Attualità
Un caro ricordo di Donatella Tosi Arpino
Conobbi Donatella Tosi Arpino a Grignasco al Centro Studi, come moglie del Dottor Pier Lorenzo Arpino, il fondatore e l’anima dell’Associazione Culturale.
Un caro ricordo di Donatella Tosi Arpino
Sempre elegante e discreta, aiutava e suggeriva, senza mai imporre. Frequentai la sua casa quando entrai nel Consiglio della Rassegna di poesia dialettale Valsesiana intitolata a Pinet Turlo, ed apprezzai la sua ospitalità ed Amicizia. Per Donatella, che amava leggere in modo attento e selettivo, la scrittura era una forma di autoriflessione e di introspezione, che si materializzava in prosa o in poesia. Spesso mi donava dei libri per la Biblioteca di Varallo, accompagnandoli con brevi ed incisivi giudizi.
Donatella Tosi Arpino coronò la sua lunga carriera di insegnante al Liceo Classico D’Adda di Varallo: la sua fu una vera vocazione, dettata dall’amore per i classici trasformato in conoscenza attraverso anni di studio appassionato, sempre rinnovato. La ricordo come dotta e piacevole oratrice alle conferenze dell’Associazione di Cultura Classica, presieduta dalla Professoressa Anita Taraboletti: i temi scelti erano sempre originali e trattati con grande competenza.
Nella conferenza che tenne in occasione del centenario della morte di Giovanni Pascoli, scelse di parlare delle sue opere latine, certamente meno note, ma altrettanto importanti e di grande qualità: sottolineò la straordinaria versatilità del Pascoli come poeta in latino, dovuta alla sua familiarità con le lingue classiche, tale che negli ultimi, travagliati anni della sua vita, nei quali non riusciva più a esprimersi in italiano, utilizzava il latino.
Il poeta, aveva spiegato Donatella, adottava il linguaggio dei poeti nuovi del I sec. a.C., carico di ricercatezze linguistiche e lo stesso latino veniva reinventato, plasmato, piegato, per esprimere una sensibilità diversa. Lei, come insegnante, sentiva fortemente l’attualità e la contemporaneità di una lingua che era tutt’altro che morta, trasmettendo ai suoi studenti il senso dello studio e soprattutto sapeva far comprendere e amare la cultura classica, che è alla base della nostra civiltà.
“Nei Poemata Christiana, il Pascoli diede voce e volto, carattere e destino a una folla di persone modeste e oscure, di vittime, di bimbi, di schiavi, vissuti a Roma nei primi secoli dell’Impero, testimoni e spesso vittime dello scontro tra il paganesimo ormai esausto e il cristianesimo nascente”: commentò l’opera pascoliana con quella “pietas” che la caratterizzava e che trasfondeva nel suo operato, sempre guidato da un forte senso morale, generato da un’etica senza incrinature.
Negli autori greci e nelle loro scelte e sentimenti, avvertiva le ansie e i problemi dell’uomo moderno: citando i pascoliani Odisseo e Alexandros, faceva emergere la delusione dell’uno che torna nei luoghi del suo viaggio di ritorno a Itaca e li trova profondamente cambiati, e dell’altro che arriva alle terre bagnate dall’Oceano e si accorge che non c’è più nulla da conquistare. Questo senso drammatico della finitezza, del limite, che coglie l’uomo di ogni tempo e in ogni latitudine, in lei era mitigato dalla grande Fede, vissuta sempre in modo dialettico, mai aprioristica, frutto di una conquista dello spirito, concretizzata nell’amore verso il prossimo e nell’aiuto ai bisognosi materialmente, ma soprattutto spiritualmente. Grazie Donatella per il Tuo esempio di coerenza e compostezza.
Piera Mazzone
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