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Varallo e l’Egitto, un legame finora sconosciuto…

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VARALLO – Sabato 12 febbraio, nel Salone dell’Incoraggiamento di palazzo dei Musei, Beppe Moiso, curatore del Museo Egizio di Torino, ha affascinato il numeroso uditorio parlando del finora sconosciuto legame che unisce Varallo all’Egitto: Virginio Rosa, di madre varallese, Enrichetta Pianazzi (1866-1940), che sposò in seconde nozze Secondo Pia, avvocato e «fotografo per diletto», come amava definirsi, noto come il fotografo della Sindone, ma che fece una campagna fotografica in Valsesia, su incarico di Schiaparelli che nel 1907 era diventato Soprintendente delle Antichità del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria.

Il Pia fu ospitato a Varallo nella casa di Enrichetta, vedova di un capitano di artiglieria dal quale aveva avuto due figli: Virginio ed Erminio. Virginio certamente frequentò le sale del Museo di Scienze Naturali, fondato da Pietro Calderini, e fu attratto da una mummia di gatto dallo sguardo dolce e da altri reperti egizi. A Torino si laureò in Chimica e si dedicò alla botanica, ma la civiltà egizia rimase la sua grande passione. Virginio fu scelto da Ernesto Schiaparelli, direttore del Museo Egizio dal 1894 al 1928, per guidare nel 1911 una fortunata campagna di scavi in Egitto. La sua attività sul campo fu preziosa non solo come direttore degli scavi, ma anche per aver documentato con disegni e sul suo inseparabile «Giornale di Scavo» tutte le fasi dei lavori e i reperti egiziani.  Virginio purtroppo in Egitto contrasse anche una grave malattia che, rientrato in Italia, ne causò la prematura morte, a soli ventisei anni, nel 1912.

Il relatore ha spiegato come l’Egittofilia/Egittomania contagiò musei e privati dopo le campagne napoleoniche in Egitto: tutti dovevano procurarsi dei reperti archeologici di quella civiltà che ebbe una grande importanza nel mondo occidentale. Il Museo Egizio di Torino aprì al pubblico nel 1824, nel vecchio Collegio dei Nobili, che era diventato sede dell’Accademia delle Scienze: Carlo Felice acquistò la collezione di Bernardino Drovetti, composta da circa settemila pezzi, purtroppo decontestualizzati. Con la nascita dell’egittologia scientifica “si gira pagina”: si passa dal collezionismo alla ricerca scientifica.

I reperti conservati a Varallo, tutti riconducibili a Pietro Calderini, sacerdote naturalista, sono il risultato di quella «moda e sono stati negli anni oggetto di rinnovato interesse, che ha favorito importanti restauri. Quest’anno l’Inner Wheel Valsesia finanzierà il restauro di tre preziose statuette lignee della collezione egizia del Museo Calderini. La più grande, di circa 30 cm di altezza, adottata come simbolo della campagna di restauro, raffigura un’Iside lactans; le altre due, più piccole, sono raffigurazioni di divinità, probabilmente riferibili a Osiride. Particolarità delle due statuette maschili è che entrambe presentano sul retro un vano contenitore, in cui in un caso è riposto un piccolo frammento di mummia (probabilmente un’offerta alla divinità stessa). Attraverso una campagna social dedicata, si darà la possibilità al pubblico di seguire il restauro: dalla partenza dei reperti egizi verso il laboratorio di restauro, con costanti aggiornamenti sull’avanzare del lavoro.

Al termine della conferenza al relatore sono state poste molte domande, ed è intervenuta anche la varallese, ma egiziana di nascita, Zeinab Gadallah, che ha ringraziato Moiso, e ha fatto una carrellata sulle attrattive del suo paese, che oggi è meta molto frequentata dai turisti.
Paola Angeleri, conservatore della Pinacoteca varallese, dopo aver ringraziato il relatore e il pubblico, ha ricordato che la mostra itinerante «Liberi di imparare», allestita nell’ex chiesa di San Carlo, nata dalla collaborazione tra Museo Egizio, Palazzo dei Musei, UNPLI Piemonte e Città di Varallo, si sarebbe conclusa il giorno successivo, ma le collezioni del Museo Calderini, seguite dal Conservatore Marta Coloberti, sono disponibili per visite e approfondimenti.

Beppe Moiso ha chiesto la collaborazione delle istituzioni varallesi per mettere a fuoco la figura e la dimora varallese di Enrichetta Pianazzi, che morì a Torino nel 1940, e di rintracciare sul giornale socialista La Campana i contributi di Virginio Rosa, che si firmava con lo pseudonimo di Orsa Maggiore, per arricchire di nuovi contenuti questo singolare legame con Varallo e la Valsesia.

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