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VercelliViva dedica il suo programma annuale al riso

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VercelliViva dedica il suo programma annuale al riso

VercelliViva ha dedicato il suo programma annuale al riso, intitolandolo: “Terra d’acqua: lineamenti culturali per un profilo identitario del Vercellese (immagini e scrittura)”, offrendo il proprio, peculiare, contributo a Risò, il Festival del riso, programmato nella seconda settimana di settembre: “Attraverso parole e immagini alternate si cerca di cogliere alcuni lineamenti culturali per costruire il profilo identitario del proprio territorio”.

VercelliViva dedica il suo programma annuale al riso

Il sottotitolo del primo incontro, organizzato al Piccolo Studio da VercelliViva: “Epopea ed elegia di risaia”, tenuto dal regista vercellese Matteo Bellizzi, ha fatto da filo conduttore anche alla seconda conversazione, incentrata sul “cantore della Baraggia e della risaia”, Arnaldo Colombo.

Ha portato il saluto di Rovasenda il Sindaco, Federico Carola, che ha sottolineato il legame affettuoso con Arnaldo e la sua famiglia, con i due relatori: Piera Mazzone e il Professor Angelo Fragonara, del quale fu allievo al Lagrangia. Fragonara ha ricordato che proprio Federico Carola “gli salvò la vita” nel 1999, quando lo visitò nel reparto di Cardiologia Nucleare dell’ospedale di Novara.
All’incontro vercellese hanno partecipato anche Valeria Manachino, Assessore alla Cultura del Comune di Rovasenda, Rita Corradino e Achille Forchini, volontari e membri del Consiglio della Biblioteca di Rovasenda intitolata ad Arnaldo Colombo. Gli eredi del Professor Colombo, con grande generosità donarono l’intero patrimonio bibliografico alla Biblioteca del paese, contribuirono al riordino e alla schedatura dei libri e acquistarono le scaffalature adatte ad ospitarli: oggi il Fondo Professor Arnaldo Colombo è collocato in un’ampia sala, dove sono esposti anche i diplomi, le targhe e le coppe che ne attestano il valore di storico e scrittore.

Nella prima parte dell’incontro è stato delineato un profilo biografico e bibliografico di Arnaldo Colombo, insegnante di italiano e latino al Liceo Scientifico, storico, scrittore, poeta in lingua e in dialetto, che pose al centro del suo mondo letterario due ambienti naturali contraddistinti da un’immobile unicità: la Baraggia e la risaia, animandoli con i protagonisti di vicende millenarie. Quelle “dinastie della terra” forgiarono la fisionomia dei luoghi, ma soprattutto il carattere delle persone: le radici contadine diedero ad Arnaldo Colombo concretezza di vita e di scelte esistenziali, ma soprattutto gli inculcarono il rispetto della dignità delle persone, di tutte le persone.
Colombo fu scrittore di grande profondità che, volutamente, scelse di raccontare la sua terra e la sua gente con una prosa disadorna, quasi rinunciataria, intessuta di silenzi e di fatiche, che rispecchia il carattere delle protagoniste: le mondine. Lucia, la mamma di Arnaldo Colombo morta ultracentenaria, fu una donna straordinaria che mantenne freschezza e memoria dei ricordi di una vita china in risaia, con un figlio da crescere e un marito partito alla conquista dell’Impero. Colombo dedicò proprio alla madre una straordinaria biografia: “La ragazza di risaia”, che può essere letta come un “romanzo di formazione”, in cui la Cia è colei che educa, che insegna con la sua vita, le sue parole, le sue memorie.

Arnaldo raccontò la storia del proprio paese e dei Di Rovasenda, tuttora proprietari dell’antico castello, le vicende del Biondino, il brigante di risaia, tradito dal suo amore per il ballo, che fu ucciso alla Cascina Campesio, e l’epopea di Pierre du Terrail, Signore di Bayard, il famoso Bayardo, “Cavaliere senza macchia e senza paura”, la cui morte in Baraggia per un’archibugiata, segnò la fine della cavalleria. Rovasenda è gemellata con Pontcharra, paese natale del Bayardo, da oltre cinquant’anni e che tra le due Comunità tuttora esistano legami forti, rinsaldati da visite reciproche. Ad Arnaldo Colombo va il merito di aver scritto il primo libro che analizzava la Resistenza dal punto di vista dei cattolici: “La Resistenza all’ombra di Sant’Eusebio”. Vinse il prestigioso Premio Pavese con: Pavese e Nuto, sentire una voce fuori dal tempo, dedicò allo scrittore langarolo importanti studi, analizzandone anche quell’unico anno di insegnamento a Vercelli, al Liceo Lagrangia. Nel 2000 pubblicò: “Santo Stefano Belbo e Recanati. Leopardi e Cesare Pavese” unendoli con una serie di richiami esistenziali e poetici.

Nella seconda parte dell’incontro il Professor Fragonara, che fu collega di Arnaldo e ne apprezzò le poesie, autore della prefazione della prima raccolta poetica di Arnaldo Colombo, Risèra risèra, ne ha offerto una lettura critica: “Poeta dialettale colto, latinista raffinato, ingaggiato a rappresentare un passaggio critico della civiltà della risaia camminando sulle tracce degli esametri di Virgilio”: memorabile fu la lettura del dialogo di Eusebio (Giôbi) e Ambrogio (Ambrôs) interpreti di destini diversi come lo sono i virgiliani Titiro e Melibeo nella prima ecloga delle Bucoliche. Eusebio aveva colto il trapasso epocale delle diverse tecniche di coltivazione del riso: la meccanizzazione e l’avvento della chimica, uscendo da una agricoltura di pura sussistenza, mentre Ambrogio non era riuscito ad accettarle: “In Colombo si avverte la stessa sensibilità e capacità di cogliere l’elegia, la malinconia di un paesaggio al tramonto”.
Fragonara ha sottolineato come Arnaldo sia quanto mai lontano dall’idillio sdolcinato e artificioso che mette al centro una campagna idealizzata e del tutto falsa, ma riesca a fare poesia della risaia “storicizzata”, esaltandone l’eroina eponima: la mondina. Storia ‘d la Cichì-na è la poesia emblematica, che racchiude fatica, lotte sindacali per la conquista delle otto ore, è la storia di un ruolo, di una funzione sociale della donna.

Le fonti di Arnaldo furono quelle orali, delle testimoni e protagoniste di una storia e principalmente la madre: “Mia madre non scriveva, raccontava. Da alcuni stralci dei suoi racconti può saltare fuori un libro. Ma scrivere non è mai come raccontare”; frase che racchiude il valore profondo dell’oralità.

Nelle figure anonime di “Risèra risèra” il primo fremito adolescenziale verso una giovane mondina sedicenne, ispira la poesia: “Na vistina”, che però si conclude con un’eco di fame e di miseria, fa emergere le figure di “uomini dis-integrati”: il ligèra, il caminant, che trovavano il palco per raccontare le loro storie nelle stalle, istrioni che ammaliavano mascherando una vita malinconica. Il povero “Natal dal bargamin”, recupera lo “stupore” e l’attesa di quella nascita che cambiò il mondo. Fragonara ha concluso leggendo tre componimenti: il rito iniziatico della mondina che immerge la punta del piede nell’acqua per saggiarne la temperatura: “Al prûm brivid dal dì”, seguito da “La curmaja”, festa delle primizie, che racchiude in quattro versi il senso più profondo della vita, e da ultimo il sospirato giorno della partenza: “Macchinista, macchinista” celebre canto per far correre via veloce quel treno verso il ritorno.
Il cerchio si è chiuso: il progresso, l’evoluzione hanno consumato l’immaginario dell’epopea, lasciando nel cuore un sentimento elegiaco, di memoria affettuosa.

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