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Inner Wheel, Club di Valsesia, festeggia i suoi primi trentacinque anni

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Donatella Rizzio, che trentacinque anni fa fu la prima Presidente dell’Inner Wheel, Club di Valsesia, sabato 8 giugno, ancora come Presidente dell’IW, ha festeggiato questa data importante presentando il restauro della “Madonna del Rosario”, opera del pittore varallese del Cinquecento, Giovanni Giacomo Testa.

Dopo il saluto del Presidente della Società d’Incoraggiamento, Mario Remogna, che ha sottolineato il valore degli oggetti d’arte restaurati negli anni dal Club di servizio femminile, Donatella Rizzio ha illustrato l’Inner Wheel International, Club femminile diffuso in tutto il mondo, nato a Manchester nel 1924, sottolineando che il Club di Valsesia fu il primo in Piemonte ad ottenere la Carta: il 24 aprile 1984. I services più importanti sono stati fatti proprio nella Pinacoteca di Varallo: dalla creazione del Laboratorio didattico al finanziamento delle pedane per disabili, per permettere l’accesso alla mostra di Gaudenzio, ma, quelle che sono state definite “gemme”, sono tre importanti restauri: “Natura morta e cacciagione”, un quadro che apparteneva alle collezioni di Casa D’Adda, proveniente dalla bottega romana del Cavalier d’Arpino, dove lavorò anche Caravaggio, restaurato nel 1989; nel 2004 furono restaurati tre gessi dello scultore di Cravagliana, Giacomo Ginotti, mentre nel 2007 fu restaurato il grande quadro di Pier Celestino Gilardi: “Il renaiolo”. Oggi dalla Bottega varallese De Dominici Restauri è stata restaurata la Madonna del Rosario, una pregevole tavola cinquecentesca.

Il Direttore-Conservatore Carla Falcone, dopo aver ringraziato l’Inner Wheel per la sensibilità nei confronti della Pinacoteca varallese ha dato la parola a Paola Angeleri, Conservatrice delle Collezioni d’Arte del Museo di Varallo, autrice della scheda relativa a quest’opera, inclusa nel volume: Varallo ai tempi di Gaudenzio, curato da Agosti, Stoppa e Minonzio. Angeleri, dopo aver rievocato la storia della tavola, che originariamente era collocata a Rassa, in Val Sorba, giunta in Pinacoteca con altre due dello stesso pittore nel 1935: “I tre dipinti erano anche stati al centro di una vicenda giudiziaria essendo stati venduti illecitamente e poi recuperati”, ha accennato all’iconografia, descrivendo analiticamente il dipinto, circondato da una ricca cornice con quindici scomparti che ospitano i Misteri del Rosario. Utilizzando delle immagini Angeleri ha contestualizzato l’opera mostrando altre tavole del Testa e dei suoi allievi, simili a quella della Pinacoteca, collocate in chiese della Valle.

Massimiliano Caldera, funzionario della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Biella Novara Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli, ha portato il saluto della Soprintendente Manuela Salvitti e ha sottolineato il proficuo lavoro di collaborazione da anni instaurato con la Pinacoteca varallese, passando poi a descrivere il complesso lavoro di restauro, articolato in due fasi, la prima, definita “toelettatura in vista dell’esposizione dell’opera alla mostra gaudenziana”, seguita da un intervento più approfondito, che ha permesso di leggere meglio l’opera del Testa, rivelando una sorprendente freschezza e intensità di colore: “Le sofferenze della materia pittorica sono state reintegrate, ma le connettiture tra le tre tavole non sono state stuccate perché il legno è vivo e quindi “si muove” e con il mutare delle stagioni si sarebbero create antiestetiche crepe”. Caldera ha poi ricordato che il dipinto tornerà nel percorso museale varallese con la pleiade dei pittori gaudenziani, avendo riguadagnato in leggibilità e chiarezza dell’immagine, che consentono di considerarlo un documento interessante per capire le aspettative riposte dalla committenza locale di quegli anni in cui Varallo non era più diretta con polso ferreo da Gaudenzio e cominciavano a manifestarsi ricerche di aggiornamento: “Testa, rispetto alle novità, è ancora molto prudente, ma guarda già al Bernardino Lanino più manierista, che recepì le novità portate dall’Italia Centrale da Giulio Romano, si servì di quell’importante fonte di aggiornamento costituita dalle incisioni, presenti anche nelle prime Guide del Sacro Monte, e avvertì l’influenza del pittore genovese Andrea Semino”.

Al termine dell’appassionante evento, al quale ha partecipato un pubblico molto numeroso e qualificato, è stato offerto un rinfresco.

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