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La Pro Loco di Civiasco in viaggio a Barcellona

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La Pro Loco di Civiasco, validamente presieduta da Giorgio Salina, quest’anno ha compiuto sessant’anni e ha ricordato questo anniversario in modo speciale: con un viaggio a Barcellona per visitare gli alberghi che furono fondati e gestiti dai civiaschesi ed incontrarsi con i rappresentanti della Casa degli Italiani, ancor oggi attiva, che ebbe fra i suoi fondatori i Durio ed i Maffioli di Civiasco.

Sulla famosa rambla barcellonese i civiaschesi impiantarono ben quattro alberghi: il Falcone, il Quattro Nazioni, il Peninsular, l’Oriente. Quegli “emigranti-imprenditori” che fecero fortuna, tornavano periodicamente in paese dove costruirono signorili dimore, che richiamavano gli stili architettonici della Catalogna. Il colpo di stato franchista del 1936 e la guerra civile costrinsero i civiaschesi al rientro in patria, così come era successo con i rimesi impegnati a San Pietroburgo, che dovettero rientrare dopo la rivoluzione d’ottobre del 1917.
Da tre anni la Pro Loco, con il supporto del Comune, ad agosto propone un’interessante iniziativa volta a far conoscere questo importante “passato alberghiero civiaschese” in Spagna: “Sulla rambla”, ambientata lungo Via Ercole Durio, fiancheggiata dai più bei palazzi in stile moresco, che prevede al mattino una passeggiata lungo la rambla civiaschese e la visita ad alcuni palazzi, cui segue il pranzo con la tipica “paella” e nel pomeriggio uno spettacolo che richiama il mondo iberico.

Il viaggio è stato organizzato con l’insostituibile apporto, per gli incontri ufficiali, di Eva Fernandez, antropologa barcellonese, che si definisce: “aspirante figlia adottiva di Civiasco”, in quanto lo “zio del cuore”, Gabriele Martinetti, era stato direttore, fino agli anni Settanta, dello splendido Hotel Majestic, fondato dai Cacciami di Grignasco, e la condusse per la prima volta a Civiasco all’età di tredici anni. Per la parte logistica il merito della perfetta riuscita del viaggio è dovuto al Consigliere della Pro Loco, Maurizio Puricelli.

L’Hotel Falcon, costruito nel 1879, oggi ospita la Biblioteca Gòtic-Andreu Nin, che nel nome richiama il quartiere più antico della città e la figura dello studioso, giornalista, politico, segretario del POUM (Partito Operaio d’Unificazione Marxista) dall’inizio della guerra civile al 1937, quando fu assassinato. Nin fu il primo traduttore direttamente dal russo al catalano dei capolavori letterari russi, da Anna Karenina a Delitto e castigo. Questa modernissima biblioteca, con accesso diretto sulla rambla, inaugurata nel 2010, fa parte della rete delle quaranta biblioteche di Barcellona inserite nel sistema provinciale che ne conta duecentotrenta, ha un patrimonio di circa 46.000 volumi, fu progettata dagli architetti Ramon Farrè-Escofet e Massimo Preziosi come un ampio ambiente senza barriere architettoniche. Con la Direttrice, Mercè Perez, c’è stato subito un “riconoscimento reciproco”, che ha permesso di trovare uno spazio di condivisione per scambiarsi idee e progetti.
Il Sindaco, Davide Calzoni, ha presentato Civiasco, Attilio Ferla ha portato il saluto dell’Unione Montana dei Comuni della Valsesia, la prima in Italia, Piera Mazzone ha parlato della Biblioteca Civica “Farinone-Centa” di Varallo e ricordato i contatti con Miguel Angel Sanz Y Arnalot che nel 2010 venne in Italia per completare il suo libro sugli albergatori italiani a Barcellona, Giorgio Salina ha illustrato la Pro Loco e le “iniziative della memoria”. Sono state donate alcune pubblicazioni, tra le quali il volume ormai introvabile, anche nell’edizione anastatica, su Civiasco, scritta nel 1926 dall’Avvocato Alberto Durio.

Nel 2018 il Covid interruppe il progetto di una mostra itinerante che avrebbe coinvolto la Valsesia, il Cusio e Barcellona, illustrato da Eva Fernandez, che ha accennato al forte vincolo tra strategie migratorie e strategie matrimoniali: “Tra gli imprenditori c’era una forte endogamia: i matrimoni erano interni per non dividere i patrimoni”. Eva ha accennato alle “desamorticiationes”, espropriazioni dei beni della chiesa, che passarono prima allo stato e poi ai privati: “Molti alberghi sulla rambla erano conventi. La borghesia catalana sfruttò quel momento favorevole per acquistare ed affittare i conventi”. La prima emigrazione italiana partì da Orta e dal Cusio nel XVI secolo. La Fonda di Santa Maria, nata nel 1471, fu il primo impianto alberghiero, vicinissimo a Santa Maria del Mar e al porto: dalle fonde si passò agli Hotel e ai grandi alberghi in uno sviluppo progressivo. Il potere economico era in mano ad alcune famiglie che costituivano fra loro delle società, dei “proto gruppi imprenditoriali”, modello che allora in Catalogna era sconosciuto. Tra coloro che mettevano insieme le risorse ci furono anche alcune donne, come Maria Prevosto, e altre che non vivevano a Barcellona, ma gestivano delle proprietà e delle quali sappiamo poco, mentre sarebbe molto interessante studiarne la storia e l’operato. Il Falcon fu il primo degli alberghi sulla Rambla e l’ultimo ad essere gestito dai proprietari, i Maffioli, che l’avevano reso molto moderno dotandolo di elettricità, ascensore, bagno ad ogni piano, valorizzandolo ulteriormente con una cucina di qualità: il 18 marzo 1936 fu requisito dal POUM. L’Oriente era già stato venduto nel 1920. I palazzi che ospitavano gli alberghi spesso non venivano acquistati, ma affittati: il Quatro Naciones riflette la trasversalità delle famiglie, mentre il Peninsular era un antico convento degli Agostiniani, come ben si riconosce dalla struttura interna in cui le camere si affacciano su un cortile interno centrale. Eva Fernandez ha ricordato che in tutti questi alberghi c’era la leggenda dei sotterranei e dei tesori nascosti. L’ultimo albergo visitato è stato l’Oriente che nel 1860 ebbe la concessione delle diligenze tra Madrid e Barcellona e conserva l’antica struttura di caravanserraglio. Nel 1881 fu ristrutturato con l’inserimento di molti elementi architettonici caratteristici del “modernismo”. Fu venduto nel 1920 per un milione di pesetas, circa diciotto milioni di euro di oggi. L’ultima bomba della guerra cadde proprio sull’Oriente. Salendo il maestoso salone sono visibili quattro colonne di marmo verde di Cilimo.

Dopo aver gustato la paella in un tipico locale della rambla, c’è stato il tempo dei saluti con gli ospiti catalani della Casa degli italiani, presentata da Francesco Di Napoli e da Lucia Materassi, che fu Direttrice della Scuola Italiana, poiché il Presidente, Mirko Scaletti, che era fuori Barcellona, i quali hanno ribadito il loro attaccamento all’Italia. Francesco Di Napoli ha spiegato che: “La Casa degli Italiani, retta da un Consiglio composto di quindici membri, promuove numerose attività e scambi culturali: da centosettant’anni è stata una testimone dei tempi in cui le è toccato vivere, dal periodo d’oro della Spagna di fine Ottocento, alla settimana tragica del 1909, alla prima Guerra Mondiale, in cui la Catalogna fu neutrale. Assistette alle grandi Esposizioni del 1888 e del 1929 e fu bombardata dalle truppe italiane. Nel dopoguerra fu rifugio per persone che non si riconoscevano nell’Italia Repubblicana, mantenendo sempre un senso di barcellonesità. Oggi a Barcellona vivono circa 140.000 italiani, dei quali 70.000 sono iscritti all’AIRE”.

Nell’ultima giornata del soggiorno barcellonese, c’è stata la visita ufficiale alla Casa degli Italiani, che ha sede in “Passatge Méndez Vigo” uno dei “Passaggi” privati più belli della città, è preceduta da un giardino, con di fronte l’Istituto Italiano di Cultura con la sua ricca biblioteca. La Casa fu fondata nel 1865, appena cinque anni dopo l’Unità d’Italia, come “Società Italiana di Beneficenza e Mutuo Soccorso”, sia per dare assistenza, che per garantire un’istruzione italiana ai figli di coloro che erano emigrati in Catalogna. Stefano De Gennaro, marito di Maina Mainardi, è discendente diretto di uno dei fondatori. E’ la più antica associazione di italiani all’estero in attività. Negli anni la Casa, così chiamata dal 1911, anno in cui fu acquistato l’immobile, fu visitata da re Vittorio Emanuele, e da molte personalità della politica, dello sport e della cultura, da Pirandello a Ungaretti, da Marinetti a Maria Montessori. Il gruppo valsesiano è stato accolto in modo cordiale e molto amichevole dal Vice Presidente, Agostino Corsini: “Abbiamo bisogno di sentirci italiani”, da Lucia Materassi, Teresa Zacchìa, che si occupa dell’archivio storico, Patricia Radovich, segretaria della Casa degli Italiani e da alcuni membri del Consiglio e soci, che hanno apprezzato l’idea illustrata da Eva Fernandez di realizzare una mostra itinerante, magari contestualmente ad un convegno storico sull’emigrazione in Catalogna, e sull’impatto dell’architettura catalana a Civiasco. Carlotta Sillano, cantautrice e musicista, ha presentato uno stralcio del suo spettacolo: La notte del Re di Biss, seconda manifestazione organizzata dalla Pro Loco di Civiasco in agosto, proponendo di ospitare a Civiasco una residenza d’artista per un giovane musicista catalano durante il Festival. Da parte del Vice Presidente della Casa e di tutti i presenti c’è stata attenzione e le proposte verranno portate in Consiglio, ma purtroppo in questo periodo stanno affrontando ingenti spese per la ristrutturazione e si sta lavorando per trasformarla in Fondazione e quindi le risorse economiche sono limitate.

A fine mattinata la delegazione valsesiana è stata ricevuta dal Console Emanuele Manzitti, che ha parlato di una comunità italiana perfettamente integrata e della grande presenza di turisti italiani in città e nella regione.

Il consistente gruppo di soci e simpatizzanti che hanno aderito all’invito del Presidente della Pro Loco, Giorgio Salina, con la significativa presenza del Sindaco, Davide Calzoni, dell’Assessore alla Cultura della Unione Montana dei Comuni della Valsesia, Attilio Ferla, del Direttore della Biblioteca Civica “Farinone-Centa” di Varallo, Piera Mazzone, ha portato la Valsesia in Catalogna instaurando un rapporto che ci si augura prosegua nel tempo, mantenendo l’entusiasmo e la vitalità di questo primo approccio. Fondamentale è l’idea di continuità di questo contatto.

 

Piera Mazzone

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