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«Monte Rosa. 250 anni di scalate nella voce dei protagonisti», presentato il volume

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VARALLO – Sabato 3 dicembre, al Centro Congressi di Palazzo d’Adda, è stato presentato l’ultimo volume edito dal Centro Studi Zeisciu, che quest’anno festeggia i primi trent’anni di attività sul territorio.

Alla presentazione hanno partecipato Mauro Penasa, presidente del Club Alpino Accademico Italiano, Carlo Raiteri, che è stato presidente del CAI di Varallo e ha «firmato» molte prime salite invernali, e Mauro Gugliermina, nipote di Giuseppe Fortunato Gugliermina, che, con il fratello Giovanni Battista, fu tra gli scalatori più importanti a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento.
Massimo Beltrame, l’autore del volume, milanese, grande appassionato di montagna sulle Alpi e nel mondo, ha aperto l’incontro dicendo: «Qui mi sento a casa e sono felice di presentare questo nuovo contributo alla conoscenza del Monte Rosa, frutto di quattro anni di lavoro, che hanno comportato molti studi per andare a ricercare i protagonisti di 250 anni di scalate, per ridare loro voce, raccontare sogni, aspirazioni, desideri, pubblicando anche molta documentazione inedita».

Penasa ha fatto una premessa sull’alpinismo classico, che si è trasformato in arrampicata sportiva, con una «rivoluzione» che ha rischiato di far cadere nel dimenticatoio le esperienze di molti dei protagonisti: “Il Monte Rosa in questo divenire è rimasto appartato, mantenendo intatta la dimensione di avventura, che è l’elemento che, come Club Alpino Accademico, consideriamo fondamentale nelle attività di montagna, dimensione che oggi sembra essersi un po’ persa, ma che l’autore del libro evidenzia, pagina dopo pagina». Beltrame ha ricordato come dalla salita nel 1778 dei sette gressonari a oggi molte cose siano mutate ma che il suo scopo nello scrivere di imprese eccezionali, talvolta al limite delle possibilità umane, sia stato proprio quello di incontrare personaggi, che spesso avevano un retroterra cultura straordinario.
Mauro Gugliermina ha portato uno dei Quaderni in cui il nonno, Giuseppe Fortunato, annotava le relazioni delle varie salite, sempre in accordo con il fratello Giovanni Battista, leggendo: «Un’avventura in stile Gugliermina». I Gugliermina furono anche loro alpinisti romantici, contemplativi, ed ebbero come musa ispiratrice non la semplice brama di conquista, ma il godimento dello spirito nel rapporto diretto uomo-natura, raggiunto in piena solitudine, o con qualche amico intimo.

«Dentro questo libro ci sono tante tessere: dalla splendida cordata di fine Ottocento dei Gugliermina, si può passare a un’altra cordata di famiglia, quella composta da Ovidio Raiteri e dal cognato Ottavio Festa Bianchet, mentore Adolfo Vecchietti»: Carlo Raiteri ha raccontato alcune di quelle memorabili imprese, passando poi alla seconda generazione, la sua: «Con Tullio Vidoni, accademico del CAI, ho condiviso molte scalate, ci siamo spesso ritrovati insieme d’inverno a sfangare nella neve». Raiteri ha spiegato che quello che muove tutto è l’adrenalina, la voglia di provarci, di andare oltre il limite. Le storie si moltiplicano, pagina dopo pagina si popolano di nuovi personaggi, rendendo la lettura più affascinante di quella di un romanzo, perché le avventure non sono frutto di sbrigliata fantasia letteraria, ma testimonianze reali, che rendono il libro speciale ed esclusivo, non limitandosi ad un elenco di imprese, ma invitando ad entrare nello spirito dei personaggi «che fecero l’impresa».

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