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Ghemme – Spazio E– inaugurazione della mostra personale di Pietro Poletti

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Venerdì 6 settembre 2019, presso Spazio E di Ghemme, Federica Mingozzi ha presentato la mostra personale di Pietro Poletti dal titolo: “Strappi Emozionali”: “L’artista si confronta con la modernità attraverso un’azione dirompente, pari a quella esercita dalle avanguardie letterarie di inizio Novecento. Un’arte intensa senza porti cui approdare, vissuta per andare oltre il velame, come direbbe padre Dante. Negli anni Ottanta la sua arte si fa ancora più tormentata, punta dell’iceberg di un disagio sempre più tangibile, che non si era placato neppure abbandonando l’Italia, sfuggendo al confronto troppo stretto con il padre artista “. Federica Mingozzi ha ringraziato Pietro Minoli e Paolo Pasquali, amici di Pietro, che hanno collaborato nel preparare la mostra e nel curare i contatti con l’artista.
Una chiave di lettura è stata offerta dalla curatrice della mostra, Enrica Pedretti, con l’installazione in una sala di due manichini silenziosi, che sembrano contemplare i quadri davanti a loro: “La bellezza di un’interiorità alla ricerca di se stessa”.
La mostra di Poletti era già stata preannunciata a marzo: nella sesta edizione di ESSERE DONNA, una collettiva d’arte dedicata all’universo femminile, in cui era presente una grande tela dell’artista ghemmese: “Maternità”, affascinante e coinvolgente. Enrica Pedretti non solo “fiuta” gli artisti autentici, ma sa leggerne i percorsi, puntando sempre alle opere migliori: non a caso la mostra di Ghemme nelle prime due sale ospita i quadri dipinti tra il 1965 e il 1968, mentre nelle sale al piano superiore sono presentate quelle degli anni Ottanta: i due periodi più interessanti dell’intera parabola artistica. I colori leggeri, quasi evanescenti, dei primi quadri esposti, corrispondono ad un profondo lavoro di introspezione: “II percorso” scrive Enrica Pedretti “Nell’arte di Pietro Poletti concilia il suo tormento interiore con la magia dei suoi colori, le tecniche compositive miste alla ragione dell’esecuzione, ne deriva l’intenzionalità inconscia di rivisitare l’analogia dello “strappo emozionale” che rivela la verità segreta a volte determinata, a volte volutamente contaminata da un senso del non finito, pervaso da una poeticità sottile, perché spogliata dalla ridondante sonorità del colore. Pietro Poletti con questa operazione rivela una pittura di complessa modernità che dona all’osservatore l’illusione di completare l’opera sull’onda della propria emozione animata dalla suggestione dell’emergere di forme tra i segni dell’inconscio dell’artista”. Negli anni Ottanta il colore si ispessisce, l’artista sperimenta le sovrapposizioni di colori, la tavolozza si incupisce, come il tempo che lascia segni indelebili sul corpo e nello spirito, come dimostrano i tre autoritratti posti al centro della mostra, eseguiti in momenti diversi dell’esistenza dell’artista, per raccontare la ricerca, il tormento di una vita bruciata troppo in fretta, quella che l’amica olandese poetessa e scrittrice F. Ten Harmsen van der Beek descrive: “Sotto ogni aspetto, vivere è assuefarsi piano piano al morire, e il morire il dissuefarsi (lì per lì) al vivere…Perché lo fai! Perché non posso fare altro, hai detto, come il respirare, finché dura”.
La mostra sarà visitabile fino al 20 ottobre nei seguenti giorni e orari: il giovedì dalle ore 16 alle 22 e da venerdì a domenica dalle ore 11 alle 22.

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