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Tappa valsesiana per la Carovana dei Ghiacciai

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«Questo video l’ho girato io ieri: su a Indren fino al 1997 si praticava lo sci estivo; ora possono andare in canoa…».
Roberto Veggi, sindaco di Alagna (per inciso, ma mica tanto: quello amministrato da Veggi è uno dei primi Comuni ad aver deliberato lo stato di emergenza climatica), ha aperto così, nella sede delle Guide Alpine, l’incontro con la stampa promosso da Legambiente: un appuntamento importante, voluto e organizzato per comunicare i risultati del monitoraggio che la Carovana dei Ghiacciai ha effettuato sui ghiacciai Indren, Bors, Locce, Piode e Sesia-Vigne sul Rosa.
Devo riconoscere che il video (recuperabile sulla pagina Facebook di Legambiente Alpi) è assolutamente impressionante: dove c’era il ghiacciaio, e appunto si poteva sciare in piena stagione estiva, ora ci sono una pietraia e un ruscello. Si registra infatti, a livello generale, una regressione della fronte glaciale con un consistente aumento degli affioramenti del substrato roccioso.

Oltre a Veggi, erano presenti all’incontro alagnese Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente, Angelo Porta, vice presidente Legambiente Piemonte Valle d’Aosta, Marco Giardino, segretario del Comitato Glaciologico Italiano, e il tecnico Stefano Perona.

«Il panorama che si offre, in particolare nell’area dei ghiacciai Indren e Bors, è irriconoscibile rispetto ad alcune decine di anni fa» ha detto Vanda Bonardo. «Al posto del mare di ghiaccio ora c’è un deserto di sassi e rocce. Un ambiente, quello roccioso che si va configurando, anch’esso interessante dal punto di vista scientifico, se non fosse per qualche eccesso di presenza antropica. Infatti la zona è molto frequentata da turisti più o meno esperti e non sempre consapevoli di quel che sta accadendo. Un problema legato al cambiamento climatico di cui dovrebbero avere contezza coloro che frequentano le alte quote è anche quello della degradazione del permafrost che, non essendo più perennemente ghiacciato, dà origine a frequenti crolli e distacchi di massi e detriti su sentieri che nel passato gli alpinisti consideravano sicuri. Per esempio, la via che attraverso il ghiacciaio di Indren porta ai rifugi Mantova e Gnifetti è stata più volte ritracciata per diminuirne la pericolosità legata alla riduzione della massa glaciale e alla instabilità gravitativa della sovrastante parte rocciosa». Bonardo ha poi sottolineato, a levare ogni dubbio sui rischi connessi alle modifiche del clima in chi sostiene che l’alternarsi di periodi (intesi naturalmente come «ere») più caldi ad altri più freddi rientri in un ciclo naturale, come il fattore più preoccupante con cui questo fenomeno di deglaciazione si sta manifestando ai tempi nostri non sia la sua ciclicità ma la straordinaria velocità: mai come ora lo scioglimento dei ghiacciai sembra avere una grande fretta.

Il ghiacciaio di Indren soffre del riscaldamento climatico con effetti di rapida deglaciazione e destabilizzazione gravitativa. Le osservazioni sono state effettuate presso la stazione fotografica del Corno del Camoscio (quota 3.024 metri), sovrastante l’Istituto Scientifico Angelo Mosso. Sono state confrontate le posizioni della fronte rilevate dalle fotografie storiche del 1915 (foto Umberto Monterin) fino al 2012 (foto Paolo Piccini) con la posizione attuale dimostrando il costante regresso, con una forte accelerazione negli ultimi decenni. Sullo stesso ghiacciaio mentre il gruppo escursionistico della Carovana confrontava le immagini storiche con l’attuale configurazione glaciale in panoramica, gli operatori del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) in contemporanea hanno svolto un sopralluogo diretto.

Il ghiacciaio però non è più risultato percorribile come un tempo, poiché completamente crepacciato e per effettuare i rilievi si è reso necessario transitare da un fianco. Rispetto al passato, dall’osservazione effettuata il ghiacciaio, è risultato solcato da numerosi crepacci, variamente orientati rispetto ai crepacci longitudinali e trasversali. Una situazione che indica una dinamicità ancora presente della massa glaciale ma anche una sua profonda sofferenza. Non si sono potute effettuare le misurazioni frontali come d’abitudine a causa della presenza di un lago proglaciale che si è formato negli ultimi anni e che rende di fatto inaccessibile la linea di fronte. Quest’anno, inoltre la posizione della fronte è ulteriormente mascherata da una copertura nevosa residuale in conseguenza degli eventi valanghivi della stagione invernale. Questi apporti, se da un lato possono contribuire a conservare il ghiaccio del settore frontale, dall’altro rappresentano una situazione fortemente anomala: in alto la copertura nevosa è assente, mentre, in basso, grazie all’azione delle valanghe la copertura nevosa resiste. Esattamente un ribaltamento del normale comportamento di un ghiacciaio in cui il settore maggiormente alimentato è posto a monte nel cosiddetto bacino di accumulo.

«Nella tappa del Monte Rosa» ha precisato poi Giardino, «abbiamo associato osservazioni panoramiche a rilievi in situ sul ghiacciaio. Un connubio essenziale per interpretare sia l’evoluzione areale sia la dinamica glaciale locale. Riguardo a questo secondo tipo di monitoraggio il dato fornitoci dagli operatori glaciologici è incontrovertibile: il regresso delle fronti negli ultimi anni è sempre più rapido ed è accompagnato da un cambiamento nel modo di comportarsi delle masse glaciali visitate. Il proliferare di crepacci variamente orientati e di sempre più ampie finestre rocciose dimostra l’insufficiente accumulo per garantire la funzionalità del ghiacciaio. Gli accumuli nevosi che mascherano le fronti sono purtroppo solo effimeri segnali della posizione frontale, generati da accumuli valanghivi e non da un avanzamento frontale della massa glaciale».

Anche il ghiacciaio di Bors è risultato essere in forte sofferenza, con una buona porzione di ghiaccio già esposto ovvero privo della copertura nevosa invernale che lo protegge dalla fusione. L’esposizione a sud ovviamente non favorisce la conservazione della massa glaciale in un periodo di riscaldamento climatico e la continua apertura di numerose finestre rocciose contribuisce ulteriormente ad accelerare la degradazione. Il sopralluogo diretto effettuato dagli operatori del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) ha confermato il costante regresso frontale in atto da decenni.

Il ghiacciaio Locce sud ormai ha poco ghiaccio e questo è testimoniato dalla modesta quantità di acque del torrente proglaciale se confrontato con quelli provenienti dai ghiacciai Piode e Sesia-Vigne.

Piode, il ghiacciaio più esteso tra quelli valsesiani, si divide nella parte frontale in due distinte colate che appaiono sempre più appiattite e annerite dal detrito. Nel 2013 una delle due colate si è separata dalla massa centrale diventando una porzione di ghiaccio morto che poi si è disintegrato.

La denominazione del ghiacciaio Sesia-Vigne, osservato in questa seconda tappa della carovana dei Ghiacciai di Legambiente, può apparire curiosa per la doppia attribuzione ma è spiegabile per il fatto che esistono due bacini di accumulo coalescenti che verso il basso formano a loro volta altre due colate che si ricongiungono frontalmente. Proprio nel settore frontale sono state osservate sia in panoramica che su posto le maggiori criticità per la sopravvivenza della massa glaciale. La seraccata comune del ghiacciaio Sesia-Vigne ha da sempre determinato problemi per i rilevatori e tuttora ha evidenziato un regresso lineare della fronte superiore ai 20 metri annui anche se talvolta mascherato da accumuli nevosi.

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