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Varallo: un prete coraggioso sacrifica la propria vita per combattere la mafia

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Domenica 31 marzo al teatro Civico di Varallo, davanti ad una platea numerosa, con molti giovani, è stato presentato il film documentario: “Monte Inferno”, girato dalla regista Patrizia Santangeli, che è incentrato su quanto sia ancora vivo il ricordo di Don Cesare Boschin, il coraggioso parroco di Borgo Montello, uno dei paesi dell’agro pontino, bonificati durante il Fascismo, teatro delle esibizioni di Mussolini nella battaglia del grano, che negli anni Settanta cambiò radicalmente fisionomia a seguito della creazione di una discarica privata che andò ingrandendosi, inquinò l’aria e l’acqua, ma anche le coscienze, offrendo guadagni enormi a coloro che si prestavano a misteriosi trasporti notturni. Don Cesare era parroco a Borgo Montello dagli anni Cinquanta e conosceva uno per uno i suoi parrocchiani. Questo prete all’antica, che non abbandonò mai la talare, si considerava un “colono” dello spirito e condivideva le difficoltà di una vita dura. Dalla finestra della cucina della canonica fu insospettito da un andirivieni di camion nella notte, che entravano nella discarica a scaricare, e ne parlò ad amici potenti che aveva a Roma. In paese si costituì un Comitato che si riuniva nei locali della canonica, al quale il prete ormai anziano e ammalato di cancro ai polmoni, diede il suo appoggio. Don Cesare fu assassinato la notte del 29 marzo 1995: il suo corpo incaprettato, con la bocca chiusa da un adesivo da pacchi, fu ritrovato al mattino dalla domestica. Indagini frettolose attribuirono la morte ad alcuni balordi che avrebbero cercato denaro, ma nelle tasche della tonaca c’era l’intero suo stipendio mensile, l’orologio era al suo posto, mentre erano spariti l’agenda in cui il sacerdote annotava meticolosamente ogni cosa e l’album di fotografie che conteneva la testimonianza visiva di ciò che stava accadendo. L’uccisione di Don Cesare era stata un atto fortemente simbolico, a seguito del quale il Comitato si sciolse, ma le coscienze non cessarono di interrogarsi. La regista ha dato la parola ai testimoni, a coloro che conobbero Don Cesare e che convivono tuttora con la presenza della discarica, che avvelena la salute, la terra e l’acqua.

Isabella Formica, varallese, nipote di Don Cesare, ha voluto che il documentario fosse proiettato anche a Varallo, dopo Roma, Latina, Torino, Lecce, Verona, Narni Varallo, coinvolgendo Libera Piemonte nell’organizzazione dell’evento, per testimoniare un omicidio che non è stato solo un fatto di cronaca, ma un consapevole sacrificio per la Comunità: “Una storia che riguarda tutti”, come recita il sottotitolo del film documentario.

Al termine della proiezione sono saliti sul palco la regista, Patrizia Santangeli, Felice Cipriani, l’autore del libro: “Quello strano delitto di Don Cesare”, uscito tre anni fa, con la prefazione di Don Luigi Ciotti, Claudio Gatto, amico e collaboratore di Don Cesare e Luciano Boschin, il nipote residente a Borgo D’Ale, per testimoniare il loro impegno per non dimenticare e rendere onore alla memoria di Don Cesare .

Patrizia Santangeli, regista indipendente, ha lavorato quattro anni per raccontare l’indifferenza di chi non vuole vedere ciò che è accaduto e sta accadendo, anche se la discarica ufficialmente è stata bloccata dalla Procura della Repubblica, usando uno strumento inconsueto: il tema della bellezza. La sua sfida era proprio quella di parlare di un discarica senza mai mostrare spazzatura, di far emergere questa “violazione dei più elementari diritti umani”, cercando di rendere giustizia ad un omicidio del quale non si è mai voluto scoprire il colpevole. Il suo lavoro avrà un seguito, sta ultimando un libro: I fiori di Borgo Montello, scritto con i pensieri di ognuno dei componenti della famiglia Giorgi, che gestisce delle serre in prossimità della discarica e ha dovuto riconvertire la produzione da agricola ad azienda floricola. Felice Cipriani, “scrittore della memoria” si è soffermato sul luogo: Borgo Montello che prende nome come gli altri paesi intorno a Latina dai luoghi che furono teatro di battaglie durante la Prima Guerra Mondiale, ma si distingue per una storia importante: era l’antica Satricum, città etrusca prima, romana poi, della quale un’archeologa olandese ha ritrovato i resti, impegnandosi a proteggerli. Il fiume Astura, che attraversa l’abitato, oggi è soffocato dall’inquinamento: noi valsesiani certamente ricordiamo la Lancia Astura, un’automobile prodotta dalla casa torinese dal 1931 al 1939. Borgo Montello, quando si chiamava ancora Conca, nel Seicento era luogo di impunità per i briganti: tale privilegio fu revocato dal Papa solo nel 1750. Nella chiesa di Don Cesare Maria Goretti ricevette la Prima Comunione. All’arrivo di Don Cesare la guerra era finita da pochi anni, la comunità era povera, composta da un crogiuolo di etnie: veneti, italiani rientrati dalla Tunisia, profughi istriani, e Don Cesare cercò di essere un padre per tutti.

Claudio Gatto, che da ragazzo frequentò l’oratorio di Don Cesare, ha sottolineato che: “Era un prete amico, che ha dato la vita per il suo prossimo, e che per trovare i colpevoli sarebbe sufficiente seguire le piste scartate dalla Procura e si arriverebbe facilmente al colpevole, ma soprattutto ai moventi” ricordando che dopo don Cesare a Borgo Montello ci sono state altre sette morti sospette, derubricate come accidentali e questo fa davvero pensare.

Il nipote di Don Cesare, Luciano Boschin, che vive a Borgo D’Ale, ha condiviso molti dei ricordi dai quali emergeva la figura di un sacerdote poverissimo, ma entusiasta, appassionato, generoso: “Considero la vostra partecipazione stasera così numerosa come un Rosario recitato per Don Cesare, assassinato proprio ventiquattro anni fa”.

La biblioteca di Varallo ha acquisito il libro, il DVD con il documentario e la rivista che tiene desta l’attenzione sul paese e sulle vicende della discarica: chi volesse può venire a consultarli, o a prenderli in prestito, perché solo la conoscenza impedisce il calare dell’oblio su una vicenda che non può e soprattutto non deve essere dimenticata.

 

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