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Sci, inizio stagione in bilico

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E mentre il direttore amministrativo di Monterosa 2000, Andrea Colla, dice «attendiamo di sapere che cosa decideranno a Roma e di vedere l’andamento dei contagi: in ogni modo, noi siamo pronti a partire», il sindaco di Alagna scrive in Regione al Settore Sviluppo della Montagna.
«Insomma, bisogna cercare una soluzione» dice Roberto Veggi, «o gli operatori turistici rischiano di non sopravvivere. Ho quindi pensato di condividere con il vice presidente regionale Carosso e il dirigente Leccese alcune considerazioni circa le procedure che il mio Comune sta valutando di attivare per garantire la sicurezza dei turisti durante la prossima stagione invernale».
«Sentito quel che ha detto qualche giorno fa il presidente Conte» continua il sindaco, «parrebbe certa la volontà del Governo di sospendere l’esercizio degli impianti funiviari. Sappiamo però bene che la pratica dello sci è un’attività a basso rischio di diffusione del contagio, che le funivie svolgono trasporto pubblico a tutti gli effetti, quello stesso che è attualmente operativo sull’intero territorio italiano, e non esclusivamente sciistico, che i problemi più evidenti, in materia di trasmissione del virus, li dà la movida abbinata alle giornate sugli sci».

Dunque, l’idea di Veggi è quella di predisporre una regolamentazione specifica perché l’attività sciistica si svolga in piena sicurezza e nello stesso tempo per abbattere il più possibile il rischio di contagio, altrimenti decisamente elevato, nelle ore di svago e mondanità.
«Partendo dal presupposto che non sono i numeri dello sci ma quelli delle attività chiamiamole extra abbinate alla disciplina sportiva in sé a essere pericolosi (assembramenti e affollamenti nei bar, ristoranti, rifugi eccetera), è necessario trovare un equilibrio, una sorta di compromesso. Di solito arrivano a sciare, faccio solo un esempio con cifre ipotetiche» chiarisce Veggi, «5mila persone, che in una situazione come quella attuale non sono però gestibili: allora stabilisco un “numero chiuso”, aprendo soltanto a mille persone. Ovvio, si perderà comunque, la società che ha in carico gli impianti ne uscirà ugualmente “provata” perché dovrà sostenere gli stessi costi ma con meno gente che verrà a sciare; d’altra parte, il privato (titolare di attività commerciale) riuscirà perlomeno a tirare un po’ il fiato. Non dare l’ok alla stagione sarebbe invece una rovina».
Quindi: chiaramente, limitazioni, riduzioni, contingentamenti, accessi controllati e ridimensionati, ma, altrettanto chiaramente, sì all’avvio delle attività, o non ce la caviamo.
Un bilanciamento, in sostanza, tra «la chiusura completa, che risulterebbe deleteria per l’intera comunità, e non soltanto per il comparto dello sci (esistono anche l’escursionismo, lo scialpinismo, le camminate con le racchette da neve: approcci “in solitaria” con la montagna e perciò assolutamente esenti da rischio), e un’apertura eccessivamente liberale».
Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Scopello Andrea Gilardi: «Già nei mesi scorsi si era ragionato, con Veggi e la Monterosa, sulle strategie da mettere in campo per aprire la stagione invernale in tutta sicurezza, e quindi a numeri ridotti e accessi limitati. Poi la pandemia è ripresa in pieno e lo scenario è cambiato di nuovo. Quella di chiudere tutto è certamente la scelta più facile ma non la migliore. Per noi, per l’economia delle nostre valli, che da sempre ruota attorno allo sci e comunque alle attività legate alla neve, vorrebbe dire il disastro. Vero è che l’estate 2020 un po’ ha aiutato, ha ridato anche fiducia, e meno male. Ma, se non dovessero darci l’ok, lo stop sarebbe ancora di mesi lunghi e faticosi e pesanti, e dalle conseguenze facilmente intuibili».
Attendiamo (fiduciosi? mah…).

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