Attualità
Un saluto a Mariuccia Croso vedova Felisi
SERRAVALLE SESIA – Mariuccia Croso, «la mata dal Luisin dal Creuss e dla Rosetta», ha lavorato una vita in Confitri: ogni giorno su e giù in bicicletta. Era nata e ha sempre vissuto a Piane, sentendosi parte integrante di una Comunità. Si era sposata con Giovanni Felisi e l’unione fu allietata dalla nascita di tre figli: Antonella, Giordano e Angizia, ormai inaspettata, ma accolta con tanta gioia.
Un saluto a Mariuccia Croso
Monsignor Gianluca Gonzino nella messa funebre l’ha ricordata assidua alla messa domenicale, seduta sempre nello stesso banco, come era consuetudine in un paese dove tutti si conoscevano, condividevano gli stessi valori e la stessa fede. E’ sempre stata una donna forte, che ha saputo reggere le sorti della famiglia, anche nei momenti più difficili. Lo stesso coraggio aveva dimostrato nel combattere la malattia: quando la rividi a ottobre in ospedale a Borgosesia, era consapevole della gravità del suo stato, ma minimizzava, rincuorando Angizia che le era al fianco, dandomi appuntamento al suo ritorno a casa. Mariuccia aveva chiesto che al suo funerale si ascoltasse Oh Signur! dei Celti, una delle canzoni del commiato più belle della tradizione vercellese, cantata dall’indimenticabile Cesare Filippone, artista e compositore, anima del gruppo folk, al quale fu intitolato un prestigioso premio di poesia dialettale. I versi esprimono con struggente poesia l’ultima richiesta di un’anima al Signore: tornare ancora una volta nel luogo dove era nata, vedere le strade, le piazze e la propria casa.
La moglie e la figlia di Cesare Filippone trascorrevano le estati a Piane, legati da parentela e da amicizie, e Bianca è tornata per salutare Mariuccia e ripercorrere con la memoria quegli anni lontani, che nel ricordo sono più felici, perché ancora affollati dalle persone care, mentre ora ci si trova inequivocabilmente in prima linea.
Ciao Mariuccia, i tuoi figli non ti hanno perduta: «Mammy ci hai dimostrato cosa vuol dire lottare per vivere e superare ogni cosa con la forza di volontà». Come Drusilla Tanzi, Mosca, moglie di Eugenio Montale, afflitta da una forte miopia e della conseguente necessità di occhiali molto spessi, protagonista di «Ho sceso milioni di scale»: «Con te le ho scese perché sapevo che di noi due / le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue», rivolgi uno sguardo che va al di là dello spazio e del tempo, in piedi, a braccia conserte, accanto ad uno dei tralci fioriti delle tue clivie, quasi a suggerire che la Vita ha delle stagioni e anche noi umani siamo in cammino verso un’altra meta, dove ci è stato preparato un posto.
Piera
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