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Guardabosone: artisti pionieri con il drago di Filippo

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GUARDABOSONE – Filippo Armenise è un artista che, dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Torino, si è dedicato alla ricerca del linguaggio artistico che gli permettesse di esprimere il suo sentire. Ispirandosi alla pittura informale e all’espressionismo astratto, usando sia la pittura che l’incisione, l’acquaforte e la litografia, ha realizzato dipinti, disegni e incisioni, partecipando a diverse mostre collettive e individuali.

Negli anni di Marcuse e della contestazione giovanile nel mondo occidentale, di Andy Warhol, della musica pop e rock e dei figli dei fiori, espresse la sua protesta attraverso performances e manifestazioni artistiche collettive, in luoghi e situazioni alternative rispetto al tradizionale mercato dell’arte.

Nel decennio successivo ha realizzato la serie delle grandi tele gialle, in cui, attraverso strutture e forme archetipiche e la smaterializzazione del colore, si crea una percezione estatica e meditativa, nel contempo lavorando anche per una committenza religiosa, per la quale ha realizzato un altare ed una serie di sculture di carattere sacro in bronzo. Nella sua costante evoluzione artistica da qualche anno ha cominciato ad usare resine sintetiche per inglobare parti animali e vegetali, componendo creature inquietanti, frutto di mutazioni oniriche. Sempre con la resina ha realizzato scatole luminose da cui emergono forme di creature marine e vegetali, come epifanie luminose: Box lights della serie Aqua e Luminescenze. L’artista, che vive e lavora a Torino, avendo sposato Cristiana Bussi, torna spesso nella casa di Guardabosone.

Nel Museo di Scienze Naturali di Guardabosone è conservata l’impronta di un rettile fossile: ogni paese ha il suo “drago leggendario”, il supremo guardiano del tesoro, simbolo di protezione e ricchezza, o tiranno pauroso. Poco distante, nelle terre del Lago d’Orta, San Giulio sconfisse il drago che abitava l’isola. Nella psicologia junghiana il drago non è un mostro da superare, ma rappresenta l’ombra, la parte oscura di noi stessi che dobbiamo conoscere ed integrare.

Sulla scia del Parco dei Mostri, o Sacro Bosco di Bomarzo, un parco naturale ornato da numerose sculture in basalto risalenti al XVI secolo e ritraenti animali mitologici, divinità e mostri, del Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, pittrice, scultrice, regista, che ha trasformato i mostri dell’infanzia in un’esplosione gioiosa, Filippo Armenise ha creato un drago.

Avendo insegnato a bambini, ragazzi ed adulti l’arte come mezzo espressivo individuale, giocando con le forme ed i materiali, accanto ad un’antica casa, dall’uovo primigenio si è sviluppato questo essere tra fantasia e mito. Con i cerchi di antiche botti riempiti con vecchi abiti indossati da sua moglie quando era bambina, ha costruito il corpo allungato, ricoprendolo con caratteristici ciottoli bicolori, ricordo delle vacanze a Varigotti della nonna di Cristiana.

Rituffandosi nel presente ha impegnato figli ed amici per ricercare i sassi levigati dalle acque dello Strona, che, uniti alla semisfere di vetro, hanno fatto crescere il “monstrum”, la creatura riemersa dalla culla dei tempi, presente nell’immaginario collettivo di tutte le culture: in quelle occidentali come essere malefico portatore di morte e distruzione, in quella orientale come creatura portatrice di fortuna e bontà. Il drago di Filippo corrisponde all’iconografia infantile e fa riemergere in ognuno quel fantastico che, per fortuna, non era stato inghiottito dalla quotidianità. Questo drago è quanto di più “classico” ci si possa aspettare: corna puntute, quattro zampe, ali membranose, aspetto da “lucertolone”, squame e scaglie su tutto il corpo. Da verificare l’innata capacità di sputare fuoco. Il gioco è scoprirlo senza tradirlo.

 

Piera Mazzone

 

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