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Varallo piange la scomparsa di Lorella Montagner e Patrizia Rossi

VARALLO – In meno di una settimana la Collegiata di San Gaudenzio si è colmata del dolore per la perdita di due giovani donne: Lorella Montagner e Patrizia Rossi.
Varallo piange la scomparsa di Lorella Montagner e Patrizia Rossi
Lorella aveva regalato dolcezza a tutti i varallesi, non solo con i gelati squisiti del Frigidarium, in cui lavorò accanto ai titolari, il padre Franco e la madre Giulia, ma con la gentilezza del suo carattere discreto, che sapeva esprimere empatia. E’ morta per un malore o forse per una banale caduta dalle scale della sua casa, che conosceva alla perfezione.
Il marito Sandro l’attendeva al bar, il ritardo lo insospettì e non tardò a scoprire ciò che era accaduto. Conobbi Lorella da Maria, la signora che abitava proprio dirimpetto e che entrambe frequentavamo per la sua bontà e soprattutto per l’innata capacità di accogliere gioie e dolori, stemperandoli in un buon caffè.
Maria se ne è andata da qualche mese e Lorella l’ha seguita: troppo presto è stato il generale commento, ma non conosciamo la trama delle nostre vite, l’istante in cui il filo sarà reciso, il progetto divino è ben più grande di quello che la vita fa trasparire.
Il funerale è stato celebrato da Don Gianni Lategana perché Don Roberto era assente, ma ha voluto far giungere la sua parola di conforto ai familiari e agli amici di Lorella. Don Roberto non ha ricordato le parole di Lorella, perché il linguaggio del cuore è silenzioso, si nutre di sguardi, incontri belli che fanno crescere, che aiutano a cucire ferite, levigare antiche cicatrici: “Sapevi fissare il tuo sguardo delicato, mantenendo la profondità del tuo cuore e del tuo animo, senza offuscare la trasparenza dei tuoi pensieri”. La cugina Tiziana Canobio, che vive in Germania, ma ha acquistato una casa al Dramo per esserle più vicina, l’ha ricordata con grande affetto, come “complice di vita” e soprattutto “persona speciale, autentica, pronta a sostenere le proprie idee, mai ad imporle”. Lorella era di un’elegante esilità, aveva grandi occhi da cerbiatta, un incedere leggero, che certo l’ha portata lassù a ritrovare serenità, chi rimane deve trarne esempio del rispetto di tempi e silenzi, di una malinconia portata con dignità.
Di Patrizia non avevo conosciuto questi brevi mesi della terribile malattia che non le ha lasciato scampo, la ricordo in un Natale lontano in Biblioteca, quando qualcuno sottrasse la statua in terracotta di Gesù Bambino dal presepe: lei con la sua creatività e manualità ne modellò un altro, diverso, pieno d’amore che da allora ci accompagna. Patrizia aveva scelto di abbandonare la sua attività commerciale per dedicarsi alla famiglia: al marito Piero e ai tre figli. Aveva conosciuto la gioia di diventare nonna. Quella famiglia che ha creato cementandola con l’amore quotidiano e con quell’entusiasmo che la caratterizzava, le si è stretta intorno nel momento più difficile, quello della malattia, non lasciandola mai sola a combattere: i figli hanno voluto sorreggere la bara portandola in chiesa, facendola sostare accanto alla Cappella della Vergine Incoronata. A chi le diceva che aveva dei figli eccezionali lei replicava serena: “Ci ho messo quarant’anni a farli diventare quello che sono”.
Don Roberto nell’omelia ha parlato di Patrizia immersa nel giardino del cielo del quale non erano che un pallido esempio i numerosi e bellissimi fiori portati dalle persone che la conoscevano e avevano voluta salutarla con i colori e i profumi, che lei sapeva trasfondere nelle sue creazioni: “Oggi si instaura una nuova modalità di relazione, ma dobbiamo sempre tenere il nostro metaforico cellulare del cuore acceso per captare tutti i messaggi”.
Don Roberto ha ringraziato per l’affettuosa presenza il Presidente della Provincia, i molti Amministratori ed i colleghi di Piero Vantaggiato e del figlio Stefano, i rappresentanti di Eufemia, dell’Edo Tempia che ha lenito le sofferenze delle ultime settimane accogliendola all’Hospice di Gattinara, e di Igea, di cui Patrizia fu parte integrante. Al termine del rito funebre Maria Di Biase Marcon, Presidente di Igea, l’ha ricordata nell’attività condotta per vent’anni: “Hai costruito tanti fiori: che siano un tappeto che ti conduca dolcemente all’al di là. Con l’inseparabile amica Piera accoglievi le persone che venivano a fare le visite, sempre delicata e gentile: grazie per questa Tua grande disponibilità, non sarai mai dimenticata”.

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