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Odissea nel… trasporto dall’Alta Valle a scuola

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Riceviamo e pubblichiamo.

Tempo di pandemia; una continua altalena tra attività permesse e attività vietate. Confusione e sconcerto regnano da più di un anno e a tutti viene chiesto di fare sacrifici e di adattare la propria vita e le proprie abitudini al particolare momento di emergenza sanitaria. Il termine «tutti» non è forse così appropriato.

Prendiamo in considerazione un settore, quello della scuola. Da mesi ormai siamo abituati a non sapere cosa faranno i nostri figli (e di conseguenza anche noi genitori) la settimana entrante: scuola sì, scuola no; didattica in presenza sì, didattica in presenza no. Al di là dell’enorme problema di chi ha figli piccoli che non possono essere lasciati a casa da soli, tanto meno a gestirsi le lezioni in DAD, c’è anche il problema (sempre a carico delle famiglie) dei trasporti per raggiungere gli istituti scolastici, trasporti che, in molti casi, incidono notevolmente sul bilancio familiare in quanto i costi sono spropositati. Per coloro che come noi vivono in un paesino dell’Alta Valsesia un biglietto giornaliero di andata e ritorno a scuola costa la bellezza di 9 euro; ben 9 euro, e per alcuni anche di più (dipende ovviamente dalla lunghezza della tratta percorsa). Certamente esistono gli abbonamenti mensili, trimestrali e annuali che sono nettamente più economici (anche se 700 e più euro all’anno non sono pochi).

Ma torniamo al particolare momento che stiamo vivendo. Dall’anno scorso all’inizio del 2021, dopo ben tre volte che pago l’abbonamento per il trasporto scolastico (la prima per un annuale e le altre due per un mensile), mi trovo costretta a seguire tutto l’iter burocratico per chiedere il rimborso del costo sostenuto per quella parte di abbonamento non utilizzata a causa delle disposizioni governative relative all’emergenza Covid-19 e che talvolta hanno ridotto le lezioni in presenza al 50%, altre volte le hanno vietate del tutto per le scuole superiori e poi ne hanno impedito la ripresa imponendo la didattica a distanza al 100% in un primo tempo, al 50% in un secondo tempo e finalmente la ripresa totale (speriamo sia la volta buona) dal 26 aprile. Chissà se qualcuno al governo aveva pensato in quali peripezie si sarebbero dovute imbattere le famiglie per mandare i figli a scuola con i mezzi di trasporto con tutta questa altalena di «sì, no, forse, un po’»?

Bene, a febbraio chiamo due volte la ditta di trasporti cui è affidato il servizio in Valsesia cioè l’ATAP di Biella e chiedo quale sia il modo migliore per ovviare a questo problema e venire fuori da questa odissea di acquisti e rimborsi. Il primo dipendente a cui mi rivolgo mi dice di acquistare il biglietto 10 corse (nota bene: la prima rivendita dove l’Atap fornisce questo tipo di documento di viaggio è a 23 km di distanza dalla mia abitazione). Raggiunta la destinazione scopro dal rivenditore che questo tipo di biglietto da noi non esiste (è solo urbano e le nostre sono tratte extra urbane). Torno a casa, un po’ contrariata, e il giorno successivo acquisto nel mio Comune alcuni biglietti di una sola tratta (da noi esistono solo quelli e sono carissimi) ma siccome il rivenditore non ha più a disposizione quelli della tratta da me richiesta perché l’azienda di trasporti non glieli fornisce, sono costretta a comperare quelli relativi a tratte più lunghe, e quindi ancora più costose, altrimenti, acquistando quelli meno costosi (ma relativi a tratte inferiori), mia figlia potrebbe essere multata.

Se questo non è disservizio ditemi cos’è! Ma non è finita. Richiamo la solita azienda di trasporti di Biella, rispiego il problema (che ovviamente non è solo mio), mi dicono di sporgere reclamo e mi indicano come soluzione possibile l’acquisto del carnet da 20 corse (con il quale posso mandare mia figlia a scuola 10 volte al costo di quasi 70 euro, più conveniente del mensile). Torno quindi dal primo rivenditore che possiede tale tipo di biglietto (sempre a 23 km di distanza e quindi tra andata e ritorno sono 46 chilometri) e compero il biglietto da venti corse, la cui validità scatta dal momento dell’acquisto.

Dopo solo due giornate di utilizzo (con DAD al 50%), il nuovo decreto vieta totalmente le lezioni in presenza per le scuole superiori. Bene, e il mio biglietto? Ha una validità di soli 30 giorni; ma dico, 20 corse e una validità di 30 giorni? Mi chiedo quale altra azienda di trasporti venda biglietti così svantaggiosi per gli utenti. Ok, visto che dall’acquisto del biglietto, tra didattica in presenza prima al 50% e poi vietata del tutto, passeranno più di 30 giorni, dato che mia figlia non potrà più andare a scuola fino a dopo Pasqua, procedo con la richiesta del rimborso della corse che non è possibile utilizzare.

Ma… sorpresa! L’Atap (che mi aveva consigliato quel tipo di biglietto) risponde che il rimborso non potrà essere accettato perché il biglietto non è nominale. Nessuno dell’Azienda, consigliandomelo, lo aveva specificato. Non mi arrendo a quella prima risposta protocollata e, dopo aver scritto le mie rimostranze una seconda volta (intanto le settimane passano), ricevo un’altra risposta protocollata cui viene allegata questa informativa: «Si rende noto che a decorrere dal 30/3/21 e sino a tutto il 30/6/21, la durata temporale del titolo di viaggio Carnet 20 corse extraurbano a distanza passerà dagli attuali 30 giorni dalla data di emissione a 60 giorni dalla data di emissione, al fine di adeguare in via straordinaria le regole di utilizzo del suindicato titolo alle particolari esigenze derivanti dall’attuale fase di emergenza sanitaria».

Rimango esterrefatta: bello sforzo, sapendo che le scuole superiori non riprenderanno le lezioni in presenza ancora per un bel po’ e poi continueranno la DAD al 50%; oltre il danno la beffa! Quale mente illuminata all’interno dell’azienda di trasporti è riuscita a concepire (a distanza di più di un anno dall’inizio dell’emergenza) un tale «ponderato» provvedimento, quando l’unica cosa utile, sensata e corretta sarebbe stata quella di prolungare la scadenza del biglietto fino a esaurimento delle corse, con validità fino al termine dell’anno scolastico, ormai vicino? Bel modo di agire come servizio pubblico, persino con un «celato» atteggiamento discriminatorio verso i ragazzi delle scuole superiori e le loro famiglie che hanno già avuto il disagio della didattica altalenante e ora anche quello di spese di trasporto costose, non rimborsabili o biglietti non sfruttabili.

Chissà se qualcuno del Governo ha mai pensato (come già detto prima) alle peripezie che le famiglie degli studenti avrebbero dovuto affrontare con i problemi dei trasporti scolastici in tempo di pandemia? Mah, magari il resto d’Italia non è nelle nostre condizioni e non deve sottostare al volere di Aziende di Trasporti quale quella a cui dobbiamo ricorrere noi per mandare a scuola i nostri figli. Me lo auguro. Ah, ho riscritto ancora all’ATAP di Biella, ma tutto tace!

Chiara Leonoris

 

Immagine di repertorio

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