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Un delicato ricordo di Maurizio Mora andato avanti a soli 56 anni

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Ciao Maurizio

E’ ingiusto morire a 56 anni, in un modo assurdo, in una calda mattina d’agosto di questo 2020 che nessuno di noi dimenticherà mai.

Tu eri un’immagine di vitalità contagiosa, il tuo aspetto fisico, che tanto ricordava papà Gaudenzio ed i contadini delle nostre terre, robusti, avvezzi alle fatiche, temprati dalla calura, impegnati a tagliare erba, girarla e rigirarla per farla seccare, raccogliere il fieno, imballarlo e riporlo sulla travàa. Proprio quel profumo intenso di fieno, esaltato dal calore, sarà stato l’ultimo saluto della tua terra e della tua gente. I tuoi cavalli increduli hanno vegliato il passaggio all’altra dimensione, salutato il tuo spirito che si sfilava da un corpo ridotto solo ad un gravoso fardello, che inutilmente i soccorritori hanno cercato di rianimare.

Eri ancora uno di quelli per i quali il lavoro non era un castigo ma qualcosa di sacro, da onorare, facendolo nel migliore dei modi: con il toni nella tua officina, facevi la diagnosi ed intervenivi nel modo più appropriato per ogni mezzo, ma soprattutto valutando attentamente le esigenze di chi si sarebbe messo al volante.

Non hai mai calcolato le ore: l’importante era il risultato. Quell’officina spesso diventava un luogo dove clienti diventati amici potevano parlare, dire quelle cose che se tieni troppo dentro ti straziano, tra una battuta e la diagnosi di un motore, tu sapevi ascoltare e non cercavi di sommergere di parole inutili, perché spesso non chiediamo risposte, abbiamo solo bisogno di condividere con qualcuno di fidato le nostre pene, di cercare di dare loro un senso per trovare una soluzione.

I tuoi occhi chiari, come quelli del Tuo Papà, e di mamma Marilena, erano onesti e limpidi, per te il tempo era quello della natura, scandito immutabile da millenni: albe, accudire i tuoi amati cavalli, officina, lavoro nei campi e poi, quando le sere lunghe dell’estate si prolungavano estenuate nelle notti, concederti il riposo nella tua bella casa, circondato dagli affetti e da Lulu, il tuo adorato cane, che in questi giorni si aggira incredula e senza meta.

Tu Maurizio amavi la vita, la convivialità: generoso per natura, non ti tiravi mai indietro, d’altronde eri un Alpino per scelta e per cuore, davi il meglio di te ed eri orgoglioso di portare la camicia a quadrettoni ed il cappello con quella lunga penna nera: ti accompagnano anche nell’ultimo viaggio, fermo posta Paradiso: ti presenti in ordine davanti al Signore, dopo il saluto d’ordinanza, chiederai se c’è qualcosa da fare.

L’altra tua passione era il Carnevale, quel: “Semel in anno licet insanire” che dalla notte dei tempi concedeva una tregua alla dura vita degli uomini, consentiva loro di scambiare i ruoli, mangiare e bere liberamente, fare baldoria, ma anche conservare la tradizioni, quei valori di una civiltà contadina che erano scritti nel tuo DNA. Mancherà la Tua allegria contagiosa all’interno del Comitato Carnevale di Grignasco

Ti ricordo a Garodino, nel giorno della festa di Sant’Antonio, al quale è dedicata la cappelletta che precede la tua casa. E’ tradizione ogni anno celebrare la Messa, cui seguiva un ricco ricevimento, nel cortile di Casa Mora, messo a disposizione dal tuo papà e dalla tua mamma, Gaudenzio e Marilena, che oggi non hanno più lacrime da versare. Tuo fratello Enrico, maestro pasticcere, dava il meglio di sé in una selezione di dolci meravigliosi.

Ho cercato inutilmente tra le fotografie, per trovare una Tua immagine, poi riflettendo ho capito: non c’eri mai, eri dietro le quinte a preparare, per far sì che non mancasse nulla, dal cibo al vino, che scorreva sincero e generoso.

Maurizio, eravamo quasi coscritti, tanto diversi per gusti ed occupazioni, eppure penso che Tu abbia vissuto la vita fino in fondo, assaporando il gusto dei giorni, addormentandoti sereno senza quei rovelli di pensiero che rendono tanto lunghe le notti e ora da lassù cercherai di trasformare la disperazione di chi ti ha messo al mondo e cresciuto, nella fiducia di potersi tutti riabbracciare un giorno.

A Enrico il compito difficile di essere figlio, con la pena di aver perso quell’unico fratello con il quale aveva sempre vissuto.

Tu, di lassù, cerca di dare un senso a ciò che è accaduto e che nessuno di noi riesce a spiegare, perché siamo piccoli uomini per i quali la morte resta un mistero insopportabile.

Ciau Maurizio.

 

Piera

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