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Un cenacolo tra le ortensie: il prof. Casimiro Debiaggi ha compiuto 90 anni

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DOCCIO – Il 28 giugno il prof. Casimiro Debiaggi ha compiuto novant’anni, da tempo è tornato in Valsesia nell’antica casa di Doccio, dove ogni anno – salvo l’interruzione di tre anni dovuta alla guerra, quando la famiglia Debiaggi, residente a Torino, dove il padre era Geometra Capo della Provincia, fu costretta a sfollare a Rivoli – è solito trascorrere i mesi più caldi: «Quella forzata assenza dall’amata Valsesia rese ancor più forte il mio attaccamento a questa terra».

Al piccolo giardino di Doccio, ombreggiato da candide ortensie, una sorta di «buen retiro», o piuttosto un «hortus conclusus», essendo racchiuso da una breve e aggraziata recinzione, cui si accede attraverso un cancelletto che si apre facendo tintinnare una campanella. Varcare quella soglia è davvero un «rito di passaggio»: si lasciano pensieri e preoccupazioni, predisponendosi a godere della frescura del luogo, ma soprattutto dell’ospitalità discreta del prof. Debiaggi.

Casimiro, di antica famiglia doccese, nipote dell’omonimo scultore, frequentò il prestigioso Liceo Classico D’Azeglio a Torino, insegnò per quarant’anni al Liceo Classico San Giuseppe sempre a Torino, dove ebbe allievi che fecero carriere importanti: «Ricordo Gianmaria Ajani, giurista e accademico italiano, che è stato rettore dell’Università degli Studi di Torino, Gustavo Zagrebelsky, giurista e accademico italiano, giudice costituzionale e presidente della Corte costituzionale nel 2004, Edoardo Aldo Cerrato, vescovo di Ivrea: più di cinquanta tra i miei allievi sono diventati professori universitari… e non mi hanno dimenticato, né io l’ho fatto con loro».

Guido Gentile, già Soprintendente Archivistico della Regione Piemonte, studioso del Sacro Monte e della scultura lignea nordica, ricorda: «Casimiro Debiaggi insegnava la storia dell’arte in modo affascinante: fu il primo che ci aprì orizzonti nuovi, ci parlò di un pittore che in quegli anni lontani aveva solo qualche riga nei testi di storia dell’arte: Gaudenzio Ferrari, oggi finalmente riconosciuto tra i maestri dell’arte italiana».

Dieci anni fa la Società Valsesiana di Cultura, della quale Debiaggi fu il più giovane tra i soci fondatori e oggi l’unico ancora vivente, pubblicò un volume dall’elegante veste tipografica «Una lunga fedeltà all’arte e alla Valsesia», in quell’occasione Franca Tonella Regis, allora presidente, si espresse in modo lusinghiero: «Franchezza, preparazione, metodo, intelligenza, sensibilità, memoria, capacità di elaborazione e di sintesi orale e scritta, sono qualità che connotano e contraddistinguono l’opera e la personalità del professor Debiaggi».
Lo storico dell’arte, che è stato vice presidente della Spaba, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, mantenne costanti contatti con i nostri maggiori studiosi: da Carlo Guido Mor al Fassò a Francesco Cognasso, dedicando almeno settant’anni alla storia e all’arte della Valsesia: «Lentamente, sistematicamente, ho avvertito la necessità, direi proprio l’esigenza di conoscere e far conoscere la nostra valle, per far emergere figure di artisti ingiustamente dimenticati o semplicemente trascurati. Di lavori da fare sulla Valsesia ne avrei per i prossimi duecento anni. Vorrei riuscire a completare gli studi sul Sacro Monte con la descrizione della basilica, accennando ad alcuni aspetti che non sono mai stati affrontati, quindi mi affido al buon Dio affinché mi mantenga in salute».
Durante i suoi soggiorni in Valsesia Casimiro Debiaggi spesso viene in Biblioteca a Varallo, donando pubblicazioni e consigli, ma anche per visionare volumi utili per le sue ricerche, informandosi sulle nuove uscite bibliografiche, sempre attento al progredire degli studi con le nuove acquisizioni, naturalmente tenendo conto solo di quelle per cui vale la pena.

A settembre dell’anno scorso, a Palazzo D’Adda, tenne un incontro affollatissimo dedicato alle strutture dell’imponente edificio varallese, che domina il Ponte de Varade. La prima «rivelazione» fu che il Ponte de Varade era naturalmente protetto da una rupe, la seconda fu scoprire dove sorgesse il Pons Crebulae, citato in un atto notarile del 2 giugno 1261, per il quale ipotizzò l’interessante richiamo a un altro ponte, dipinto da Gaudenzio Ferrari nella cappella del Cristo in Croce al Sacro Monte: un lungo ponte di legno, che forse fu percorso anche da San Carlo quando per due volte giunse a Varallo dalla sponda destra.

Un aspetto della personalità di Debiaggi che lo rende caro a chi lo avvicina è la sua fine ironia, la capacità di sorridere anche delle cose più serie, l’amore per i giochi di parole e i calembours, uniti al rigore negli studi e nelle ricerche, la conversazione piacevole e mai banale dal linguaggio poetico, di ampio respiro: ricordo per esempio la sua presentazione del Mainoldo, «scultore perso nella polvere di stelle dell’arte valsesiana, nato a Varallo nel 1662, morto chissà quando e chissà dove, attorno al 1735-36», che ha lasciato opere di scultura immortali, che trovano una base su «nuvolette a cirri accavallati e arricciolati tra testine di angioletti», per le quali il nostro Casimiro ha ipotizzato un ricordo del Maestro Scultore del suo «apprendistato» al Sacro Monte, negli anni in cui si stava raffigurando il Paradiso sulla volta della cupola della basilica.

Come dimenticare i lunghi anni in cui, durante il periodo estivo, accompagnò alla scoperta del ricco patrimonio storico-artistico valsesiano, nelle visite organizzate dalla Società Valsesiana di Cultura: mai saccente o nozionistico, seppe collegare con naturalezza, artisti e avvenimenti storici, evidenziando legami che spaziavano dall’arte italiana agli influssi d’oltralpe.
Lunga vita agli anni del carissimo Amico che ancora molto potrà donarci nella scoperta delle bellezze celate della nostra Valsesia.

 

Piera Mazzone

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