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Un libro dal reportage fotografico ottocentesco di Ugolino Fadilla

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Tornano a nuova vita le immagini scattate sul finire dell’800 da Ugolino Fadilla, fotografo professionista incaricato dall’allora Real Casa di documentare «visivamente» Varallo, la Val Mastallone sino a Baranca e la valle di Macugnaga. Le immagini originali erano conservate dal Comune di Fobello e il fotoreporter grignaschese Marco Negri le ha riscoperte e restaurate: diverranno un libro che, reso possibile grazie al Lions Club Valsesia, si avvale del coordinamento del Sesia Val Grande Geopark.

«Sono soddisfatto, sento di aver contribuito a fare una cosa importante e sono contentissimo di aver visto tante persone entusiasmarsi per questo mio lavoro al punto di aiutarmi a tramandarlo».
Marco Negri non sta più nella pelle. Il suo impegno nel recuperare antiche quanto preziose testimonianze fotografiche – opera di un suo collega speciale, uno dei primi fotoreporter al mondo, di proprietà del Comune di Fobello – diventerà un libro reso possibile dal sostegno del Lions Club Valsesia. Il nostro giornale già si era occupato, un annetto fa e sempre grazie a Negri, di tale Ugolino Fadilla, fotografo professionista che aveva percorso parte della Valsesia nel terzo quarto dell’Ottocento. Quando ancora albeggiava la fotografia, le donne indossavano il custùmm nella vita quotidiana e la stazione di Varallo appariva isolata costruzione in mezzo alla campagna.
«Fadilla doveva documentare visivamente il percorso fra Varallo e Macugnaga, perciò, nel giro di almeno due stagioni, risalì la strada di Val Mastallone, toccando Fobello e Baranca e scendendo in Valle Anzasca, dove ha fra l’altro documentato anche un’alluvione» ricorda Negri «E’ sicuramente, se non il primo, uno dei primi reportage su committenza di cui si abbia notizia al mondo. E dico reportage nel vero senso della parola: insieme di immagini atte a descrivere luoghi e persone, in grado di raccontare una storia».
Quando Negri, circa nove anni fa, venne a sapere dell’esistenza di una grande quantità di materiale fotografico d’epoca conservata in Comune a Fobello, subito si mise in contatto con gli amministratori e l’allora Comunità Montana per essere autorizzato a visionare le lastre e procedere alla loro «trasposizione in digitale».
«È stata un’autentica corsa contro il tempo, alla quale ho dedicato centinaia di ore di lavoro: questo patrimonio di eccezionale valore è destinato – nonostante la cura avuta nel mantenerlo – a un inesorabile declino, fatto di lastre ossidate. Essere riuscito a “rifotografare” in digitale e a restaurare quelle immagini di fatto le ha messe in condizione di sfidare altri cento anni e ha avuto il pregio di far conoscere un’opera che non esiterei a definire autentico patrimonio dell’umanità, una dettagliata documentazione del piccolo mondo valsesiano e anzaschino di 140 anni fa».
Le immagini di Fadilla, riprese con un banco ottico con treppiede, attrezzatura «someggiata per gli spostamenti» perché pesante sui 25 kg, fissano volti, situazioni panorami che oggi permettono al ricercatore scientifico o sociale di apprendere dati di grande rilievo sull’ambiente montano e chi ci viveva. Continua Negri: «Fadilla era veramente un fotografo “a tutto tondo”, capace di inquadrare, scattare con pose molto lunghe, sviluppare in loco le lastre. Il suo lavoro ha tutti gli elementi che ancora oggi contraddistinguono il reportage. Le uniche differenze sono nella dimensione dell’attrezzatura e nella velocità dei trasferimenti, per il resto c’è tutto: gambe e testa buone, essere “in mezzo” a ciò che racconti, avere uno del posto che ti fa da guida tenendoti, nel caso, un po’ lontano dai guai… un precursore, anche nel fatto che il lavoro gli era stato commissionato. E’ certo, mi ripeto, uno dei primi casi al mondo».
L’opera di Fadilla, tuttavia, non divenne mai un libro (ci fu, pare, una mostra a Torino, ma la Real Stamperia produsse solo una raccolta delle immagini). La pubblicazione che si avvale del mecenatismo lionistico rende dunque giustizia a questa preziosa testimonianza che per le sue caratteristiche di documentazione storico-etnografica, geomorfologica e di variazione del paesaggio è stata sentita come motivo di interesse per il territorio del «Sesia Val Grande UNESCO Global Geopark» nel quale è ambientata.
«L’avventura che ha portato alla realizzazione di questo volume» ricorda il fotoreporter grignaschese «è esempio dell’interesse che nella nostra Valle c’è ancora per la parola cultura intesa nel suo più nobile e puro significato. Tutti i Lions ai quali mi sono rivolto – dall’ing. Paolo Raffredi all’attuale presidente dott. Vincenzo Magnano – hanno mostrato entusiasmo per l’opera, come la dott. Alice Freschi, dell’Associazione Sesia Val Grande Geopark responsabile del progetto. In tanti mi hanno dato una mano: dal Comune di Fobello – che ringrazio in particolare – alla Comunità Montana (oggi Unione Montana dei Comuni della Valsesia), dall’arch. Enrica Ballarè, studiosa della Valsesia che coordina i contributi alla pubblicazione, a Mattia Sandrini, al prof. Marco Giardino del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino il quale, insieme al dott. Giovanni Mortara del Comitato Glaciologico Italiano, studia i fenomeni della regressione glaciale nel nostro territorio grazie ai rilievi fotografici di allora e a quelli di oggi. Quelle “vecchie foto” hanno ancora oggi un sacco di cose da dirci, da raccontare, da far sapere. Trasmettono emozioni, conoscenze, intuizioni… non solo sono belle, sono anche utili».
«Come fotografo riconosco in Fadilla un maestro» conclude Negri «il maestro di un’arte che sa ancora affascinare. Come uomo e come valsesiano mi inchino di fronte a quei ritratti, a quei visi di fanciulla dai lineamenti gentili e a quelle mani “spesse”, mute testimoni di una vita dura e difficile, di sacrifici capaci di traghettare la nostra terra attraverso il tempo con quell’onesta laboriosità da cui dovremmo tutti trarre esempio».

 

Foto ©Marco Negri

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