Attualità
Varallo: prolungata la Mostra “Armonie” inaugurata in Biblioteca il 10 agosto
Sabato 10 agosto è stata inaugurata in Biblioteca la mostra di due artiste valsesiane: “ARMONIE. Sculture di Mariagrazia Degrandi e dipinti di Cate Maggia in dialogo”, l’una dipinge, l’altra scolpisce, ma entrambe inseguono un ideale di Bellezza.
Mariagrazia Degrandi, che vive e lavora a Doccio, espone una decina di opere, scolpite in differenti materiali: marmo bianco di Carrara, serpentino di Oira, pietra nera di Ormea, marmo Palissandro di Crevola d’Ossola, ardesia, pietra ollare, che rispondono alle sollecitazioni di un’artista sensibile e sobria, che centellina il tempo, distribuendolo tra lavoro e meditazione. Mariagrazia Degrandi volutamente non intitola le sue opere, lasciando allo sguardo e al cuore dei visitatori l’interpretazione. Il percorso di quest’artista l’ha portata dal figurativo all’astratto: fondamentale è stato a Carrara l’incontro con un ottantenne scultore americano, che era stato allievo di Henry Moore, che l’ha invitata a scavare in se stessa per cercare la sua forma spirituale, semplice, lineare, che racchiudesse la sua personalità. Per Mariagrazia la parola chiave è semplicità, sobrietà, le sue opere sono levigate a mano, in un processo che contempla dai dodici ai quindici passaggi, è un lavoro lungo, paziente, che parte dall’anima e si trasforma in opere scultoree. Il marito Pieraldo, scherzosamente definito “Ragazzo di bottega”, spiega che: “Mariagrazia lavora sempre, con le mani e con la testa”.
Cate Maggia, nata a Borgosesia, con una nonna Walser, Caterina Malber, originaria della Frazione Bonda di Alagna, vive e lavora a Casale Monferrato, dopo un passato di gallerista a Milano. Con Federica Mingozzi ha fondato l’Associazione Ambre Italia Group, per proseguire nel suo percorso di divulgazione dell’arte a livello internazionale. In mostra espone alcune grandi tele che appartengono al progetto “Liturgia”, che è incentrato sui veli da messa, intesi un tempo come obbligo per le donne mentre oggi giacciono nei cassetti inutilizzati, resi fragili dal tempo. Il velo può essere inteso come limite, ma anche come protezione, come qualcosa da togliere, o all’occorrenza da alzare sull’anima. Il rosso e il nero che dominano le tele rappresentano Eros e Tanatos, le due passioni della Vita. Nelle opere di Cate Maggia apparentemente il titolo non c’è, ma basta sbirciare dietro le tele per scoprirlo. Le donne di Cate oggi escono dal velo e si incamminano verso il futuro. Nella vetrina della Biblioteca l’artista espone altre opere di piccole dimensioni che si riferiscono ad un altro progetto: ”Essere natura”, raccontato attraverso cerchietti da ricamo con inserite finissime tele nelle sfumature del verde.
Commentando la mostra Federica Mingozzi, insegnante e critica d’arte originaria di Oleggio, che però da quando aveva tre mesi viene a trascorrere l’estate a Campertogno, il suo “buen retiro”, ha accennato al De Amicitia di Cicerone, in cui si parla di un’Amicizia bella, profonda, che va oltre la semplice condivisione: “La passione per la bellezza, per ciò che fa crescere: ognuna delle due artiste si imbeve della bellezza delle opere dell’altra, creando un clima di assoluta libertà in cui i visitatori potranno trovare il loro senso, perché la vera opera d’arte cresce attraverso gli sguardi”.
Il gran numero di visitatori e l’interesse suscitato dalla mostra, hanno indotto gli organizzatori a prolungarla di una settimana, anche per farla coincidere con la presentazione del libro di Giorgio Faglia: “Cave spente”, che avverrà in biblioteca sabato 31 agosto, alle ore 11.
Il libro è nato due anni e mezzo fa con l’intento di realizzare il primo censimento delle cave non più utilizzate del territorio di ben quattro province, Vercelli, Novara, Biella, Verbania. Giorgio Faglia si è sempre interessato a studi di geologia e mineralogia: “Ricerco sassi per passione”. Giorgio Faglia nel 2004 aveva fondato a Serravalle il Gruppo Mineralogico Paleontologico “Glycymeris”, dal nome della conchiglia fossile, sciolto nel 2011 perché era un impegno troppo gravoso gestire le trasferte in cerca di minerali di molte persone. Ornella, l’amata moglie, condivideva questa passione ed a lei è dedicato il libro che si compone di centosessanta pagine con quasi seicento immagini inedite, a colori, che illustrano circa ottanta cave.
Nel territorio valsesiano esistono cave che producevano marmi preziosi: il marmo verde di Cilimo, il marmo rosa di Locarno, il marmo bianco del Massucco: questo libro è l’occasione per riscoprirle, come ha fatto recentemente lo scultore Ireneo Passera, che li ha utilizzati per le sue opere e in particolare ha voluto scolpire direttamente al Massucco un’opera in un blocco di marmo composto di tre strati, che variano leggermente di colore l’uno dall’altro, che resta silenziosa testimonianza del lavoro degli scultori che cinquecento anni fa utilizzavano questo marmo.
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