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Cellio: presentato il volume “Un sacerdote di montagna”

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Sabato 9 novembre, a Cellio, la sede dell’Ecomuseo era gremita per la presentazione del volume: “Un sacerdote di montagna. Storia di Don Edmondo Paolo Gianoli, prete valsesiano, dall’alta valle alla Grande Guerra, da cappellano militare a penitenziere a Cellio”, scritto da Alessandro Orsi e Lorenza Stocchi, cui è seguita, purtroppo con qualche intoppo tecnico, l’emozionante proiezione del video: “I testimoni” a cura di Daniele Conserva. A completare la storia non potevano mancare le interviste ai testimoni, seguite da due filmati d’epoca: uno girato nel 1969 in occasione della consegna delle onorificenze di Cavalieri di Vittorio Veneto, cui partecipò anche Don Paolo, e l’altro del 1971 in occasione del cinquantesimo di servizio sacerdotale a Cellio di Don Paolo, seguono alcuni spezzoni messi a disposizione dal Gruppo Alpini di Cellio, rappresentato dal Capogruppo Giuseppe Giulini. Il DVD con il video eccezionalmente era omaggiato con l’acquisto del libro nella serata celliese, in seguito è scaricabile attraverso il QR code nell’ultima pagina di copertina.

A introdurre la serata è stato chiamato Enrico Pagano, Direttore dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia: “Don Gianoli nel suo cammino dalla guerra alla pace ci offre una lezione di vita profonda proprio nella sua umiltà: la modestia che lo contraddistingueva è tipica delle persone forti, intelligenti, dotate di humanitas e di caritas”. Fare il sacerdote in montagna è cosa diversa dall’esercitare il ministero in città, poiché l’ambiente è più ristretto, la vita, soprattutto nel passato, era molto più difficile, la Fede era vissuta con grande forza e spesso considerata come l’unico punto di riferimento.

Don Paolo, nato nel 1887 in montagna a Campertogno, in un paese che diede i natali ad artisti famosi come Francesco Gianoli, Pier Celestino Gilardi, Camillo Verno, dove suo padre, geometra, progettò il teatro Frà Dolcino, partecipò alla prima guerra mondiale come cappellano militare. Sandro Orsi, che già in: “Affonda la verde gioventù” aveva dato risalto all’opera dei cappellani militari, dedicando importanti considerazioni alla dimensione spirituale ma anche materiale della loro missione, mitigando la dura posizione di Don Lorenzo Milani che li considerava “complici delle guerre”, ne studia attentamente l’operato, grazie anche al diario del sacerdote, messo a disposizione dall’attuale parroco di Cellio, Don Angelo Porzio.

Don Paolo fu una guida importante per i suoi commilitoni: dei quarantuno mesi di guerra ne visse diciassette in trincea in prima linea e tornò dalla Guerra con una medaglia d’argento al Valor Militare, ma profondamente ferito nell’anima. Il vescovo di allora lo destinò a Cellio, “in nascondimento”, dandogli la qualifica di “penitenziere”, che merita di essere glossata per capire meglio la particolare qualifica attribuita a Don Paolo. Secondo il codice di diritto canonico vigente, si tratta di un presbitero facente parte del capitolo di canonici e che, per delega del vescovo e nei casi non riservati alla Santa Sede, ha la facoltà di assolvere da peccati o da colpe che latæ sententiæ farebbero incorrere nelle “pene medicinali” o “censure”: scomunicainterdizionesospensione a divinis.

Don Gianoli trascorse a Cellio più di mezzo secolo nell’esercizio del suo mandato sacerdotale, “Lasciando un ricordo che è ancora ben testimoniato da più voci che gli autori hanno raccolto ed elaborato per dare al loro lavoro il carattere di coralità che lo distingue”: come scrive il Direttore dell’Istituto Storico, Enrico Pagano, ed è rimasto nel cuore dei Celliesi perché era un educatore, e non si è mai tirato indietro di fronte a nulla, infatti Don Paolo negli anni terribili della seconda guerra mondiale, affrontò coraggiosamente i nazifascisti per difendere i suoi parrocchiani, si presentò con tutte le sue medaglie, offrendo la propria vita in cambio della liberazione degli ostaggi. Questo atto di coraggio gli valse il rispetto dei partigiani, che aiutò e indirizzò verso la pietà nei confronti dei nemici a fine guerra.

Lorenza Stocchi, collaboratrice dell’Istituto, insegnante di storia e musicista, è cresciuta e abita a Cellio, anche se la sua famiglia è originaria di Rovasenda, e quindi ha sentito il bisogno di approfondire la figura di questo sacerdote del quale spesso aveva sentito parlare, interrogando i testimoni e facendo un’indagine sui giornali locali e sui bollettini ecclesiastici. Si è impegnata nella stesura di questo libro anche per smentire due diffusi pregiudizi: che la storia sia noiosa, e soprattutto che lo studio della storia sia facile, semplicemente legato alla memorizzazione di date e di avvenimenti.

La storia di Don Paolo è una vicenda “esemplare” riscoperta dagli autori e trasformata in un libro che racconta anche una parte non minore della storia della Valsesia.

Nel dibattito successivo è intervenuto Pierangelo Pitto che sta riscoprendo la storia che non gli era stata insegnata negli anni del Liceo Classico, auspicandosi che gli insegnanti di adesso informino adeguatamente i ragazzi, soprattutto insegnando loro, attraverso la conoscenza dei fatti, a non odiare.

A conclusione della serata Daniele Conserva ha letto il testamento olografo di Don Gianoli, un documento che racchiude un esempio altissimo di moralità, assunta sempre come regola di vita.

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