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Presentato, “Omaggio a Rima”: il primo di una serie di contributi monografici dedicati alle genti Walser

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RIMA – In una suggestiva piazzetta di Rima, alla presenza del Sindaco, Giuliana Marone e di un numeroso pubblico, il 18 agosto è stato presentato: Omaggio a Rima, il primo di una serie di contributi monografici dedicati alle genti Walser che diedero origine al paese.

Questo libro parla di gente che conosciamo, gente del paese, gente comune, per cercare di ricostruire la storia di Rima partendo dai piccoli fatti, come il diario del maestro Giulietti che narra della valanga del 1888, ritrovato nel Fondo Durio della Biblioteca di Varallo, oppure recuperando la figura di Pier Benedetto Bertoli, che scrisse una storia del paese, ma visse e lavorò nel Cusio”: Hanzi Axerio ha presentato l’incontro dando la parola al vescovo di Novara, Monsignor Brambilla, qui conosciuto da ben quarantanove anni, poiché “Don Franco”, è solito trascorrere a Rima le vacanze estive.

Il vescovo ha definito il volume: “Un libro di affascinanti foto di famiglia, a partire dal tempo in cui i vescovi possedevano questi territori e li davano in affitto ai walser con scadenze protratte per generazioni, caricando così di responsabilità gli affittuari e valorizzando i terreni con orizzonti temporali più lunghi”. Monsignor Brambilla ha ricordato che le valanghe sono fenomeni che segnano la vita del paese e della Comunità: quella del 1803 con lo spostamento d’aria prodotto distrusse le case davanti al paese di oggi, come descritto in un quadernetto conservato nell’archivio parrocchiale, mentre quella del 1888, seguita da dieci giorni ininterrotti di nevicata, ha lasciato un segno dietro il campanile, a futura memoria e in un Ex Voto pittorico di una signora sorda, che si era miracolosamente salvata.

La grafica e l’impaginazione del volume nascono dal buon gusto e dalla professionalità di Wilma Cerutti, Mattia Sandrini ha fornito molte delle fotografie che lo arricchiscono dal punto iconografico, cui si aggiungono immagini provenienti dai ricchi fondi iconografici della Biblioteca di Varallo, che ha fornito anche molte indicazioni bibliografiche emerse dalla consultazione delle Guide della Valsesia, dalle più antiche a quelle contemporanee, tra le quali: “Dal riso al Rosa” di Vittoria Sincero, giornalista mancata centenaria quest’anno e Lorenzo Del Boca, allora giovane giornalista, e oggi Direttore dei Giornali diocesani, che ha partecipato alla presentazione. Preziose informazioni sono state riprese dai “Dattiloscritti” di Padre Eugenio Manni, i quaderni di lavoro che servirono per la compilazione dei “Campanili della Valsesia”.  Omaggio a Rima, ma anche al settecentesimo anniversario della morte di Dante, è il gustoso sonetto di Cesare Frigiolini: “Franzesca da Rimma”, parafrasi della vicenda di Paolo e Francesca, tradotto dal poeta civiaschese Giorgio Salina e pubblicato in appendice al volume.

Dopo la lettura di una testimonianza della figlia di Pier Benedetto Bertoli, Lino Cerutti che ha curato la ricerca su questo rimese per parte di madre, ma soprattutto di cuore, nato e vissuto ad Omegna, che fu valente giornalista e autore di testi teatrali, ne ha presentato la poliedrica attività pluripremiata.

Enrico Rizzi, il massimo studioso dei Walser, autore di pubblicazioni importanti, legato a Rima ed all’amicizia quarantennale con Hanzi, ha approfondito il rapporto Rima-Alagna, il paese matrice da cui provenivano i coloni che fondarono il paese, “ultimo anello nella lunga catena “, ricostruendo anche le fasi più antiche dell’insediamento, per riaprire il dibattito aperto una decina di anni fa dallo studioso di linguistica Sergio Gilardino, che, basandosi sulle sue imponenti ricerche linguistiche, sostenne che l’origine dei walser era da cercare tra i popoli del nord, tra i vichinghi.

Rizzi, rispondendo alle domande del pubblico, incuriosito dalle origini Walser, teorizzate per ora su basi linguistiche, ha spiegato che resta da approfondire la corrispondenza con le lingue del nord tra parole walser non alemanniche, ma che una risposta più sicura verrà dalla genetica: “I segni runici, che si persero quando gli alemanni furono cristianizzati, VI – VII secolo, rimasero nei popoli del nord Europa che li utilizzarono fino a un secolo fa: nei Walser questi segni indicano i casati. L’Alto Vallese era la culla dei Walser: i primi coloni di Alagna arrivarono da Gressoney e da Macugnaga, dando vita ad Otro, ma sono tutte da indagare le origini più antiche”. Oggi, che è stato avviato il processo per ottenere il riconoscimento di patrimonio UNESCO ai Walser, Enrico Rizzi ha sottolineato che: “Quella Walser è una piccola cultura portatrice del patrimonio di una grande civiltà: è un dovere credere in luoghi che hanno una storia così nobile, ma per capirla fino in fondo bisogna venire a Rima, conoscerla e studiarla”.

Al termine Hanzi Axerio si è augurato che si pubblichino presto altri libri come questo Omaggio per ricostruire il mosaico generale.

 

Piera Mazzone

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