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Conclusi con il Crepuscolo degli dei gli incontri su Wagner a Romagnano

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Conclusi con il Crepuscolo degli dei gli incontri su Wagner a Romagnano

ROMAGNANO SESIA – Crepuscolo degli dei: La redenzione: l’ultima serata della tetralogia wagneriana si è tenuta al Museo di Romagnano, sabato 12 ottobre.

Conclusi con il Crepuscolo degli dei gli incontri su Wagner a Romagnano

La straordinaria presenza del Maestro Giorgio Tagliabue in queste quattro settimane di ascolti musicali ha permesso di gustare il capolavoro wagneriano, ma soprattutto di capire la complessità di un dramma musicale di così ampia portata, in cui musica e rappresentazione sono strettamente uniti e concorrono nell’emozionare gli uomini di qualsiasi tempo e latitudine.

Il Crepuscolo degli dei fu scritto dopo una pausa di ventotto anni rispetto alle prime tre parti: Wagner nel frattempo compose: I Maestri Cantori di Norimberga e Tristan. Furono ipotizzati ben cinque diversi finali: passando da una visione feuerbachiana, volta a celebrare la potenza dell’amore, della redenzione e dell’ottimismo, fino ad approdare al pessimismo assoluto di Schopenhauer, mitigato dalla convinzione relativa al potere salvifico dell’arte.

“Il Crepuscolo è tra i drammi musicali più sconvolgenti, emotivamente coinvolgente dominato da una immensa figura femminile: Brunilde e si concluderà con la glorificazione di questa donna straordinaria”: la promessa rivolta a Sigfrido, ripetuta per ben sette volte da Brunilde: “Ricorda”, sarà disattesa dall’eroe, tradito da una pozione che gli creerà l’oblio, perdendo la memoria dall’immenso potere salvifico: “Noi siamo la nostra memoria, senza di essa, senza la sua luce, cesseremmo di essere”. Sigfrido sarà trafitto alle spalle dal perfido Hagen, e questa scena intensa, pregnante, struggente, segnerà il triste crepuscolo dell’era degli dei e degli eroi, che finirà nel fuoco del Walhalla.

Sull’ultimo respiro di Sigfrido si apre il più forte commiato della storia della musica: la dipartita del giovane eroe segnerà il dissolversi delle speranze di redenzione. Nel 1976 si celebrava il centenario della prima esecuzione completa del Ring des Nibelungen di Richard Wagner, quando Pierre Boulez approdò a Bayreuth per un’edizione della Tetralogia destinata a fare storia.

Patrice Chéreau, che aveva allora solo trentun anni, firmò una regia dirompente, vero e proprio spartiacque fra la tradizione e l’innovazione: la marcia funebre è una cosa straordinaria. Brunilde incede ieratica, ormai lontana, come se già si astraesse dal mondo dei viventi, le fiamme consumano il nobile corpo del più sublime eroe. Dalle ceneri di tutto, dalle acque del fiume Reno si eleva un affresco sonoro di esaltazione di Brunilde e della forza redentrice dell’amore.

Il simbolo dell’anello rappresenta il principio e la fine del mondo e l’epilogo del dramma ha lasciato il pubblico emozionato e partecipe, come quella straordinaria schiera che annoverava: Thomans Mann, Shelley, Novalis e molti altri, accomunati dal credere nel potere salvifico dell’arte.

Al termine della serata il Maestro ha confessato la sua insoddisfazione nei confronti del tempo presente: “Per chi come me ha cercato di cambiare il mondo, ritrovarsi, dopo tanti anni, vecchi, frustrati e delusi da quello che si vede, consci del fatto che l’umanità non ha imparato nulla dopo seimila anni, solo l’arte può portare a riflessioni nuove. Le parole hanno dei limiti enormi, l’arte arriva dove non arriva niente altro e quindi la mia missione è parlare ai giovani, ai vecchi, alle persone di media età, perché vorrei che la gente capisse che possiamo contare solo su questo. Gramsci parlava di pessimismo della ragione e ottimismo della volontà, quindi, nonostante la mia vetusta età, non mollo”.

Sollecitato da una domanda Tagliabue, citando James Hillman e Emil Cioran, ha spiegato che ritiene non si possa parlare di evoluzione, ma solo di un progresso tecnologico: “La mia visione, fortemente pessimistica, non mi impedisce di esprimere la volontà che il mondo vada meglio: facendo ascoltare musica ai giovani, emozionandoli, ripercorro ciò che feci da insegnante ai primordi della mia carriera. Oggi purtroppo i ragazzi non conoscono i disvalori dei loro gesti delle loro azioni e quindi diventano tristemente protagonisti di atti inqualificabili”.

Su queste note di severo realismo, ma aperte al futuro, si è chiuso questo primo ciclo di incontri, che si vorrebbe riproporre in una stagione più favorevole, magari concentrandoli in un’unica serata.

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