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Borgosesia: ospedale Covid, seconda ondata (di polemiche)

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BORGOSESIA – Mentre gli operatori sanitari affrontano la seconda ondata pandemica, sulla sanità è da tempo attiva la seconda ondata polemica. Succede infatti che il prof. Avanzi, rettore dell’Università del Piemonte Orientale, abbia pubblicamente fatto sapere che riterrebbe più sensata la collocazione del polo di riferimento per l’emergenza Coronavirus al Sant’Andrea di Vercelli. Lo scopo è quello di «alleggerire e preservare» l’ospedale Maggiore, consentendogli di restare «pulito» per quanto possibile dal Covid e continuare così a erogare le prestazioni ordinarie e ad alta specializzazione allontanando lo spettro della paralisi. «Ma scusate», si dirà a questo punto, «ma l’ospedale di riferimento di quadrante per il Covid non era stato individuato a Borgosesia?».
Sì, e alla dotazione iniziale di 18 posti se ne sono già aggiunti altri 26 (cosa fatta parallelamente anche a Vercelli). Però il prof. Avanzi sottolinea alcuni fatti incontrovertibili: i letti di terapia subintensiva a Borgosesia sono frutto di generose donazioni e dell’attivarsi di tante buone forze del territorio, mentre la terapia intensiva resta nei piani di realizzazione. «Costruiremo un nuovo reparto, posizioneremo le macchine, ci stiamo attivando per trovare il personale», evidentemente, per il professore sono un coniugare di verbi al futuro che non si concilia molto con la pressante attualità dei casi – anche seri – in aumento.
Ecco dunque che Vercelli, più grande e con la terapia intensiva perché presidio Spoke e non di territorio come quello valsesiano, sarebbe ben visto dal rettore come Ospedale Covid. La cosa convince nel Novarese, a tal punto che il Consiglio provinciale di Novara ha approvato una mozione in tal senso e che esponenti politici di primo piano si sono subito schierati a favore della proposta, ma nel Vercellese c’è stata un’unanime levata di scudi. Paralizzare Vercelli-Borgosesia (con buona pace di chi ritiene possibile gestire l’emergenza pandemia e l’attività ordinaria dei nosocomi investiti dalla medesima) per preservare Novara e il – mai citato, chissà perché – ospedale di Borgomanero, «dalla parte di qui» non piace affatto. E così i toni forti, anche fra esponenti politici che dovrebbero essere alleati, si propagano: fra questi la posizione dell’on. Tiramani che critica l’ipotesi del prof. Avanzi in quanto a fronte di una seconda ondata delle dimensioni che vanno definendosi non è possibile pensare a «ospedali puliti» e sottolinea come la scelta di Vercelli sarebbe penalizzante e creerebbe di fatto cittadini di serie A che si possono curare normalmente (a Novara) e di serie B – quelli in cura negli altri ospedali – obbligati ad aspettare che il Coronavirus decida di smettere.
Con i numeri del contagio allarmanti e le strutture sanitarie sotto pressione il rischio è che, in questo continuo botta e risposta fra San Gaudenzio e Sant’Eusebio, i cittadini del territorio non sappiano… a che santo votarsi. Gli sguardi convergono pertanto sulla Regione, il cui presidente on. Cirio aveva dichiarato che l’ospedale di riferimento per l’emergenza Covid era Borgosesia proprio quando il sindaco di Novara Canelli aveva detto che per lui Vercelli sarebbe stata la scelta ottimale. Si aspettano linee chiare da Torino e, magari, anche un veloce rispetto delle promesse da Regione, Stato e chiunque abbia voce in capitolo su cose non procrastinabili tipo la terapia intensiva a Borgosesia, non liquidabile con i classici scaricabarile perché di mezzo c’è la salute della gente. C’è, infine, fiducia nella recente nomina del direttore sanitario dell’Asl Vercelli, Gianfranco Zulian, al vertice del nuovo Settore Ermergenza Covid della Regione: conoscendo molto bene la realtà locale, la sua esperienza potrebbe essere preziosa per non far prendere alla sanità cantonate talmente gravi da mettere a rischio il diritto stesso alla salute.

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