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Ospiti al Lions Club Valsesia Pier Luigi Guerra titolare della ditta “Guerra 1855”e sua figlia Valentina

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Che lo indossi il Cappellaio Matto, The Mad Hatter, il personaggio immaginario inventato da Lewis Carroll, apparso per la prima volta nel 1865 ne Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e che ricompare in Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi trovò (1871) o una gentil dama ad Ascot, il cappello resta un accessorio imprescindibile e connota il personaggio che lo porta. Estroso, stravagante, bizzarro, ma anche serio, austero, sobrio, sin dal Quattrocento ne esiste uno per ogni evento. Proteggere il capo con un copricapo è un’usanza antichissima: l’Uomo di Similaun portava un copricapo di pelle d’orso. Anche il cinema ha reso omaggio al cappello conferendo l’Oscar a: “La grande bellezza”, dove ne spicca uno bianco sulla testa di Toni Servillo.

Il cappello è una creazione artigianale d’eccellenza, come ha spiegato ai soci del Lions Club Valsesia, Pier Luigi Guerra, titolare della Ditta “Guerra 1855”, ospite con la figlia Valentina, responsabile dell’area marketing e del settore Donna. La Ditta produce cappelli dal 1855: millecinquecento al giorno con quattromila dipendenti: “La nostra azienda può essere considerata di nicchia: non mi interessano i numeri, ma è bello fare cose belle”. Il cappellificio fu fondato da Giambattista Guglielmina, il famoso scalatore, che cominciò ad esportare anche nel Lombardo Veneto, oltre il Ticino: a quell’epoca a Borgosesia c’erano tre cappellifici e nell’allora provincia di Novara ce n’erano ben settantadue, che davano lavoro a 1648 operai. Guerra lo acquisì negli anni Venti-Trenta. Oggi Guerra è un laboratorio di eccellenza artigiana che produce cappelli per tutti i gusti e per tutto il mondo. Alcuni dei copricapo usciti da qui sono stati indossati da Francois Mitterrand, Bill Clinton, e da illustri cantanti italiani. Inizialmente avviata per il Mercu Scurot, manifestazione che dal 1854 si svolge il Mercoledì delle Ceneri, quando un gruppo di persone in frac e cilindro si organizza per sfilare in corteo facendo sosta in ogni osteria, Guerra prosegue nella produzione: un suo cilindro è stato indossato dal principe William per il matrimonio, anche se naturalmente l’etichetta recitava “Made in London”! In quasi centosessant’anni di storia ci sono stati momenti di crisi, in cui la famiglia Guerra ha anche valutato la chiusura. A creare i primi problemi fu l’arrivo dell’automobile: il cappello era scomodo da indossare in auto e soprattutto non serviva più per ripararsi dal freddo e dalle intemperie. Poi il cappello veniva associato agli anziani. Ma ora a rilanciare questo simbolo di uno stile ritrovato sono proprio i più giovani, che vogliono un accessorio tra l’elegante e lo sbarazzino.

Pier Luigi Guerra ha spiegato come la scelta di un cappello sia estremamente individualizzata, perché il cappello definisce in modo preciso la personalità di chi lo indossa e ne completa l’immagine: “Esisteva anche una gestualità legata al cappello, che è andata perdendosi, tranne per rari casi”.

San Giacomo minore, apostolo figlio di Alfeo, è il patrono dei fabbricanti di cappelli, cardatori, droghieri e farmacisti, morì ucciso con un bastone e poi il corpo venne gettato giù dal tempio di Gerusalemme probabilmente nel 62 d.C. Il suo simbolo è appunto un bastone da gualcheraio, usato per cardare la lana che aveva un’estremità di metallo, triangolare ed uncinata.

La serata era dedicata specificatamente al “cappello in feltro”, un prodotto particolare, derivante da fibre naturali. Dalla lana di pecora, capra, montone, cammello si produce feltro ordinario, un po’ “grossier”, non accattivante come il pelo di lepre, martora, castoro, lontra, coniglio, utilizzati da Guerra per feltri di alta qualità, molto diversi anche a livello di costi. Il cappello di feltro è un pezzo unico, nasce con quella precisa finalità, che sia un cappello da cowboy, o una feluca da ammiraglio, viene modellato con il vapore. Dall’inizio alla produzione finita il cappello richiede ben cinquantasette operazioni manuali. Dagli anni Ottanta è stata fatta la scelta di delocalizzare la produzione del feltro nei paesi dell’est Europa, allora ancora nell’orbita sovietica, dove si faceva un grande uso di copricapi, e soprattutto si era mantenuta la tradizione della lavorazione. Un video mostrava la feltratura realizzata nella Repubblica Ceca, al confine con la Polonia: Guerra fornisce le forme, che prima vengono realizzate in legno da uno scultore, in dodici taglie, poi in gesso e infine fuse in alluminio, il prodotto semifinito poi torna in Italia per la rifinitura. Non poteva mancare un cenno al famoso Panama, il cappello che fu indossato per proteggersi dal caldo dal Presidente Roosvelt, quando nel 1906 inaugurò l’omonimo canale. Quel cappello, completamente intrecciato a mano, è realizzato con la palma nana dell’Ecuador, che cresce nell’acqua: “A seconda della finezza una donna può impiegarci per realizzarlo quindici giorni o tre anni”. Guerra è specializzato nella produzione dei cappelli indossati dagli ebrei ortodossi, che dagli undici anni devono cominciare a coprirsi il capo, e nella produzione dei cappelli per i boy scouts, dall’Italia alla Svezia, al Canada. E’ stato brevettato, ma non ancora commercializzato, un tessuto non tessuto, un feltro agugliato, traspirante: “Questo prodotto innovativo avrà un suo particolare canale di promozione, che lo veicolerà in modo nuovo”.

I cappelli per signora, un tempo erano realizzati dalle modiste, professionalità oggi scomparsa, ma i fiorentini hanno saputo creare un’industria fornitrice mondiale del cappello da donna e quindi Guerra dieci anni fa ha aperto un’unità produttiva nel capoluogo toscano.

Oliver Sacks nel 1985 pubblicò uno splendido saggio neurologico: L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, raccontando in modo stringato, ma lirico, parte dei numerosi casi clinici di cui aveva avuto esperienza negli anni. Il caso da cui nasce il titolo del libro dimostra come per quanto stravagante, fuori dall’ordinario, curiosa sia la vita di ogni paziente, esista un diritto peculiarmente umano di avere un posto nel mondo, un diritto al rispetto, nonché alla libertà di esprimere se stesso nel modo che è più congeniale, anche indossando un cappello!

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