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Un delicato ricordo della Professoressa Giulia Fuselli

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Non mi hai lasciata partire senza salutarti. Il tuo cuore era ormai leggero e frullante come quello di un uccellino: non vedevi l’ora di volare via, tornare al Tuo vero nido, ma hai voluto che tutti noi che ti volevamo bene capissimo che non ti eri arresa: non lo avevi mai fatto in tutta la tua lunga esistenza, ma dopo tanta strada, volevi tornare alla vera Vita, assaporare la gioia dei Buoni e dei Giusti.

Mi hai aiutata nel periodo più difficile della mia vita, hai saputo infondermi fiducia, hai pregato tanto perché potessi ricominciare a camminare nel mondo: “Hai ancora tante cose da fare” dicesti guardandomi dritto in fondo al cuore.
Di fronte a Te eravamo tutti “allievi”, avevi sempre tante cose da dare e lo facevi in modo diretto, senza smancerie.

Ti ho vista piangere solo quando, solo qualche settimana fa, il giorno in cui a Ghemme proclamavano la Beata Patrona della Valsesia, l’oculista Ti aveva comunicato che eri cieca e non avresti mai recuperato la vista. Non c’erano parole, Ti avevo letto la poesia di Dippold, l’Ottico dall’antologia di Spoon River, nella traduzione di una donna che era stata forte come Te, Fernanda Pivano: “Che cosa vedete adesso?/ Globi di rosso, giallo, porpora. / Un momento! E adesso? / Mio padre e mia madre e le mie sorelle. /Sí. E adesso? / Provate queste./…Bene, adesso!…/ Pini, un lago, un cielo d’estate./… Questa va meglio. E adesso?/ Un libro. /Leggetemi una pagina. /Non posso. Gli occhi mi sfuggono di là dalla pagina./ Provate questa lente. /Abissi d’aria. /Ottima! E adesso? /Luce, soltanto luce che trasforma tutto il mondo in giocattolo. /Benissimo, faremo gli occhiali cosí.”.

Hai saputo lenire ferite morali e materiali, in modo sempre discreto, non avevi nemmeno voluto un articolo per il tuoi novant’anni il 4 giugno 2021: “L’hai già fatto per Enzo, io non combinato nulla di speciale”, e quest’anno l’hai accompagnato in San Gaudenzio: ti era costata una grande fatica scendere dalla “Capletta” e salire fino in Collegiata, ma per Te era più importante esserci.

A luglio mi avevi fatto gli auguri di compleanno con un auspicio speciale, parole che un giorno lontano avevano scritto sul tuo diario di studentessa: “La tua vita sia come la matematica: i piaceri addizionati, le gioie moltiplicate, le pene sottratte, i dolori divisi”.

Mi resteranno Cip e Ciop, se vorranno restare a Piane, perché forte sarà in loro il desiderio di quella casa rosa in cima all’altura, isolata e solitaria, dove ad attenderli c’era una vecchia fata dai capelli bianchi, che si appoggiava al girello per spostarsi, ma condivideva cibo e affetto, come aveva sempre fatto per tutta la vita, con chiunque bussasse alla sua porta, o al suo cuore.

Composta, con la camicetta chiara sotto il gilet blu, tra le mani il rosario della Madonna del Sacro Monte, vegliata da un’immaginetta antica e preziosa dell’Urna della Vergine, posata sul petto la fotografia della nostra Madonna Incoronata e vicino al cuore un piccolo libro, leggero come una piuma: “Gli angeli nostri Amici”. Lo pregavi tanto il “tuo” Angelo e lui ti ha sorretta nei troppi dolori che hanno costellato la Tua esistenza. Il profumo intenso di quel mazzo di rose dal tenue colore aleggerà a lungo, come l’eco delle Tue preghiere, delle quali ho ancora tanto bisogno.
Nella fragilità gli abbracci rafforzano.

Piera

E tu cosa ne pensi?

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