza del Comune di Serravalle Sesia, Marilena Carmagnola, che rappresentava l’Amministrazione Comunale, molto sensibile all’aiuto alle famiglie in difficoltà, e non solo per patologie geriatriche, ha parlato la Vice Presidente dell’AVMA, Emanuela Fontana, che ha portato il saluto del Presidente Elio Coppo, spiegando come l’Associazione, nata nel marzo 2013, per iniziativa di famigliari di malati di Alzheimer e di volontari, operi sul territorio di Vercelli e provincia, aiutando i famigliari dei malati di Alzheimer con informazioni, orientamento e sostegno durante il percorso di cura. L’AVMA dà voce alle esigenze di cura e mette a disposizione delle istituzioni
esperienze e competenze, con l’obiettivo di dare un contributo al miglioramento della rete dei servizi, coinvolgendo l’A.S.L, il Comune di Vercelli e le altre istituzioni pubbliche presenti sul territorio provinciale, in modo da ottenere una vera alleanza terapeutica tra i malati di Alzheimer, la famiglia, i servizi sanitari socio-assistenziali.
Il Comune di Vercelli ha dato all’Associazione una sede in cui si attivano laboratori di orientamentamento spazio-temporale, musicali, di mutuo aiuto dei familiari: “Il Covid, isolando le persone, ha aggravato la situazione, aumentando il senso di frustrazione, quindi ora occorre riportare l’attenzione sui malati e sulle loro famiglie, riprendendo gli incontri”. In sala era presente anche Luigina Rollino, rappresentante dell’Associazione AMOS, nata dalla Caritas di Santhià, per aiutare i malati oncologici e le loro famiglie, che ora si sta aprendo anche verso le nuove problematiche dell’Alzheimer.
Il Direttore del Consorzio C.A.S.A. Gattinara, Andrea Lux, ha introdotto l’incontro, il primo di quattro itineranti presso gli enti che si occupano di assistenza agli anziani, nati per stimolare l’ASL Vercelli a dedicare sempre maggiore attenzione a questa fascia di persone “fragili”, indipendentemente dalle patologie, ma soprattutto ai care giver, familiari che occupano un ruolo informale di cura, supporto e di vicinanza e che sono partecipi dell’esperienza di malattia del malato, impegnandosi nelle attività quotidiane di cura della persona. I familiari spesso si sentono abbandonati e isolati nel dover gestire una persona che non riconoscono: c’è quindi bisogno di figure di supporto a vari livelli, da quello pratico a quello psicologico.
Il Dott. Fabio Di Stefano, Geriatra, Primario di Medicina interna Ospedale di Verbania, ASL VCO, che con Lux fu uno dei precursori dell’ultimo Decreto Ministeriale sulle demenze, creando strutture in cui medici e personale specializzato offrivano una pausa al “Corpo famigliare”, come lo definisce Cigoli, attivando una revisione terapeutica completa, ha parlato di: “L’Alzheimer: uno sguardo verso il futuro e poi…SNAP”.
Nel 1907 Alois Alzheimer e Gaetano Perusini, a seguito di autopsia su una paziente anziana che aveva manifestato disturbi del comportamento, scoprirono un groviglio all’interno delle cellule del cervello e dei depositi all’esterno. Fino a qualche anno fa si parlava di demenza senile dopo i
65 anni, e pre senile prima, adottando un criterio solo anagrafico. Nel 1984 con la Tac si individuò la presenza di placche di proteina beta-amiloide e grovigli neurofibrillari di proteina tau-iperfosforilata: le placche provocavano la morte progressiva dei neuroni.
Entrambe queste proteine iniziano ad accumularsi nel cervello diversi anni prima della comparsa dei sintomi clinici. Nel 2007 si cominciò a cercare di identificare la sostanza amiloide e la tau, e, sulla base anche di lievi problemi di memoria, la diagnosi dalla malattia si spostò ai sintomi. Nel 2016-2018 si cercò con la PET la presenza di amiloide e tau, anche in assenza di sintomi. Nel 2021 si evidenziò una “disfunzione sinapsica” che precedeva la sostanza amiloide, ma si dovette anche tener conto delle capacità di resistenza del cervello e del fatto che esistevano anche altre patologie con percorso di benignità, rispetto all’Alzheimer. Le SNAP sono le patologie sospette di essere Alzheimer: il quadro clinico è uguale, ma finora non è stato possibile identificarle in vita.
Di Stefano ha anche parlato di Overlap, sovrapposizione di quadri clinici, che complicano ulteriormente la diagnosi. L’ultimo tema trattato è stato quello della ricerca di rimedi farmacologici: le aziende farmaceutiche si erano dapprime arrese, di fronte alla scarsità dei risultati di ricerche lunghe e costose, ma ora si sono rimesse in gioco e sono nati studi per capire cosa provochi l’insorgere della malattia. In America si sono scoperti farmaci che “ripuliscono il cervello”, ma non modificano le condizioni di salute del paziente. L’augurio è che questi studi si moltiplichino e progrediscano: “Il numero di malati è elevato perché la popolazione invecchia, mentre in realtà la demenza si riduce. E’ stato poi osservato che con la scolarizzazione la malattia è diminuita del 13 %, quindi esistono anche fattori sociali, oltre che medici, sui quali puntare”.
Margherita Bricco, Psicologa Associazione AVMA Vercelli, che conduce un gruppo di mutuo aiuto, ha parlato di: “Il vissuto dei familiari e l’importanza del comunicare”. Comunicare con la persona malata come prima della malattia è impossibile, occorre affrontare nuove difficoltà, tenendo presente che comunicare è inevitabile, necessario e sempre possibile: esistono forme diverse dall’espressione verbale. Il silenzio delle persone affette da demenza è la reazione ad un disagio, è una rinuncia a comunicare, occorre quindi non disconoscere le competenze di una persona malata, cercando di eviare che diventi del tutto passiva. Come farlo? “Semplificando le attività quotidiane, aiutando senza sostituirsi, cercando di conversare, utilizzando forme di linguaggio non verbale, non interrompere, non correggere, non completare le frasi, utilizzare il contatto fisico”, ma, ha ricordato la psicologa: “Prendersi cura di noi stessi è il primo modo per prendersi cura di chi ci sta vicino”. In geriatria l’Approccio Capacitante, così definito da Pietro Vigorelli, è una modalità d’intervento che vuole creare nelle RSA un ambiente in cui ciascuno possa esercitare le Competenze elementari così come può, senza sentirsi in errore, con l’obiettivo di favorire una convivenza sufficientemente felice tra ospiti, operatori e familiari.
Valentina Andreazza, P.O. Responsabile Area Anziani – Consorzio C.A.S.A. di Gattinara ha affrontato: “Gli aspetti sociali nella demenza”. Rafforzare i servizi rivolti a persone con questi problemi era l’obiettivo elaborato nel 2014- 2015 nel piano nazionale delle demenze, in cui centrale era la figura del care giver. Lo Stato non può sostituire il familiare, che però va sostenuto, mettendo in rete risorse e professionisti, garantendo a tutti l’accesso ai servizi: “L’intervento di una persona esterna e non coinvolta solleva, così come è positiva l’esperienza dei Caffè Alzheimer, dei Centri Diurni sul territorio, l’inserimento in RSA attrezzate ad accogluere persone affette da demenza, dei Nuclei Alzheimer, che purtroppo ancora poco diffusi sul territorio. Si sta pensando ad una pianificazione anticipata dell’assistenza, facendo esprimere alla persona la sua volontà, quando è ancora in grado di farlo. L’amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare, è una figura importante, così come è necessario che la persona sia informata sull’evoluzione della propria malattia. Occorre poi affrontare i problemi dei costi economici per creare ad esempio appartamenti ad alta domotica, per persone ancora in grado di permanere al domicilio”.
L’ultimo intervento è stato quello di Claudia Ulliana, Assistente Sociale AVMA Vercelli: “Aiutare la famiglia nel prendersi cura”. Il familiare cerca uno spazio di ascolto e di orientamento per condividere il forte carico emotivo. I familiari non sanno come comportarsi di fronte ad un loro caro ammalato, si sentono inadeguati e frustrati, quindi è necessario condividere alcune semplici e basilari regole di comportamento nel quotidiano: dall’igiene personale all’alimentazione, cercando sempre di mantenere alta la dignità della persona.
Nel dibattito conclusivo ai relatori sono state fatte molte domande sulla prevenzione, sull’importanza di comportamenti virtuosi, ed è emerso che un forte fattore di rischio per l’insorgenza di demenze è la depressione, quindi: “Bisogna curare tanto gli affetti”. Un signore del pubblico ha chiesto spiegazione del fatto che le diverse ASL del nostro territorio recepiscano in modo diverso i DPGR e soprattutto si è chiesto perché i medici di famiglia spesso siano assenti. Lux ha constatato che purtroppo l’ASL Vercelli non ha una Geriatria, e i geriatri sono dispersi nei vari servizi e Di Stefano ha sintetizzato: “Mi auguro che le Associazioni spariscano, che non ci sia più nessuna persona che abbia bisogno di chiedere diritti”. Il Convegno si è concluso con un apericena offerto presso l’attiguo Centro Anziani Serravallesi.
Piera Mazzone
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