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Serata Rotary interclub con la giornalista e scrittrice Marta Ottaviani

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Il 18 marzo a Biella, presso il Circolo Sociale, la giornalista Marta Ottaviani, ai Rotary Club Biella Vallemosso Valsesia, e Gattinara, riuniti in Interclub, ha parlato di: “La Turchia di Erdogan”: alla riunione ha partecipato anche Giovanna Mastrotisi, futura Governatrice dell’anno rotariano 2019-2020.
L’incontro era stato preceduto da altri due importanti Interclub: giovedì 24 gennaio a Gattinara, ospite la giornalista russa Anna Zafesova, che aveva parlato della “Russia di Putin” e giovedì 21 febbraio a Valle Mosso, con relatore il giornalista e scrittore Paolo Bricco, che presentò il volume: “Marchionne lo straniero”.
Franco Borlo, Presidente del Rotary Club Biella, ha introdotto la serata ringraziando il Presidente del Rotary Club Valsesia, il giornalista Lorenzo Del Boca, già Presidente dell’Ordine dei Giornalisti, per aver organizzato questi incontri di macro-storia contemporanea con giornalisti importanti.
Marta Ottaviani ha vissuto in Turchia dal 2005 al 2013, ed ha iniziato a scrivere per le principali testate italiane, a iniziare dall’agenzia stampa Apcom e anche oggi, che lavora principalmente per La Stampa e per Avvenire, torna mensilmente in Turchia: “Almeno fino a quando me lo consentiranno” e viene quindi considerata tra i maggiori esperti italiani della cultura e della politica di questo paese sospeso tra Oriente e Occidente. Ha pubblicato: Cose da Turchi  (Mursia, 2008) e Mille e una Turchia (Mursia, 2010). Col suo ultimo libro, Il Reis, Come Erdoğan ha cambiato la Turchia, pubblicato nel 2016, ha vinto il Premio Fiuggi-Storia, per la sezione Gian Gaspare Napolitano-Inviato Speciale (2016).
La Turchia è stata a lungo l’eterna fidanzata dell’Unione Europea: avrebbe dovuto fornire un futuro di pace e prosperità, invece si è trasformata in una scheggia impazzita per l’Europa. Dal 2002 la storia della Turchia coincide con quella del suo Premier Erdogan e, con una virata di 180°, è passata da partner fedele degli Usa e di Israele, a paese problematico sia per Mosca che per Whashington. Appartenente alla Nato, la Turchia può permettersi di acquistare missili S-400 dalla Russia e ignorare le pressioni di Washington, di tenere in scacco gli europei (spaventati dalla possibilità di vedersi arrivare ai confini un milione di profughi siriani) e manovrare affinché l’epilogo della guerra in Siria non avvantaggi le minoranze curde, su entrambi i lati del confine. La Turchia dopo la rivoluzione Kemalista era un paese mussulmano laico, con leggi occidentali, mentre oggi è diventato un paese conservatore in senso islamico.
“Nel 2005” ha sottolineato Marta Ottaviani “Avveniva l’esatto contrario di quanto si vede oggi: per entrare nei luoghi pubblici, scuole, università, tribunali, ospedali, le donne erano obbligate a togliersi il velo, dopo che Erdogan l’ha liberalizzato invece vige la possibilità /obbligo psicologico di indossarlo nei locali pubblici, ciò ha avuto ma implicazione normativa diretta importante sulla vita sociale. La Turchia è diventata sempre più confessionale: lo zoccolo duro di Erdogan è nelle regioni anatoliche. I giornali in Turchia sono controllati da Presidente e dalla sua famiglia. Ci sono duecento giornalisti in carcere che forse non usciranno mai più, è stata ridotta la condizione dei diritti umani, ma se ciò non lede gli interessi, non suscita troppo scalpore. Le persone attualmente in carcere per l’arresto post golpe sono cinquantunomila, sono stati ritirati trecentomila passaporti, centocinquantamila persone hanno perso il lavoro e di questi ben diecimila erano docenti universitari”.
La giornalista in modo molto chiaro e diretto ha spiegato la metamorfosi della Turchia attraverso l’ascesa politica e la svolta autoritaria dell’attuale presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdoğan, il ‘Reis’, come lo chiamano i suoi sodali fin dai primi anni della militanza nei partiti islamici del Refah e del Fazilet: “Un paese musulmano, ma con istituzioni laiche, alleato storico dell’Occidente e candidato all’ingresso in Unione Europea, che in appena quindici anni è diventato un modello per l’affermazione dell’Islam politico e l’esempio più di successo di regime autoritario in Medioriente. Una svolta alla quale si è accostata sempre di più anche una connotazione religiosa. Il libro, incentrato sugli ultimi vent’anni di politica della Turchia, ripercorre tutte le tappe fondamentali che hanno segnato questo percorso: la militanza di Erdoğan nella destra islamica turca, l’illusione di una svolta liberale e filoeuropea, lo scontro prima con i militari e poi con Fethullah Gülen, la rivoluzione mancata di Gezi Parkı, del 2013, la persecuzione dei giornalisti, la situazione sempre più drammatica della minoranza curda e infine il golpe fallito del luglio 2016 e la successiva purga del presidente. Sullo sfondo, la complessa situazione internazionale, dove Ankara ha deciso di giocare un ruolo sempre più autonomo e ambiguo, dalla gestione delle alleanze, inclusa quella con lo Stato Islamico, alla gestione del ‘sogno’ europeo in chiave solamente utilitaristica”. Marta Ottaviani ha dichiarato: “Di fronte alla Turchia oggi mi sento sconfitta come Europa, ma anche come essere umano: della Turchia si parla troppo poco e male, perché è un paese che dobbiamo tenerci buono, e quindi siamo molto, troppo accomodanti, senza chiederci il prezzo di questa “connivenza”.
Le elezioni municipali del 31 marzo si svolgeranno in un contesto segnato dalle difficoltà economiche che intaccano il potere d’acquisto dei turchi più poveri – ma anche dall’idea che la situazione geopolitica attuale offra un’occasione storica per Erdogan, per l’ideologia islamista e conservatrice del suo partito, il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp), e per il suo sogno di restaurare la potenza ottomana.
Rispondendo alle numerose domande Chiara Ottaviani ha spiegato la vera dinamica del fallito colpo di stato del 2016, del quale Erdogan sarebbe stato perfettamente al corrente e che ha sfruttato per togliersi di torno gli oppositori, e in particolare i laici e tutta l’eredità kemalista. La giornalista ha dichiarato di essere ben conscia dei pericoli che corre ogni volta che torna in Turchia, sa di essere seguita, ma reagisce colpo su colpo e soprattutto gode della solidarietà dei colleghi italiani ed esteri. Alle domande sulla questione curda, ha preferito non rispondere: “Sarebbe necessaria un’intera serata per non cadere in pericolose semplificazioni”.

Lorenzo Del Boca, storico e giornalista, organizzatore del ciclo di incontri per aprire una prospettiva internazionale, ha annunciato per giugno una conferenza del giornalista Ennio Caretto su l’America di Trump.

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