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In viaggio lungo la Stra’ Granda

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Interessante percorso escursionistico volto alla scoperta della valle Anzasca, che congiunge la la località di fondovalle di Piedimulera a quota 243 metri slm e Pecetto, l’ultima frazione del comune di Macugnaga a quota 1362 metri slm, ai piedi della magnificente parete est del Monte Rosa, la più vasta delle Alpi per estensione in larghezza e in altezza. Il tracciato segue la vecchia mulattiera risalente al XV secolo e utilizzata fino a metà del 1800 quale unica possibilità per giungere a Macugnaga. L’opera ha una lunghezza di 32 chilometri, corre perlopiù in sinistra idrografica attraversando tutti i villaggi posti in posizione soleggiata; per chi la sale è contrassegnata da 1500 metri di dislivello positivo, a causa dei diversi saliscendi necessari per seguire la tormentata morfologia della valle.
La Strà Granda non è solo un’opera di ingegneria di altri tempi, è anche una gara di trail. E proprio le frecce rosa simbolo di questa competizione sono il sistema migliore per non commettere errori di percorso, dal momento che la mulattiera interseca svariati itinerari indicati dai classici segnali CAI bianchi e rossi. A seconda delle proprie capacità è possibile interrompere l’itinerario in due o tre tappe.
Mia moglie Stefania e io effettuiamo il cammino in due giorni, pernottando a Vanzone a circa metà itinerario presso l’unico affittacamere del paese soprastante la pizzeria, dove per altro ceniamo. Dalla finestra della stanza, la vista della superba parete est del Monte Rosa cattura ogni attenzione e fa dimenticare la fatica delle quasi sei ore di cammino impiegate per arrivare sino a qui, complice una bollente quanto tersa giornata di inizio giugno.
Durante questa prima giornata la mulattiera risale l’Anza sempre in sinistra e si mantiene molto più alta dell’attuale statale 549, tanto che neanche la si vede o se ne percepiscono rumori di veicoli di passaggio. Lasciata Piedimulera si cammina al di sotto di ombreggiati boschi, si raggiungono le frazioni di Cimamulera, di Morlongo, dove visitiamo il seicentesco torchio d’uva e con una trave maestra lunga ben 8,30 metri. Proseguiamo tra saliscendi verso Meggiana, deviamo verso i resti dell’Oratorio di San Carlo e poi ritorniamo sui nostri passi sino a scendere a Castiglione, con la sua monumentale Parrocchiale dedicata a San Gottardo. Superato il paese, la mulattiera risale verso Molini e quindi verso Antrogna, dove domina la settecentesca Parrocchiale, davvero imponente per essere una chiesa di montagna. Da questa località ancora per boschi la mulattiera si inerpica severa sino a superare la bellissima cascata del Crotto Rosso, il cui toponimo ha origine nella colorazione dei sassi del torrente erosi dalle acque che sgorgano da una vicina miniera aurifera e finalmente ridiscende verso Roletto prima e Vanzone poi.
L’indomani eccoci di buon ora in cammino per Ceppo Morelli, da dove si passa in destra Anza, e camminando al di sotto di uno stupendo bosco di conifere giungiamo alle miniere abbandonate di Pestarena. Da qui seguiamo una sterrata che con ampie svolte risale la bastionata sino alla bella conca dell’Alpe Morghen e poi sempre riparati da ampi tratti boschivi ritocchiamo le sponde dell’Anza per tornare in sinistra. Siamo a Pestarena, importante centro aurifero della valle; qui una sosta è d’obbligo per leggere i diversi pannelli esplicativi che illustrano la rilevante e oramai conclusa attività mineraria. Con percorso quasi pianeggiante ripassiamo il torrente e per sentieri raggiungiamo le miniere aurifere della Guia, altra importante realtà valligiana. Oramai siamo nel comune di Macugnaga, passiamo le varie frazioni intermedie sino a Pecetto, l’ultima che con le sue storiche case walser e l’instancabile visione della Nordend, della Dufour, della Zumstein e della punta Gnifetti costituenti la est del Rosa, rappresentano il regalo di questa seconda giornata! Non ci rimane che attendere l’autobus che ci consente il rientro a Piedimulera. E’ bene sottolineare che il servizio è sempre garantito per l’intero anno con due sole corse, una mattutina e una pomeridiana, con orari invernali ed estivi differenti, dunque è bene informarsi preventivamente.
Nel complesso si può affermare che la Strà Granda è una bellissima escursione mai monotona e dagli ottimi panorami, da percorrere preferibilmente nei mesi primaverili o autunnali e che non presenta difficoltà tecniche. Offre la possibilità di conoscere la Valle Anzasca e i suoi diversi centri abitati, tutti ben conservati, segno di una valle ancora vissuta e amata dai valligiani residenti e non. Permette di intraprendere per gli amanti della montagna escursioni semplici o di elevato livello alpinistico ospitando vie storiche lungo la est del Rosa. In aggiunta, ha diverse peculiarità che meritano essere approfondite, quali la realtà e la ricchezza che le miniere hanno apportato alla comunità.
Per importanza accenno due parole a proposito delle miniere di Pestarena, con l’invito ad ulteriori soggettivi approfondimenti. Dubbia innanzitutto è l’origine, persa nella notte dei tempi, alcuni storici le attribuiscono ai Romani, altri ai Celti. E’ solo a partire dell’anno 1400 che il loro utilizzo diventa risorsa per la valle, grazie a uno sfruttamento razionale e continuo pianificato dal capitano di ventura Facino Cane. Costui e i suoi discendenti sono considerati infatti tra i migliori coltivatori di filoni d’oro; per contro l’arte e la maestria li portò inevitabilmente ad essere molto ricchi e dispotici nei confronti dei lavoratori. In seguito e a fasi alterne diversi proprietari sfruttarono le risorse aurifere garantendo momenti di maggiore o minore prosperità al territorio. Di certo la manovalanza impiegata era sempre notevole, si contarono infatti fino a mille operai al giorno. Nel 1938 lo sfruttamento passò in mano allo Stato per il tramite della Azienda Minerali Metallici Italiani. Una forte produzione a discapito di scarse condizioni di igiene e sicurezza favorirono l’aumentare di malattie quali la silicosi e nei casi estremi la morte della manovalanza. Dopo l’interruzione durante i combattimenti, nel dopoguerra la produzione riprese non senza difficoltà tanto che si ingenerò un importante squilibrio tra il prezzo di costo e quello di realizzo, nonostante l’installazione di nuovi e più moderni macchinari di trattamento. L’economia rimase perennemente in passivo sino alla chiusura definitiva di ogni attività estrattiva nel 1961.

Flavio Facchinetti

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